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24 poesie

     E scosse per l’Egeo l’isole sparte
     Su’ campi di Nereo turbo di Marte.
25E pur quando canuto i legni ascese,
     Spargeva Invidia voce:
     Giason di gel per Oceán sì vasto?
     Ma nulla il cor l’invida voce intese,
     Ma membrava feroce
     30Nestore a Troja, e sotto Tebe Adrasto,
     Allor ch’alto contrasto
     Fu dell’altrui rapina,
     E guerreggiando il violato impero,
     Armò l’etate al tramontar vicina;
     35Se ben aspro voler ruppe il sentiero,
     Quasi onda di torrente, al bel pensiero.
Dolce mirarsi alma corona in fronte:
     Ma pur ciascun mortale
     Adori il Ciel per la beata sorte;
     40Cui d’Edipo non son, cui non son conte
     Di sua stirpe reale
     Tragiche voci? Istoria empia di morte.
     Già del fratel men forte
     Lunge errò Polinice,
     45E per la Grecia regnator bandito,
     Offerse al guardo uman vista infelice;
     Al fin girò, d’Argo fecondo al lito
     Spinto da ria fortuna, il piè romito.
Ivi impetra real Vergine sposa,
     50E di pugnar consiglio
     Tenne col re sovra l’ingiurie estreme,
     Ed ei ratto inchinò la fronte annosa;
     Che mal scerne periglio
     Pensier mortale, ove all’imperio ha speme:
     55Cosi feroci insieme
     Sorsero Argo, e Micene,
     E dell’Etolia fulminosi i cori,
     E tutte fiammeggiar l’aure serene.
     Feano sul duro acciar le gemme e gli ori,
     60E sparsi in ostro gli eritrei splendori.
Ei chiuso d’elmo in faticoso usbergo,
     Lieto nel cor vedea
     Sotto i ferrati piè tremarsi il prato;
     E nevoso la chioma, e curvo il tergo,
     65Gli occhi stanchi chiudea
     De’ bronzi intorti al formidabil fiato:
     Ben tra le schiere armato,
     Ben minacciar le mura
     Poteva Adrasto a Polinice infide;
     70Ma fu dall’alto con mirabil cura
     La patria il Ciel nella battaglia vide,
     In duro tempo, difensor d’Alcide.
Quinci le fauci immense apre la terra,
     E i sommi duci inghiotte;
     75Quinci il Ciel Capaneo fulmina orrendo
     Là dove anco ei più fier fulmina in guerra.
     Ei già sparte, ei già rotte
     Le moli immense, ed ei già salía vincendo
     Quand’ecco stral tremendo
     80Dalla destra alta eterna
     Gli ossi, i nervi, le membra arde e dissolve;
     E come d’Issïon la rota inferna
     L’acceso busto per lo Ciel travolve,
     Spettacolo funesto! in fumo, in polve.
85O man, già per lungo uso a trovar presta
     Gli acuti modi e gravi,
     Suono da Febo agli altrui pregi eletto,
     Perchè sull’ore dolci atra e funesta
     Tra le corde soavi
     90Hai lungamente di toccar diletto?
     E tu per or nel petto
     Frena, o lingua vagante,
     Le note, i versi intorno a Tebe audaci,
     Che là ne chiama il fier Leon volante,
     95Ov’ei spiega, ruggendo, unghie vivaci,
     Bel vincitor sopra gl’imperj Traci.
Ned ei si forte in vêr l’aurora assalto,
     Nè di Nettun su i regni
     Mosse di sangue maculato e tinto!
     100Ma ciò che in terra feo, ciò, che nell’alto,
     Mal capiranno i segni,
     Onde un sol canto di mia cetra è cinto;
     Ben posso dir succinto,
     Che s’or tra l’armi ardisce
     105Adria, e se in guerra ogni suo lauro è certo,
     Se d’ingegni, e di leggi aurea fiorisce,
     Se calle trova a somma gloria aperto,
     Solo d’Enrico glorioso è merto.

XXXII

PER ALFONSO PRIMO D’ESTE

Se barbarico ardire
     Per ampio spazio di valor sublime
     Tenta le palme prime,
     Nè d’Ostro asperge, tanto osando, il volto;
     5O che senz’altro dire,
     Terrò sdegnoso ogni parola a freno,
     Od al profondo seno
     Sol riso in bocca mi verrà disciolto.
     Che fia, se Anteo sepolto
     10Sulla riva materna
     Chiedesse agli alti Dei
     I primi lauri della gloria eterna?
     Cert’io mi tacerei;
     O s’io dicessi pur, per l’aria chiara,
     15La cetra mia sol soneria Ferrara.
Nobile alta guerriera,
     Che d’eterno valor ferrata il petto,
     Hai d’anelar diletto.
     Là ove sudor d’alta virtù risplenda,
     20Par di Pallade altera,
     Quando a pugnar sulle volubil rote
     L’Egida innalza, e scote
     L’asta tremenda, sanguinosa, orrenda,
     Solo il tuo nome intenda
     25Barbara terra, e poi
     Per lo gran campo sprone
     Dietro a tua chiara stirpe i corrier suoi;
     Che suoi pregi e corone
     Scherno saran di neghittoso piede,
     30Se già soverchio ardir non ha mercede.
A glorïose mete
     Entro Olimpo d’onor corse Accarino,
     Almo di te Quirino,
     Corse Alforisio, Bonifacio corse;
     35Giudice il gran Narsete
     Valerio mosse in paragon non lento;
     Ma su piuma di vento
     Rapida donna i Cavalier precorse;
     Mosse lor dietro, e forse