Trattato de' governi/Libro quarto/XVI
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(Politica) (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
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Debbe chi pone questa legge del congiugnersi insieme il maschio e la femmina, riguardare e ai genitori e alla età del vivere, acciocchè e’ concorrino in un tempo medesimo, e che le forze non sieno dissimili; cioè, che l’uno possa generare, e non l’altra; o all’incontro che e’ possa la donna, e non l’uomo; perchè tai cose generano discordie, e contenzioni l’uno con l’altro.
Oltra di questo si debba avere rispetto alla successione de’ figliuoli, imperocchè li figliuoli non debbono essere troppo lontani dalle età dei genitori; perchè il beneficio, che i figliuoli rendessino ai vecchi genitori sarebbe indarno; e così avverrebbe dell’ajuto delli genitori, cioè, ch’e’ non potrebbono porgerlo ai figliuoli. Nè ancora dovrebbono essere molto propinqui, perchè tal contiene in sè molte difficoltà; conciossiachè infra li si fatti sia meno riverenza, come se e’ fussino coetanei; ed evvi quasi sempre contesa nel governo di casa per simile cagione.
Ancora debbe stare in tal modo la cosa, per ritornare donde noi ci siamo partiti, acciocchè li corpi di chi nasce sieno quali li desidera il dator di legge.
E tutte queste cose occorrono quasi per via d’una diligenza medesima, conciossiachè il termino della generazione finisca negli uomini per lo più in settanta anni (e questo è l’ultimo) e nelle donne in cinquanta. Però bisogna da prima congiugnergli insieme di tale età che ella venga in un medesimo tempo a concorrere.
La combinazione dei giovani non è buona per la procreazione dei figliuoli, imperocchè in tutti gli animali i fatti prodotti da’ giovani sono imperfetti, e sono piuttosto femmine e di statura piccoli. Onde è di necessità che questo medesimo avvenga ancora negli uomini. Siami di ciò indizio, che in tutti quei luoghi dove si costumano farsi li matrimonî infra i giovanetti, quivi per lo più nascono, parti invalidi, e di bassa statura. Ancora in tai parti le giovani vi durano più fatica, e più sovente vi periscono. Onde dicono alcuni per tale cagione li Trezenî avere avuto il responso dallo oracolo, come se quivi donne assai vi perissino: per la immatura età dei matrimonî, e non per il raccoglimento immaturo dei frutti.
E’ serve oltra di questo alla temperanza, che li matrimonî si facciano in età più matura, perchè le giovani che s’avvezzano a’ concubiti, diventano intemperate, e nei corpi dei maschi s’impedisce la virtù augumentativa, massimamente se e’ cominciano a usare il coito nel tempo che la persona ancora va crescendo, imperocchè e’ ci è il tempo determinato a tale cosa, il quale non possa più là, quando il seme è multiplicato abbondantemente.
Però sta bene, che le giovani si congiunghino in diciotto anni, e li maschi in trentasette o in circa. Chè in tale modo tal congiunzione verrà fatta in sulla gagliardia della età, e verranno ancora a finire le forze del generare opportunamente. Ancora la successione dei figliuoli, in certi padri verrà quando e’ sono a punto in sul buono dell’età, massimamente se la generazione verrà nel principio; e in certi quando e’ saranno alla fine, cioè in settanta anni.
E detto adunche siasi quando si debbe fare la congiunzione dei matrimonî. Quanto ai tempi dell’anno debbe ciò essere fatto nel verno, come usano di fare molti, e bene debbono ancora osservare i genitori le cose avvertite dai medici e dai naturali; perchè li medici dicono a bastanza i tempi atti alla sanità dei corpi, e li naturali in quanto ai venti, lodano più li tramontani, che li mezzigiorni.
Ma quali esercizî si dovessino preparare per utilità di questi, di quegli, che sono nati, fia me’ dire dove si tratterà della instruzione dei fanciugli, e qui lo dirò io così in figura, cioè, che l’abitudine degli atleti non è buona alla civile disposizione, nè per la sanità, nè per la generazione dei figliuoli, nè ancora la molta osservanza, o la troppa astinenza, ma la mediocrità infra le cose conte. Chè egli è bene essere assuefatto alle fatiche, ma non già a quelle che sieno violente, ne’ che sieno d’una sola sorte, come sono assuefatti gli atleti; ma alle fatiche da uomini liberi, e in queste simili si debbono fare esercitare sì le femmine come i maschi.
Debbesi ancora avvertire alle donne, quando elle sono pregne, ch’elle non stieno in troppi agi, nè si nutrischino troppo delicatamente; e questo è agevole a farsi dal legislatore, ordinando ch’elle debbino andare a visitare il tempio di quegli Dei, che sono onorati sopra la generazione. Ma egli sta bene assettare al contrario dei corpi la mente, cioè stia in quiete, imperocchè li parti pare che piglino della natura del continente, siccome i frutti, che produce la terra.
Quanto alla esposizione, e allo allevamento dei figliuoli, facciasi una legge, che e’ non si possa allevare nessun parto che manchi dei membri suoi; e per riparare al troppo numero d’essi, se l’ordine della città proibisse, cioè che e’ non si potessino esporre, e’ bisogna in qualche modo determinare questo numero. E se fuori di tale determinazione alcuni pure avessino più multiplicato in figliuoli, debbesi fare sconciare le donne innanzi che li feti abbino senso, o vita; imperocchè, il pio e il perfetto è quando il feto ha senso, e vita.
Ma avendo determinato l’età nell’uomo, e nella donna da dovere congiugnersi, determinisi il tempo ancora da dover finire la generazione; chè invero li parti dei vecchi sì bene che quei dei giovani sono imperfetti e nel corpo e nello animo; e quei dei vecchi affatto sono deboli e infermi, onde e’ sono ancora nella mente: il fiore della quale è nei più, siccome affermano alcuni poeti, che col numero settenario misurano l’età in cinquanta anni, o in circa. Onde un quattro o cinque anni sopra di tale età è tempo da lasciare ire la generazione, che e’ si sappia che se e’ si fa nulla altro dappoi, e’ si dee farlo per conto di sanità, o per altra simil cagione.
E quanto all’usare con altra, o con altro determinisi questa cosa assolutamente, che e’ non sia bene toccare mai altri, che la sua donna nel tempo che uno sia detto marito; e se in tale tempo alcuno fa pure contra questa legge, puniscasi convenientemente con disonore, che pareggi il peccato.