Trattato completo di agricoltura/Volume II/Del Ciliegio
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del ciliegio.
§ 917. Il ciliegio (prunus cerasus, fig. 257), è una pianta fruttifera a piccolo nocciuolo, importata in Italia da Lucullo il quale la rinvenne a Cerasonte, provincia dell’Asia. In Europa però esisteva già indigeno il ciliegio di montagna (prunus avium), e di questo se ne trovano piante nei paesi freddi ed anche sugli alti monti. Il ciliegio è diffuso quasi in ogni parte dell’Europa; fiorisce alquanto dopo il pesco, e prima del prugno, quando la temperatura e di +8° circa, e matura il suo frutto allorchè la temperatura sia giunta a +17°, cioè nel breve spazio di 60 giorni circa. Nel nostro clima la maturanza avviene tra la metà di maggio e la fine di detto mese; nei climi più freddi o montuosi può essere protratta sino al settembre, cioè sino a tanto che possa aver ricevuto la somma bisognevole di calore; notando però che la maturanza, in queste ultime condizioni, fornisce un frutto meno dolce, a cagione della mancanza d’una massima almeno di +18° a +20°.
In quanto alle varietà, due sono le principali. La prima che dà le ciliegie propriamente dette, con picciuolo piuttosto lungo e sottile, polpa alquanto consistente e dolce: la seconda che dà le amarasche od amarine, le quali hanno un picciuolo più corto e più grosso, ed una polpa meno consistente, di sapor quasi acidulo. Queste due varietà principali contano poi le loro sotto-varietà distinte pel maggior o minor volume, pel colore e la precocità.
Il terreno più conveniente al ciliegio è quello sciolto, alquanto calcare: non esige che sia molto profondo, tenendo le sue radici molto superficialmente. Il concime non è imperiosamente richiesto da questa pianta, la quale vegeta discretamente anche nei terreni di mediocre qualità. Quando il ciliegio è frammisto ad altre coltivazioni sono più che sufficienti i concimi e le cure che si prestano al terreno sottoposto.
Di rado il ciliegio si educa a spalliera, essendo i suoi frutti già abbastanza primiticci. Ordinariamente si pianta negli orti o nei campi, ove è abbandonato a sè stesso, avendo naturalmente una vegetazione regolarmente distribuita; quasi mai mette rami succhioni che lo deformino. Tutt’al più il coltivatore può limitarsi ad invigilare la prima formazione delle principali diramazioni.
In molti luoghi il ciliegio serve di sostegno alla vite, come si è detto dell’oppio e dell’olmo, ma in questo caso non può essere molto profittevole come pianta da frutto.
Le ciliegie devono cogliersi a perfetta maturanza. Generalmente sono consumate fresche, ma possono essere disseccate; oppure si distillano per ottenere il ratafià, il kirchvasser ed il maraschino, pel quale ultimo si adoperano esclusivamente le amarasche od amarine. L’alcool che si ottiene dalle ciliegie o dalle amarasche, di rado supera il 4 per % del sugo, e questa operazione non sarebbe conveniente se a quest’alcool non si attribuisse un valor commerciale assai maggiore dell’ordinario, perchè dotato d’un olio volatile essenziale che ne forma il particolare abboccato.
Il ciliegio va soggetto a tutte le malattie delle piante con frutto a nocciuolo; e, fra gl’insetti, la caruga comune è quella che gli arreca il massimo danno, essendo avidissima delle sue foglie.