Trattato completo di agricoltura/Volume II/Delle Rape e delle Carote
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DELLE RAPE E DELLE CAROTE.
§ 770. Fra le piante a radici tuberose che possono in parte servire tanto all’alimentazione dell’uomo quanto a quella del bestiame trovansi specialmente le rape, le carote e le barbabietole. Ma fra noi queste radici finora non servono che nella cucina, come cosa secondaria e di condimento ad altri cibi. Pel bestiame non si usano che ben di rado, sia per l’abbondanza naturale od artificiale di foraggi diversi, sia perchè certe cose non vengono bene studiate nella loro convenienza economica, sia perchè il coltivatore mancando generalmente di positiva istruzione è la persona la più restía ad ogni innovazione.
§ 771. La rapa (brassica rapa), navet de’ francesi e turneps degli inglesi, è, come si disse, una pianta a radice tuberosa, che a seconda della diversa forma e colore di questa dividesi in alcune varietà: vi ha
La rapa lunga rossa e bianca, detta rosea; rosso-violacea al colletto che sopravanza dal terreno dove impiantasi lo stelo, bianca inferiormente. È molto produttiva ed è la varietà che meglio s’addice alla coltivazione campestre.
La rapa tonda e piana rosea al colletto e superiormente, bianca al di sotto; è la varietà più comunemente coltivata come ortaggio, essendo quella la cui sostanza è meno dura e di sapore più dolce; esige maggiori cure, ed un terreno migliore e più umido delle altre.
La rapa gialla a colletto violaceo, quella a colletto verde, ed altre varietà sono coltivate in Olanda, nel Belgio, in Francia ed in Inghilterra esclusivamente nel mantenimento del bestiame.
§ 772. La rapa contiene il 92,5 d’acqua e 7,5 di materia solida; ed in complesso 0,13 per % d’azoto. Questa pianta ama un clima piuttosto umido. Vegeta assai bene finchè la media diurna si mantiene a +9°, e porta il seme quando abbia ricevuta una somma di 2000 a 2500 gradi di calore. Che anzi seminata in primavera a temperatura crescente, tende piuttosto a portar seme che a far tubero, il quale riesce più consistente e legnoso nella sua tessitura; per cui, a favorire la formazione del tubero e la vegetazione fogliacea, suolsi seminare dalla metà di luglio alla metà di agosto, perchè in allora la pianta riceve soltanto 1500 o 1600 gradi di calore totale, i quali non bastano acciò la pianta fiorisca o porti seme, tanto più che, andandosi incontro all’autunno, la temperatura diminuisce e la stagione si fa più umida ed il terreno più fresco, condizioni ambedue assai favorevoli alla coltivazione della rapa.
Il terreno migliore per questo prodotto è il terreno sciolto egualmente abbondante d’argilla, di calce, e di terra vegetale, ossia di humus.
Il concime dev’essere misto, non troppo azotato, ma piuttosto favorevole allo sviluppo del gas acido carbonico.
§ 773. La coltura della rapa è piuttosto dispendiosa, e presso di noi non può adottarsi che qual secondo prodotto dopo il raccolto del frumento, della segale, dell’orzo, dell’avena, ecc,; ma, dove non si possa disporre d’acqua d’irrigazione, spesse volte negli estati aridissimi la semina va intieramente fallita. Verso la prima metà di luglio, fatto il raccolto del primo prodotto, e mondato il campo dalle stoppie, si lavora immediatamente e si erpica finamente allo scopo di levare le erbe inutili e di rendere polverulento il terreno; dopo 15 giorni si dà un altro lavoro ed un’altra erpicatura; poi si spande il concime, ed al sopravvenire d’una prima pioggia d’agosto, si lavora per la terza il terreno e si seminano le rape tanto a gettata, quanto in righe spandendo il seme nei solchi dell’aratro. È meglio seminare piuttosto rado che fitto, poichè il diradamento richiederebbe troppa mano d’opera, oltre che il soverchio numero di piante nuocerebbe al regolare loro primo sviluppo.
La quantità di semente per un ettaro varia dai chilogr. 2 ai 2 e 1/2, ed ordinariamente si mescola a cenere o sabbia per rendere più facile e più uniforme la semina.
Successivamente le rape si devono tener ben monde dalle erbe.
Il raccolto si fa avanti che sopraggiunga il gelo, e si usa togliere dapprima le foglie, le quali si consumano pel bestiame; poscia si levano le radici dal terreno che si conservano nelle cantine, od in luoghi asciutti e dove non penetri il gelo. Un ettaro di terreno può dare un prodotto di 30,000 a 50,000 chilog. di radici secondo gli anni e le varietà coltivate.