Trattato di architettura civile e militare I/Trattato/Libro 1/Capo 6

Trattato - Libro 1 - Capo 6

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CAPO VI.

I marmi e le pietre fine e grosse da costruzione.

La sesta ed ultima benchè generale considera della materia comune a tutte l’opere dell’architettore, la quale in quattro particole si può dividere. Nella prima delle pietre, nella seconda delle calcine, nella terza delle arene, nella quarta e ultima dei legni è da determinare, e per ordine dichiarare la natura loro.

Quanto alla prima è da intendere che dagli antichi sempre è stata celebrata una specie chiamata marmo, della quale più varie ragioni si trova. Una principale famosa è chiamata marmo di Luni, e nell’isola di Paros simile a questa si trova, il quale marmo di Luni volgarmente è detto Carrarese candido1, ed ha in se grandissima saldezza; di questa medesima specie si trova nel territorio della città di Siena in un luogo chiamato Cerbaia2, e in altri luoghi, cioè a Marmoraia, Rosìa e Gallena, ma questi ultimi benchè sieno di grande continuità, sono però alquanto lividi tendenti al colore ligurgo3. Un’altra specie di marmo rosso detto Numidico di maggiore durezza de’ sopradetti e di grandissima saldezza e quasi di simile specie si trova nel sopradetto territorio in luogo chiamato Girifalgo4, di gran saldezza, ma molto più tenero e trattabile, con macchie dove più chiare e dove più oscure. Altra è chiamata marmo Locullo, detta da Luzio Locullo primo conduttore di quello alla città di Roma5; nasce appresso al Nilo, ed è nero. Di simile [p. 141 modifica]ragione si trova nel contado di Siena appresso al Bagno a Maciareto6. Altra principale specie è di colore verde Lacedemonico appellato7: e simile a questa è quella del marmo Aùsteo e Tiberio8, il quale in se ha alcuna intricata canizia, trovato in Egitto.

Oltre a queste principali, nell’isola di Saxo e di Lesbo9, si trova alcune miste dalle predette differenti e di più varii colori. Un’altra diversità di pietra molto stimata porfirio appellata, la quale fu trovata in Egitto, per altro nome chiamata leuxtietto, di grandissima continuità, durissimo e difficile a lavorare: quasi rosso di bianco incarnato10, e punteggiato, alcuno più, alcun altro meno; oscuro simile a questo in più e più luoghi della marittima di Siena si trova, ma alquanto più oscuro, e principalmente in luogo detto l’Albarese, di gran saldezza11. Un’altra specie molto pregiata è nominata serpentino, ma per suo proprio vocabulo, è detta ophite12, in colore misto a similitudine di serpe, trovata in Egitto, e simile a questa è nel territorio di Volterra. Di un’altra ragione eziandio si trova simile al porfido detta granito di minore durezza: e questa è in tre diversità: alcuna bigia è di nero e bianco punteggiata: alcuna bigia di nero e rosso: alcun’altra bianca [p. 142 modifica]punteggiata di nero, e queste tre differenze sono del distretto di Siena13; la prima nel contado di Sassoforte; la seconda nella valle e fiume di Rosìa; la terza nella montagna di Gavorrano, tutte di grande continuità. Un’altra principale specie è detta alabastro intorno a Tebe di Egitto nata e in Damasco di Siria, e comunemente si afferma che i vasi fatti di questa pietra gli unguenti preservano14: simile a questa si trovano in Carmania ed in India candido e trasparente. Di simile specie è nel distretto di Siena nei terreni dell’abbadia di S. Antimo15; ma in Asia questa specie è vilissima senza alcuno splendore. In Cappodocia si trova perfetto, in alcuni altri luoghi simili specie trasparenti sono e in colore di mele. In Lidia similmente16, e nel territorio di Siena nel monte Argentaio di buona continuità17, nel distretto di S. Antimo, parimente nei monti di Cagli e sopra il fiume Metauro al monte Asdrubale vicino18.

Un’altra specie principale in Italia chiamata macigno, di colore violato all’indico simile: di questa ancora nel distretto di Siena si trova in val d’Ombrone e a Selvole: et alla città d’Eugubio e alla Carda e in più altri luoghi, di grande saldezza, la quale specie è forte e atta a sostenere ogni pondo: non resiste però al fuoco, ma bene al caldo e al freddo. Simile a questa un’altra specie si trova appresso al fiume Metauro, in colore alquanto più smorta, di mediocre continuità, agile assai a lavorare19, la quale al fuoco e al freddo resiste. Un’altra detta [p. 143 modifica]piperno20 si cava appresso a Napoli, facile è a tagliare, in colore bigio oscuro di nero macchiato, non di molta resistenza. A Sovana città a Siena sottoposta un’altra differenza di pietra si cava, spongiosa, di colore terrestre e di grandissima saldezza, facilissima a tagliare quando nuovamente è tratta, in tal forma che come il legno con le mannaie si lavora: la quale alquanti mesi stando all’aria diviene durissima; simile a questa si trova appresso a Roma, e a Civita-Castellana, e a Feranto città disfatta21, ma è alquanto più rossa, e queste con la calcina fanno tenacissima presa. E di tutte le sopradette specie non è alcuna che sia buona a fare calcina.

Molte altre ragioni di pietra si trovano atte a fare calcina, e fra queste una chiamata tiburtina, dalla quale Tiburi fu denominata22, della quale si trova al bagno a Vignone nel contado di Siena23, e in un altro luogo alle Segalaie sopra il fiume della Mersa, e nel monte di Nerone24: quest’ultimo è più bello, e migliore degli altri e senza pori. Tutti quanti tiburtini sono atti a fare conci25, murare e per calcina. Un’altra specie nel distretto del Magnifico duca d’Urbino e nuovamente trovata nel monte della Cesana26 e presso a Fossombrone e Cagli, e in più luoghi appresso al fiume Metauro, candida, agilissima a tagliare, senza vena alcuna, di assai buona continuità, e al murare, a conci e calcina attissima. Vero è che al ghiaccio e al fuoco non resiste molto, nè eziandio sostiene gran pesi. Trovasi di un’altra ragione chiamata chennile, nella quale si dice si conservano i corpi morti, in cui si afferma Dario essere [p. 144 modifica]stato sepolto27. Appresso a Siena in un monte chiamato Vico, un’altra ragione si trova di tiburtino nero, più poroso degli altri e di più durezza, della quale perfetta calcina si può fare; e di questa si trova nella Montagnola vicino al monte predetto in grandissima quantità. Non molto distante da questo monte è un fiume nominato Bolgione dove una vena di pietra si trova con tutti gli accidenti e apparenze di legno in durezza, in colore, con vene e nodi, la quale messa nel fuoco leva fiamma come legno; ma vero è che non si consuma sensibilmente, e messa in acqua discende al fondo, in modo che non vedendo il luogo proprio e la miniera sotterranea sua, da ogni sottile ingegno saria indicata legno: ha in se queste proprietà che mentre che arde moltiplica estraneo odore28. Nella foce di Eugubio grande continuità si trova di una pietra assai bianca, e ha in sè soave odore, dura e atta a ogni edifizio. Queste adunque sono le principali specie di pietra atte agli edifizi: le altre che sono note sono buone per ripieno, non potendosi avere delle predette per alcuno impedimento.

Note

  1. Veramente ne’ monumenti di Roma poco trovasi usato il carrarese detto bardiglio o di seconda qualità.
  2. Nella montagnola di Siena, comune di Sovicille. Per questa, come per le altre notizie geografiche e geologiche della provincia di Siena, valgomi specialmente dell’eccellente dizionario, che di quella provincia va pubblicando il sig. E. Repetti.
  3. Forse ligustro.
  4. Ora Gerfalco: intende delle Cornate di Gerfalco nella maremma di Massa. Questa pietra è una calcarea ammonitica di color rossiccio, quindi non può corrispondere al marmor numidicum, il quale benchè chiazzato e sparso di rosso, ha però fondo giallo; d’onde il nome volgare di giallo antico.
  5. Plinio (XXXVI. 8), dice atro il marmo luculleo: il Garofoli (De marmoribus pag. 15), ed il Corsi lo credono quello ora detto bianco e nero d’Egitto, ed è un mirabil nero venato di bianco.
  6. Bagno di Macereto o del Doccio, a dieci miglia da Siena. Non conosco speciale descrizione di questa pietra.
  7. Il Lapis lacedaemonius, ora detto serpentino verde, non è un marmo, ma un porfido. È conosciutissimo.
  8. Il marmor augustum od augusteum, ed il tiberium descritti da Plinio (XXXVI, 11) sono ragionevolmente creduti il verde ranocchia ondato, ed il verde ranocchia fiorito.
  9. Saxo è error del codice: leggasi Taso, una delle Cicladi. Il marmo tasio ed il lesbio sono descritti come bianchi lividi da Plinio (XXXVI, 5), e questo più del primo. Vedasi Nibby De’ materiali usati negli antichi edifizi di Roma, pag. 27.
  10. È il porfido, che dall’aspetto dicevasi anche leucostictos, ossia punteggiato di bianco (Plinio XXXVI, 11), parola corretta da Hardouin in leptopsephos senza alcuna necessità.
  11. Non credo che alcuno abbia sinora notata la presenza del porfido nella calcarea stratiforme compatta dell’Alberese nella maremma Grossetana. Vedremo poche righe più sotto una curiosa osservazione fatta dall’autor nostro in simile materia.
  12. L’ophites degli antichi appartiene alle classe delle nostre serpentine, da non confondersi col serpentino degli scalpellini: l’autore qui, al solito, segue Plinio. Nel territorio di Volterra, come in altri luoghi di Toscana, trovansi bellissime serpentine o gabbri verdi di molta rassomiglianza col verde ranocchia, che il sig. Corsi tiene per l’ophites.
  13. Targioni. Viaggi. Vol. IV, pag. 202, ripete questo squarcio, come, a luogo, riproduce intiero questo capo.
  14. ....Cavant ad vasa unguentaria, quoniam optime servare incorrupta dicitur. Nascitur circa Thebas Ægyptias et Damascum Syriae. Hic caeteris candidior: probatissimus vero in Carmania; mox in India: iam quidem et in Syria, Asiaque. Vilissimus autem et sinc ullo nitore in Cappadocia (Plinio XXXVI, 12). Probantur quam maxime mellei coloris.
  15. Parmi che dai moderni geologi ancora non sia stato trovato questo alabastro a S. Antimo, non essendovene parola presso il sig. Repetti.
  16. Non che si trovi in Lidia, ma nell’isola di Paro, e dicevasi lygdinus da lygdos pietra candidissima (Plinio l. cit. 13. Isidorus Origg. XVI, 5).
  17. Il Brocchi nelle Osservazioni fatte al promontorio Argentaro non fa motto di questo alabastro.
  18. Monte Asdrubale presso Urbania, detto volgarmente Asdruvaldo e mont’Elce.
  19. Agevole.
  20. Il peperino, copiosissimo ne’ monti Albani e Lepini.
  21. L’antica Ferentum distrutta dai Viterbesi nel duodecimo secolo. Intende del tufa lionato vulcanico.
  22. Doveva dire la quale da Tiburi fu denominata. È il travertino così chiamato per tutta l’Italia inferiore, come già Tiburtinus era chiamato ai tempi antichi. (Auctores finium regund. passim).
  23. In val d’Orcia.
  24. Il monte di Nerone o di Lirone sul Metauro in quel d’Urbino, colle sue belle cave di travertino, è descritto dal Baldi al cap. 13 della Descrizione del palazzo d’Urbino.
  25. Fare conci, lavorare di bella e pulita muratura di quadro semplice.
  26. Le pietre della Cesana a breve distanza da Urbino, e quelle di Fossombrone e di Cagli sono in strati di 0,40 in maggior altezza: bianchissime sono le più fine, rosseggianti le altre. Le descrive il Baldi al luogo citato, ed il Lazzari in un suo discorso Di alcune miniere poste nelle vicinanze di Urbino.
  27. Cioè Chernite (Plinio, XXXVI, 28) Chernites ebori simillimus, in quo Darium conditum ferunt.
  28. Il codice sanese (f.° 9. r.°): Ha in se piacevole proprietà che mentre che arde moltiplica assai bono odore.