Trattato completo di agricoltura/Volume I/Del prato/6
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cure annuali pei prati.
§ 457. Tutti gli anni, oltre allo spurgo del cavo d’estrazione e delle sue principali divisioni, che si fa di primavera, devonsi nell’autunno, o nell’inverno, o sul suo finire, espurgare tutte le adacquatrici maestre e secondarie, non che tutti i fossi colatori. Siccome poi nelle ultime parti del cavo tendono a fermarsi le foglie e le parti più fine terrose, così questo spurgo non è cosa sprezzabile, ma se ne deve tener conto come se fosse un concime. Perciò messa a parte e lasciata in mucchi quella porzione che può occorrere a ristabilire gli argini pel venturo anno, la rimanente si può gettare presto sull’ale del prato a polverizzarsi all’aria, oppure, il che è meglio, si conduce ove si fa l’ammasso del letame da stalla per poi mescolarvelo, singolarmente se contengansi molte foglie. Oltre a ciò devonsi allineare i cigli delle adacquatrici e dei colatori ed aggiustare i guasti che vi avesse arrecato il bestiame al momento che pascolava nel prato l’erba quartirola. Nelle marcite lo spurgo delle adacquatrici deve farsi in autunno ed in primavera, perchè durante l’irrigazione iemale vengono ad essere nuovamente ingombre di molte foglie e fango.
Devonsi inoltre rialzare con buona terra tutte le depressioni che si scorgessero nel prato, facilmente riconoscibili per chi abbia l’occhio esercitato, o perchè siansi fatti dei segni ove stagnava l’acqua, oppure perchè vi si veggano crescere muschi, od erbe paludose, quali sono l’edera terrestre, i giunchi, il tulipano selvatico, la coda di cavallo (fig. 132), ecc.
In questi momenti, cioè d’autunno, d’inverno, quando non geli, ed al principio di primavera, devonsi prendere con qualche mezzo le talpe, che, sollevando mucchi di terra, guastano la superficie del prato, e facendo strade sotterranee deviano talmente le acque da lasciare larghi spazi asciutti dopo l’irrigazione.
§ 458. Nell’autunno nei paesi freddi, umidi ed abbondanti di neve, e nel principio di primamera in quelli caldi, si deve concimare il prato. Il miglior concime pel prato è quello da stalla, il quale non è altro che l’erba od il fieno che, dopo d’aver servito al mantenimento del bestiame, vien in parte eliminato in forma d’escremento. Del modo di ottenere questo concime da stalla, di prepararlo e conservarlo, già ve ne parlai più diffusamente al § 233 e seguenti, trattando dei concimi, per cui non credo opportuno di ripetervi quanto ho già detto. Egualmente vi parlai di altri concimi buoni pel prato, indicandovene la preparazione e la quantità occorrente, come sarebbe degli escrementi umani, delle urine, del nero delle raffinerie, del sangue, del letto de bachi da seta, panelli, fuliggine, ceneri e gesso.
Discorrendo del concime da stalla, vi feci anche notare come possa variare d’efficacia per la qualità della sternitura, del foraggio, e della età e qualità del bestiame; e come importi tener separata la parte liquida dalla solida, per usarne a seconda che si voglia un effetto più pronto, o più durevole; e vi dissi inoltre che pel prato convien sempre un concime minuto perchè meglio produca i suoi effetti.
§ 459. Ora non mi resta che di parlarvi del modo di spandere il concime, e mi limiterò a quello da stalla, poichè per gli altri basta quanto già vi dissi.
Il concime minuto, e possibilmente mescolato a terra, dev’essere sparso poco tempo prima che i prati cominciano a muovere od a rinverdirsi, in tempo non ventoso e che prometta vicina la pioggia, nella quantità di poco più che otto metri cubi per ettaro; si deve poi spanderlo equabilmente, avvertendo di abbondare piuttosto nella parte alta che bassa del prato, e più nella parte alta che bassa di ciascun’ala, perchè l’acqua tende sempre a portarlo inferiormente. Se dopo d’aver sparso il letame riuscisse un poco grosso od agglomerato, abbisognerà romperlo e sminuzzarlo con scope o con forche; poi, avanti che l’erba cominci a crescere, si forma una strusa con rami intrecciati, che tirata da buoi o da cavalli, si fa passare sul prato onde meglio triturare il concime e farla penetrare nella cotica. Dopo di ciò con un rastrello si levano le parti grosse, le quali possono servire per concimare le piantagioni; si monda il prato dai sassi, od altri ingombri che potessero nuocere al taglio, e finalmente lo si può comprimere con un rullo o borione di sasso, lungo 1m,50 ed alto almeno 0m,70. Questa compressione che si fa col borione giova a rassodare la cotica, a togliere le piccole ineguaglianze, le pedate del bestiame e le solcature dei carri; e così la superficie del prato resta meglio disposta per l’irrigazione.
Fatte queste operazioni, si passa a rimontare gli argini coll’acqua, nel modo che ho già indicato coi prati nuovi e colle marcite, avvertendo di non fare possibilmente colatura per non dilavare il prato, o di farne soltanto quanto basti per arginare quelle porzioni che, per la loro disposizione, dovessero irrigarsi colle colature.