Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/21
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terreno e concime pel melgone.
§ 718. La composizione del melgone, la sua struttura ed il modo rapido con cui vegeta indicano abbastanza che oltre ad un clima caldo esige pur anco un terreno soffice, pervio al caldo ed all’umido; i terreni siliceo-argilloso-calcari, e gli argilloso-siliceo-calcari sono perciò quelli che meglio si prestano alla sua coltivazione. In essi le radici piuttosto grosse, e che si tengono alla superficie, trovano facilità ad estendersi, ad abbarbicarsi ed a risentire l’influenza del calor atmosferico. Questa pianta però, sebbene mantenga superficiali le radici, abbisogna che il sotto suolo sia pervio all’umidità, onde la superflua trovando un facile scolo non raffreddi di troppo il terreno superficiale. Anche i terreni vegetali, i prati vecchi che si rompono, le cotiche sovesciate del trifoglio, della medica, ecc., preparano un buon terreno. I terreni troppo calcari sono i meno atti, come lo sono anche quelli soverchiamente argillosi, perchè la loro tenacità impedisce lo stendersi delle radici, o perchè trattenendo di troppo l’umidità, riescono freddi. — I terreni sciolti, se sono quelli che meglio convengono al melgone, sono poi anche quelli che più presto risentono gli effetti della siccità estiva, e per conseguenza richiedono le piogge o l’irrigazione.
L’abbondanza d’amido nel grano ed anche nello stelo suppongono un terreno ben provvisto di potassa, oppure un concime in cui predomini questo principio. Ma ordinariamente una ben intesa concimazione non ha luogo che nei fondi condotti per economia dal proprietario, o da un affittuario che paghi in denaro. Il colono che paga il fitto a grano (frumento) avendo preso a considerare il melgone come il suo particolare e necessario nutrimento, toglie ai frumento i concimi assai azotati per profonderli a larga mano al melgone, non tenendo o non volendo tener conto delle circostanze nelle quali meglio lo vede prosperare. Ei dovrebbe infatti aver osservato la bella riuscita del melgone coltivato anche senza concime nelle cotiche sovesciate, nei prati rotti e sul ciglio de’ fondi ove siasi estirpata qualche vecchia siepe. Concimato largamente con sostanze azotate e che la stagione corra umida, il melgone lussureggia in parte erbacea, mette tardi il fiore e la spiga, e questa matura tardi ed incompletamente; e se la stagione è secca, la pianta resiste è vero di più alla siccità, ma in seguito soffre anch’esso, il concime diviene inutile, e per quanto possa in parte restarvi a profitto della successiva coltivazione, pure molto venne già consumato senza alcun vantaggio. Egli è vero che il colono non può stabilire nel suo terreno quella rotazione per la quale il melgone succederebbe felicemente anche senza concime, qual sarebbe la previa coltivazione dei foraggi, essendo in ciò impedito dallo stesso contratto d’affitto con cui tiene il fondo, ma dovrebbe ciononpertanto avvedersi che trascurando il frumento per estendere di troppo la coltivazione del melgone, egli va incontro ad una diminuzione di foraggi, che tosto o tardi deve produrre un esaurimento nella forza produttiva della terra, ed una conseguente mancanza di concime.
Epperò, quando il melgone non possa succedere alle cotiche erbose, e che il terreno sia tenace, si userà concime grossolano da stalla, i fusti dello stesso melgone, paglie grossolane, ecc., il che servirà a renderlo alquanto soffice; ma quando fosse di natura sciolta si potranno usare sostanze alquanto più scomposte, e singolarmente le ceneri ed i concimi liquidi dopo d’aver lavorato il campo e dopo che il grano germogliato abbia di già tre o quattro foglie. Alcuni usano lavorare il terreno; e poi fare tante buche colla zappa, nello quali gettano uno o due grani con un pugno di ceneri, o con guano o nero di raffineria misto a terra; questo metodo è usitatissimo nell’America e dovrebbe riuscire utilissimo nei terreni tenaci. Per somministrare il concime liquido, si scalza alquanto la pianta all’ingiro, vi si versa il concime verso sera, ed al mattino si ricopre: poichè rimettendovi subito la terra essa s’indurirebbe di troppo impastandosi coll’acqua che tien sciolta la sostanza concimante. Nell’Italia, al dì là dell’Appennino, si possono seminare i lupini in febbrajo, per poi sovesciarli in aprile pel melgone.