Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 15

Libro II - Capitolo 15

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Come il padre deve ammaestrare il figliuolo à pensar alla morte. Cap. XV.

Adunque se è cosa sommamente necessaria al christiano il non peccare, lo essere humile, lo essere moderato nelle prosperità, constante ne i travagli, et generoso disprezzatore, quanto conviene delle ricchezze, et de gli honori, et di quelle cose, che il mondo cieco reputa per somma felicità, certo sarà [p. 41r modifica]anchor necessaria la continua memoria della morte, et del tremendo giuditio, acciò chiuda gli orecchi a i canti insidiosi delle sirene, et non gli siano le cose di questo mondo un laccio del Diavolo, si che per esse perda Dio. Per tanto il buon padre, ricordevole di esser christiano, et desideroso della salute del figliuolo, come lui vederà capacità sufficiente nel giovanetto, cercarà con discrete maniere, imprimergli nel cuore questa salutifera dottrina di pensare alla morte, et a ben morire, et perche le cose, che si stimano lontane non si temono, et la morte per il più ci crediamo esserci lontana, però gli mostri con gli esempii istessi che a tutte l’hore avvenga la incertitudine dell’hora del morire, et come la morte ci insidia quando meno lo crediamo à guisa di ladro che viene di notte. Et guardisi il padre di non essere troppo tenero, si che gli paia di pregiudicar alla vita del figliuolo ragionandoli di morte, nè si scusi, che non gli sofferisce il cuore, pur a pensare che il figliuolo debbia morire, non conviene questa troppo carnale tenerezza ad un petto christiano, nè è regolato amore quello, che ama più il corpo che l’anima, ò più la vita temporale che la eterna. Et non è come gli huomini carnali si pensano amaro, et melancolico il pensiero della morte, al buon christiano, il quale se bene è di carne come tutti siamo, et come, tale sente la ripugnanza naturale, non però vive secondo le leggi della carne, ma secondo le leggi dello spirito, et quando pensa alla morte non la considera solamente come separatione dell’anima dal corpo, ma la considera come un mezzo che conduce l’anima alla perfetta unione con Dio. Et non vede l’huomo spirituale la morte come fine di tutti i beni, et diletti, co’l quale occhio la vede l’huomo carnale, anzi illustrato dal lume della fede, et della gratia, la vede come porta per la quale quantunque angusta, et dura, si entra alla possessione de i veri, et eterni godimenti. Et perciò come è detto il buon padre quando vedrà il figliuolo già capace di ragione, avvezzilo pure in questi santi pensamenti, che saranno seme in lui per la più matura età, di molte virtù, si come sopra si è dimostrato in parte, nondimeno secondo la varia dispositione del fanciullo più, et meno generoso, et dolce di cuore, et variamente atto ad essere più facilmente commosso, ò dal timore, o dall’amore, cosi diversamente hora delle acerbissime pene de i dannati, hora della inestimabile gloria de i beati, et della fruitione di Dio, ch’è il mare, et il pelago di tutti i beni senza niun male, dolcemente gli ragioni, ingegnandosi però che il timor della morte, et del giuditio, et dell’inferno, conduca allo amor della virtù, et di Dio, si che serviamo al Signore non come servi ritrosi per timor della sferza, et del castigo solamente; del qual timor è scritto che la perfetta carità scaccia il timore, ma come cari figliuoli per [p. 41v modifica]amore, et riverenza filiale mossi da quel timor santo, del quale è scritto, Il timor santo del Signore dura ne i secoli. Et tanto ci basti haver detto del Simbolo Apostolico, passiamo hora a dir brevemente alcuna cosa de i sette sacramenti, seguitando il nostro proponimento, di cavarne tuttavia qualche ammaestramento di prattica per la nostra educatione.