Trattato di archeologia (Gentile)/Arte italica/I

I - Introduzione

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Arte italica - Bibliografia I - Appendice I

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I.

Arte italica.


I. — Introduzione.


Per mezzo della raccolta e della comparazione dei molti residui d’oggetti appartenenti alle prime società umane, e per mezzo del confronto con quelli che ancòra usano le selvaggie tribù d’Africa e d’Oceania, la scienza potè riconoscere la condizione dell’umana società nei tempi primordiali, e, movendo da questi, seguirne il graduale svolgimento a condizione civile, distinguendo quel lungo periodo della vita umana, che antecede ad ogni ricordo storico, in tre età, determinate dal materiale usato per gli strumenti e per le armi, cioè: l’età della pietra, distinta in un periodo più antico, con rozza lavorazione della selce (archeolitico), e in un altro meno antico, con migliore lavorazione e pulimento degli strumenti silicei (neolitico); l’età del bronzo; e infine l’età del ferro, la quale si suddivide in tre periodi, l’ultimo dei quali coincide coi tempi storici. La scienza che studia le reliquie di queste età è la Paleoetnologia.

Gli oggetti lavorati di selce, e specialmente le punte di freccia, che sono fondamento alle ricerche [p. 11 modifica]della condizione primitiva dell’umana società, non furono sconosciuti agli antichi, ma creduli, come oggi ancòra dal volgo, prodotti dal fulmine (cerauniae gemmae, cerauniae lapides; punte di saette). Pure presso gli antichi vi furono alcuni raccoglitori, fra i quali l’imperatore Augusto1, che intuivano quegli oggetti quali reliquie di età remotissime, e li supponevano armi degli eroi. L’uso degli strumenti di selce si prolungò anche in tempi storici presso popoli inciviliti, specialmente negli usi religiosi, che mantengono la rigida osservanza delle forme antiche; cosí, presso i Romani, i Feciali, percotevano la vittima lapide silice anche durante l’Impero. Contemporanei a popoli civili vivevano poi, come vivono oggidì, popoli in condizione barbara, i quali usavano strumenti ed armi di selce (ved. Atlante di arte etrusca e romana, Milano, Hoepli, tav. I).

Le ricerche rigorose d’investigazione e di confronto, che si proseguono, danno sempre conoscenza più chiara dell’infanzia della società umana, della quale gli antichi ebbero per intuizione quella vaga imagine che Lucrezio nel suo poema ha lumeggiato di vivi colori (l. V. v. 925 seg.). Appena un quarto di secolo prima d’oggi, negli studi degli antichissimi popoli d’Italia, potevasi affermare la penisola italica assai povera di documenti di quelle epoche primitive, nelle quali l’uomo giacevasi in condizione di selvaggio, vivendo della caccia e della pesca, foggiando strumenti ed armi di pietra, [p. 12 modifica]tentando i primi rozzi lavori d’argilla. Oggi invece i documenti di tale età abbondano; nello spazio di meno d’un trentennio, per assidue ricerche di geologi, naturalisti, paletnologi ed archeologi, s’è raccolta, e ogni dì più si va accrescendo, gran copia d’oggetti dei tempi detti preistorici, dall’età della pietra a quella del ferro.

Nelle caverne della Liguria, delle Alpi Apuane, del Vicentino, del Teramano, degli Abruzzi, della Terra d’Otranto, della Sicilia si trovarono testimonianze della vita e della industria primitiva italica, quando sulla terra nostra l’uomo abitava fra animali ora da questa scomparsi, quali l’orso speleo, il bue primigenio, il castoro. Nelle torbiere, sulle sponde dei laghi di Lombardia, si trovarono vestigia dell’umana società nei tempi nei quali raccoglievasi ad abitare le stazioni lacustri, in capanne di vimini, di paglia e di frondi costrutte sulle palafitte, (ved. tav. 1-3) e aveva mosso un gran passo a più civile condizione con la conoscenza dei metalli, e dell’agricoltura. Di questo periodo primitivo delle popolazioni italiche danno testimonianza i residui disseppelliti dalle marniere, o terremare, dell’Emilia (ved. Atl. cit., tav. I), in quella bella e fertile distesa di regione, che giace fra il Po e l’Appennino e va dall’Agro piacentino all’imolese. Traccie di questa età si sono riconosciute in varie altre regioni d’Italia, e singolarmente intorno al Tevere e all’Aniene, sull’Esquilino e sul Gianicolo, nella pianura del Lazio, alle falde dei Monti Albani, nei luoghi dove insomma sorse la potenza romana.

A queste antichità si collegano i monumenti di età più avanzate e civili, rinvenuti nelle necropoli di Villanova, del territorio Felsineo, d’Este, di Marzabotto, di Corneto-Tarquinia. Mercè gli studi e le collezioni ordinate e illustrate da uomini insigni [p. 14 modifica]nelle scienze paletnologiche, (quali Gastaldi, Chierici, Pigorini, Ströbel, Issel, Lioy, Concezio Rosa, Regnoli, Michele Stefano De Rossi, Gozzadini, Conestabile, Zannoni, Brizio, Barnabei, Orsi, Castelfranco e altri più giovani), s’è venuta rischiarando con testimonianze di monumenti alcuna parte della storia nostra primitiva, della quale non si conosceva nulla di certo, e, collegandola coi risultati degli studi archeologici e linguistici, la si è venuta ricostruendo su basi molto più sicure di quelle offerte dalle tradizioni classiche2.

Tavole

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Torbiera di Mercurago (Arona).

(Età del bronzo — Palafitte).

(Ved. MONTELIUS, La civil. prim. en Italie, Atl. B, 1).



Tavola i.


N. 1, spaccato della palafitta. — 2, piano d’una parte della palafitta, cosparsa di pali. — 3-6, selci. — 12, 13, 20, oggetti in legno, conservati nella torbiera successa alla palafitta antica. — 14, fusaiola di terra cotta, ― 15-19, vasi di terra, — 7-11, oggetti in bronzo.


Note

  1. Ved. Marquis de Nadaillac: Moeurs et monuments des peuples préhistoriques. Parigi. Masson, 1888. pag. 4; Salomon Reinach, Le Musée de l’empreur Auguste (Revue d’anthropol. di Parigi, Serie terza. IV, pag. 28-36); Ettore Regalia, Sul Museo dell’imperatore Augusto (Arch. per l’antrop., XIX). Firenze, 1889.
  2. Le indicazioni bibliografiche intorno agli studi di paletnologia e di archeologia preistorica in Italia si trovano tutte raccolte, almeno quelle di opere pubblicate avanti al 1874, e diligentemente ordinate nelle due utili pubblicazioni del professore Luigi Pigorini, Bibliografia paleoetnologica italiana dal 1850 al 1871; e Matériaux pour l’histoire de la paléoethnologie italienne. Parma, 1874. — Dopo l’anno 1874 si consulti soprattutto il Bullettino di paletnologia italiana, diretto appunto dall’illustre Pigorini, pubblicazione che fa onore al nome italiano, e che contiene, oltre le relazioni sugli scavi vari e sui nuovi ritrovamenti, anche una bibliografia paletnologica molto accurata in ordine cronologico. Uno studio generale, ma abbastanza esatto, della paleoetnologia, si trova nel Manuale Hoepli di Innocenzo Regazzoni, Milano, 1885; più recente e dotto il bel lavoro d’indole generale del ch. E. Brizio, Storia politica d’Italia: epoca preistorica. Milano, Vallardi, 1899-1900.