Tosto, che di valor s'erge sublime

Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Canzoni Letteratura Tosto, che di valor s’erge sublime Intestazione 25 aprile 2023 75% Da definire

Mantua, che lieta di bei laghi in seno Se barbarico ardire
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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XXXI

PER ENRICO DANDOLO

DOGE DI VENEZIA.

Tosto, che di valor s’erge sublime
     Anima fortunata,
     Che di vil plebe non saetta il segno,
     Del bel Parnaso in sull’aeree cime
     5N’alzan voce beata
     Le vaghe Dee, ch’anno ivi eterno il regno.
     E su canoro legno
     D’auree corde felice
     Move destra per lei Febo lucente
     10Della Morte, e del Tempo espugnatrice:
     Arida Invidia, che da lunge il sente,
     Gonfia il cor di venen, geme dolente.
Ma tra’ mortali invidïosi e rei,
     Cigno di Dirce amico,
     15Soavi modi lusingando spira:
     Dunque, benché sonar plettri Febei,
     Già fe’ il Dandolo Enrico,
     E come non mortal Pindo l’ammira.
     Tu la Tebana lira
     20Alto contempra all’arco;
     Di’, che di Tifi ei pria s’aprì con l’arte,
     Indi col ferro, al gran Bizanzio il varco,

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     E scosse per l’Egeo l’isole sparte
     Su’ campi di Nereo turbo di Marte.
25E pur quando canuto i legni ascese,
     Spargeva Invidia voce:
     Giason di gel per Oceán sì vasto?
     Ma nulla il cor l’invida voce intese,
     Ma membrava feroce
     30Nestore a Troja, e sotto Tebe Adrasto,
     Allor ch’alto contrasto
     Fu dell’altrui rapina,
     E guerreggiando il violato impero,
     Armò l’etate al tramontar vicina;
     35Se ben aspro voler ruppe il sentiero,
     Quasi onda di torrente, al bel pensiero.
Dolce mirarsi alma corona in fronte:
     Ma pur ciascun mortale
     Adori il Ciel per la beata sorte;
     40Cui d’Edipo non son, cui non son conte
     Di sua stirpe reale
     Tragiche voci? Istoria empia di morte.
     Già del fratel men forte
     Lunge errò Polinice,
     45E per la Grecia regnator bandito,
     Offerse al guardo uman vista infelice;
     Al fin girò, d’Argo fecondo al lito
     Spinto da ria fortuna, il piè romito.
Ivi impetra real Vergine sposa,
     50E di pugnar consiglio
     Tenne col re sovra l’ingiurie estreme,
     Ed ei ratto inchinò la fronte annosa;
     Che mal scerne periglio
     Pensier mortale, ove all’imperio ha speme:
     55Cosi feroci insieme
     Sorsero Argo, e Micene,
     E dell’Etolia fulminosi i cori,
     E tutte fiammeggiar l’aure serene.
     Feano sul duro acciar le gemme e gli ori,
     60E sparsi in ostro gli eritrei splendori.
Ei chiuso d’elmo in faticoso usbergo,
     Lieto nel cor vedea
     Sotto i ferrati piè tremarsi il prato;
     E nevoso la chioma, e curvo il tergo,
     65Gli occhi stanchi chiudea
     De’ bronzi intorti al formidabil fiato:
     Ben tra le schiere armato,
     Ben minacciar le mura
     Poteva Adrasto a Polinice infide;
     70Ma fu dall’alto con mirabil cura
     La patria il Ciel nella battaglia vide,
     In duro tempo, difensor d’Alcide.
Quinci le fauci immense apre la terra,
     E i sommi duci inghiotte;
     75Quinci il Ciel Capaneo fulmina orrendo
     Là dove anco ei più fier fulmina in guerra.
     Ei già sparte, ei già rotte
     Le moli immense, ed ei già salía vincendo
     Quand’ecco stral tremendo
     80Dalla destra alta eterna
     Gli ossi, i nervi, le membra arde e dissolve;
     E come d’Issïon la rota inferna
     L’acceso busto per lo Ciel travolve,
     Spettacolo funesto! in fumo, in polve.
85O man, già per lungo uso a trovar presta
     Gli acuti modi e gravi,
     Suono da Febo agli altrui pregi eletto,
     Perchè sull’ore dolci atra e funesta
     Tra le corde soavi
     90Hai lungamente di toccar diletto?
     E tu per or nel petto
     Frena, o lingua vagante,
     Le note, i versi intorno a Tebe audaci,
     Che là ne chiama il fier Leon volante,
     95Ov’ei spiega, ruggendo, unghie vivaci,
     Bel vincitor sopra gl’imperj Traci.
Ned ei si forte in vêr l’aurora assalto,
     Nè di Nettun su i regni
     Mosse di sangue maculato e tinto!
     100Ma ciò che in terra feo, ciò, che nell’alto,
     Mal capiranno i segni,
     Onde un sol canto di mia cetra è cinto;
     Ben posso dir succinto,
     Che s’or tra l’armi ardisce
     105Adria, e se in guerra ogni suo lauro è certo,
     Se d’ingegni, e di leggi aurea fiorisce,
     Se calle trova a somma gloria aperto,
     Solo d’Enrico glorioso è merto.