Traduzioni e riduzioni/Dall'Iliade/Il lamento del padre e della madre
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il lamento del padre e della madre
Era davvero così come se Ilio, la ricca di poggi,
tutta tra nubi di fumo, cadesse dall’alto nel fuoco.
Gli uomini a stento tenevano il vecchio smarrito dal pianto,
che smaniava d’uscir dalle porte Dardanidi, e tutti,
tutti pregava con umili detti, carponi nel fango,
tutti per nome chiamando quegli uomini ad uno per uno:
“Fatevi, cari, da parte, lasciate, per quanto dolenti,
ch’esca soletto da Troia, che vada alle navi nemiche:
voglio pregare quest’uomo di lutti, quest’uomo di sangue,
voglio vedere se gli anni rispetti e commiseri un poco
questa vecchiaia: ancor esso ha suo padre così come io sono,
Pèleo, che lo generò, l’allevò perchè fosse la morte
nostra; ed a me maggiormente portò sopra tutti sventura:
tanti figliuoli son già che m’uccise nel loro fiorire!
Ma di quei tutti non tanto mi piango, sebbene mi dolga,
quanto d’un solo, il cui spasimo acuto vuol trarmi al sepolcro:
d’Ettore: almeno egli morto mi fosse così tra le braccia!
chè ci saremmo satolli di piangerlo e di lamentarlo
questa sua madre, che lo partorì, oh! la misera! ed io „.
Questo piangendo dicea: rispondevano gli uomini al pianto.
Ecuba allora alle donne intonava il lamento di morte:
“Figlio... oh! me misera, a che ho da vivere, in tanto dolore,
ora che morto sei tu? che le notti ed il giorno facevi
dentro le mura il mio vanto, e per tutti, Troiani e Troiane,
eri la gioia e la vita, ed al tuo presentarti, eri dio!
Oh! sì davvero che grande, ben grande, eri gloria per loro,
quand’eri vivo; ma ora la morte e il destino t’ha preso!„