Tre donne intorno al cor mi son venute (Lucas)
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E seggionsi di fore;
Chè dentro siede Amore,
Lo quale è in signoria della mia vita,
5Tanto son belle, e di tanta virtute,
Che ’l possente signore,
Dico quel ch’è nel core,
Appena di parlar di lor s’aita.
Ciascuna par dolente e sbigottita,
10Come persona discacciata e stanca,
Cui tutta gente manca,
E cui virtute e nobiltà non vale.
Tempo fu già, nel quale,
Secondo il lor parlar, furon dilette,
15Or sono a tutti in ira ed in non cale.
Queste così solette
Venute son come a casa d’amico
Chè sanno ben che dentro è quel ch’io dico
Dolesi l’una con parole molto,
20E ’n sulla man si posa
Come succisa rosa:
II nudo braccio, di dolor colonna,
Sente lo raggio che cade dal volto:
L’altra man tiene ascosa
25La faccia lagrimosa;
Discinta e scalza, e sol di sè par donna.
Come Amor prima per la rotta gonna
La vide in parte, che il tacere è bello,
Egli, pietoso e fello,
30Di lei e del dolor fece dimanda:
‘ Oh di pochi vivanda
(Rispose in voce con sospiri mista),
Nostra natura qui a te ci manda.
Io, che son la più trista,
35Son suora alla tua madre, e son Drittura;
Povera, vedi, a panni ed a cintura.’
Poichè fatta si fu palese e conta,
Doglia e vergogna prese
Lo mio signore, e chiese
40Chi fosser l’altre due ch’eran con lei.
E questa, ch’era di pianger sì pronta,
Tosto che lui intese,
Più nel dolor s’accese,
Dicendo: ‘ Or non ti duol degli occhi miei?
45Poi cominciò: ‘ Siccome saper dêi,
Di fonte nasce Nilo picciol fiume:
Ivi, dove ’l gran lume
Toglie alla terra del vinco la fronda,
Sovra la vergin onda
50Generai io costei, che m’è da lato,
E che s’asciuga con la treccia bionda.’
Questo mio bel portato,
Mirando sè nella chiara fontana,
Generò quella che m’è più lontana.’
55Fenno i sospiri Amore un poco tardo;
E poi con gli occhi molli,
Che prima furon folli,
Salutò le germane sconsolate.
E poichè prese l’uno e l’altro dardo,
60Disse: ‘ Drizzate i colli:
Ecco l’armi ch’io volli;
Per non l’usar, le vedete turbate.
Larghezza e Temperanza, e l’altre nate
Del nostro sangue mendicando vanno,
65Però se questo è danno,
Pianganlo gli occhi, e dolgasi la bocca
Degli uomini a cui tocca,
Che sono a’ raggi di cotal ciel giunti;
Non noi, che semo dell’eterna rocca:
70Chè, se noi siamo or punti,
Noi pur saremo, e pur troverem gente,
Che questo dardo farà star lucente.’
Ed io che ascolto nel parlar divino
Consolarsi e dolersi
75Così alti dispersi,
L’esilio, che m’è dato, onor mi tegno:
E se giudizio, o forza di destino,
Vuol pur che il mondo versi
I bianchi fiori in persi,
80Cader tra’ buoni è pur di lode degno.
E se non che degli occhi miei ’l bel segno
Per lontananza m’è tolto dal viso,
Che m’have in fuoco miso,
Lieve mi conterei ciò che m’è grave.
85Ma questo fuoco m’have
Già consumato sì l’ossa e la polpa,
Che morte al petto m’ha posto la chiave:
Onde s’io ebbi colpa,
Più lune ha volto il Sol, poichè fu spenta;
90Se colpa muore purchè l’uom si penta.
Canzone; a’ panni tuoi non ponga uom mano,
Per veder quel che bella donna chiude:
Bastin le parti nude:
Lo dolce pomo a tutta gente niega,
95Per cui ciascun man piega.
E s’egli avvien che tu mai alcun truovi
Amico di virtù, e quel ten priega,
Fatti di color nuovi:
Poi gli ti mostra; e ’l fior, ch’è bel di fuori,
100Fa desiar negli amorosi cuori.