Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/16
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della melica.
§ 707. La melica, o sorgo (holcus sorgum), è una di quelle coltivazioni che non convien fare in grande. Una volta nell’Italia serviva a far pane, di qualità inferiore a quello di segale, di miglio e d’avena. Siccome poi questa pianta esige un clima caldo ed un terreno mobile e grasso, così, dopo l’introduzione del melgone, la melica è coltivata soltanto in piccolo per far scope, usando del grano pel mantenimento dei majali o della polleria.
§ 708. Il sorgo comune (sorgum vulgare) ha due varietà ambedue a fior rosso, l’una a fiore allargato e pendente come il fiore del miglio, l’altra a fiore raccolto intorno all’apice dello stelo, come un grappolo colla base in basso. Il grano è vestito da una buccia rossastra, ed internamente bianchiccio. Vi ha pure una varietà a fior bianco, di forma consimile alla varietà rossa con fiore raccolto; il grano è pure vestito, più grosso, ma esige maggior calore delle varietà rosse, per cui difficilmente matura nella Valle del Po.
§ 709. Composizione. Non si ha per anco l’analisi di questa pianta, ma se dobbiamo arguirne dal dimagramento in cui lascia il suolo, possiam credere che il suo grano contenga molte materie azotate.
§ 710. Clima, terreno e concime. La melica esige un clima piuttosto caldo, abbisognando di una somma di circa 2800° gradi di calore, temperatura media. Epperò si semina in aprile per raccoglierla verso la fine di settembre; occupando il terreno per tutta la durata dell’anno utile alla vegetazione.
La rapida sua vegetazione, la facilità con cui mette radici dai nodi dello stelo poco sopra terra, la poca profondità delle altre, la cui grossezza è di circa 0m,005, non che la tessitura larga e porosa di esse e dei lunghissimi steli che mette dal collo delle radici superficiali, ci fanno conoscere che, oltre al caldo, esige un terreno assai mobile, facilmente penetrabile dalle radici e dal calore. Il suo stelo, come la corteccia del grano, deve contenere molta silice e potassa, per il che il miglior terreno sarà quello argilloso-siliceo-calcare, quali sono i terreni d’alluvione dei fiumi, dove solo conviene quando non si abbia concime.
Per la molta durata di sua vegetazione la melica può trar profitto dalla concimazione fatta in primavera con sostanze molto decomposte purchè contengano anche materie azotate.
§ 711. Coltura. Ben lavorato il terreno in primavera, avendolo concimato dapprima se occorre, si erpica finamente per renderlo assai polverulento, indi si appiana e vi si pianta o vi si semina in linee la melica, ad una profondità non maggiore di 0m,05. Le linee si tengono distanti fra loro da 0m,60 a 0m,80, e nata che sia la melica la si dirada sulle linee in modo che vi sia tra pianta e pianta una distanza di 0m,25 circa. Se invece è piantata col foraterra, lasciando cadere da tre a cinque grani per buco, in allora la distanza tra cespuglio e cespuglio dev essere almeno di 0m,30 a 0m,35 per ciascun lato. Se la stagione è propizia, cioè caldo-umida, i semi nascono in 8 giorni circa, e finchè non abbiano mandate tre o quattro fogliette la vegetazione è lenta. In questo frattempo si deve sarchiare. In seguito la melica prende un rapido sviluppo, e, quando abbia raggiunta l’altezza di 0m,40 a 0m,60, si rincalza onde facilitare l’uscita e la presa delle radici che mette dai nodi. Se la stagione è favorevole, talvolta la melica manda più d’uno stelo dall’inserzione delle prime radici sottoterra, ma ordinariamente non si deve calcolare che sopra un solo, poichè gli altri steli non sorgono contemporaneamente al primo, ed il fiore che portano matura ben di rado od a stento.
§ 712. Raccolto e prodotto. Il raccolto, come vi dissi, si fa verso la fine del settembre, tagliandone i fiori a mano, lasciandovi unito un metro circa di stelo. Si fa essiccare bene acciò i grani si stacchino facilmente, indi si batte leggermente a mano per non guastare i peduncoli o diramazioni del fiore, e per non contundere e schiacciare lo stelo, poichè questo residuo serve a far scope, le quali indirettamente costituiscono il maggior reddito della coltivazione della melica. Lo stelo bene spesso raggiunge un’altezza di 2m ed anche più.
Il prodotto maggiore che si possa ottenere da un ettaro di terreno ben coltivato a melica è di 40 ettolitri circa di grano, e di 4000 chilogrammi circa di fusto con fiore atto a far scope. Il resto dello stelo può servire per lettiera nelle stalle. Il valore commerciale dei grano è di 2/3 circa inferiore a quello del frumento.
Questa coltivazione a primo aspetto sembra assai vantaggiosa riunendo assieme il valore del grano, e di quanto può essere convertito a far scope. Ma quando si tenga conto dell’attento lavoro che esige il terreno, della sua qualità fertile o del concime che abbisogna, non che della durata della sua coltivazione, ben si vede che a ben poco si riduce l’utile. Il frumento permette una seconda coltivazione, ci fornisce un foraggio ed una paglia migliore, e permette di convertire il terreno a spianata. La melica all’incontro esaurisce il terreno di più, e non ci fornisce che una grossolana e dura lettiera, ed uno scarso e duro foraggio colle foglie. Il frumento mal riesce dopo la melica, e meglio giova lasciar in riposo la terra, indi concimar bene per coltivarvi qualche altra pianta in primavera che non sottragga molto al terreno, singolarmente di materie organiche. L’agricoltura ben intesa deve non solo guardare il presente, ma eziandio il futuro, e perciò una delle principali cure d’un buon agricoltore dev’esser quella di stabilire una rotazione che s’addica alle circostanze terrestri ed atmosferiche del proprio fondo, e che gli produca di più consumando di meno.
§ 713. Havvi pure una varietà di sorgo, detto sorgo zuccherino (sorgum saccarinum) e da alcuni miglio o panico di Cafreria perchè abbonda in quel paese, come in molti altri dell’Africa dove col grano si ha una farina, e col fusto si prepara una specie di bevanda spiritosa. Per quest’ultima proprietà, indicante che la pianta contiene dello zucchero, se ne volle tentare l’acclimatizzazione in Europa qual surrogato alla canna da zuccaro. Verso il principio di questo secolo l’Arduino a Padova ne provò in grande la coltivazione, ma riconobbe che non era vantaggiosa, e che non poteva supplire la canna da zuccaro. Ora nuovamente la si provò in Francia, e pare con migliore successo, se dobbiamo credere alle relazioni che ci vengono di là.
Questa pianta rassomiglia alla melica comune, fuorchè ha una vegetazione più rigogliosa, stelo più robusto, ed il fiore ravvicinato, con grani tondi, neri e vestiti. Esige un clima assai più caldo degli altri sorghi, e non matura convenientemente il grano che dove il melgone si possa raccogliere nei primi giorni di settembre. Quando però si coltivi soltanto per aver lo stelo ricco di sugo o materia zuccherina, allora si può coltivare in clima meno caldo, ma dove però si trovi anche il melgone. Il terreno ed il concime sono quelli che sempre indichiamo allo scopo di ottenere amido o sughi dolci, cioè terreno sciolto, ricco di potassa, ben lavorato e soffice; concime poco azotato, assai scomposto e ricco pure di potassa.
Si semina al principio d’aprile, con 2 chil. circa di grano per ettaro, coi quali si ottengono circa 40,000 piante, mantenendo nella semina le stesse norme indicate per la melica. È certo che il grano da noi sarebbe carissimo, come lo è ora in Francia, per la difficoltà in cui si trova per maturare, e perchè non conviene lasciar maturare il grano quando vogliasi ottenere il sugo dolce. Si può moltiplicare anche per getti, e per divisioni del ceppo. I lavori successivi di coltivazione sono identici a quelli accennati per la melica comune.
Non coltivando la pianta per ottenere il grano, la si deve tagliare prima che sviluppi la spiga, perchè in questo momento la pianta contiene la massima quantità di materia zuccherina. Quando la fioritura sia compita, o che i grani siano già formati o maturi, lo zucchero continuamente diminuisce; e ciò serve a conferma di quanto dissi del frumento e di altri cereali, cioè che lo stelo serve alla completa maturazione del grano col privarsi egli stesso di molte sostanze, specialmente amilacee o zuccherine. L’Arduino a Padova lasciò maturare di troppo la pianta, e forse da ciò provenne il giudizio della poca stiua convenienza, come produttrice di zuccaro.
Nei terreni adatti, questa melica può dare da 90 a 100 mille chilogrammi di steli verdi per ogni ettaro, che, secondo Vilmorin, fornirebbero da 50 a 55 per % in sugo, contenente il 10 per % circa di zuccaro, proporzione quasi simile a quella della canna da zuccaro.
Desideriamo adunque che una tal pianta venga di nuovo sperimentata attentamente, poichè potrebbe fornire zuccaro, alcool ed anche una bevanda spiritosa in sostituzione di tanti altri più infelici surrogati al vino.