Tommaso Moro (Pellico, 1834)/Atto Quarto
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ATTO QUARTO.
SALA DEL GIUDIZIO.
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SCENA PRIMA.
CROMWELL, molti Giudici e fra essi ALFREDO.
Testimonii.
- Primo giudice
(Sottovoce ad altro.)
Perchè secretamente il rio Cromwello
Va a questo ed a quel giudice or parlando?
- Secondo giudice
Taci. Agl’intimi suoi l’orribil cenno
Comunica del re.
- Primo giudice
Qual?
- Secondo giudice
Che di morte
Sia reo Tommaso Moro, e si condanni.
- Alfredo
(Sottovoce a Cromwell.)
Ma di Tommaso Moro amico io fui
Ne‘ suoi giorni felici, e gl‘ incolpati
Sensi di lui conosco.....
- Cromwell
(Sottovoce ad Alfredo.) I numerosi
Figli tuoi ti ricorda. Il favor regio
Per te perdendo, i figli avvolgeresti
Nella sventura.
(S‘ avventura da quello, e dice ad alta voce.)
- Anoor non viene il reo?
- Alfredo
Sai che lo sventurato, da‘ cancelli
Del carcer suo, condurre a morte vide
Il vescovo a lui caro. È l‘ un seduto
Sovra il plaustro feral, l‘ altro alle negre
Sbarre aggrappato, affettuosa e maschia
D‘ addio parola s‘ alternar. Ma quando
Si mosse il plaustro e scompari, ed i feri
Tocchi dell‘ agonia risonò il bronzo,
Dalle abbrancate sbarre ambe le mani
Del rinchiuso si sciolsero, ed a terra
Svenuto cadde.
- Cromwell
A sua prigion io seesi,
Or pochi instanti, e rinvenir da grave
Deliquio il vidi. Ma su me le ciglia
Non sì tosto affisò, sorse dal letto
Cou vigoroso atteggiamento, e disse
Nel maligno suo orgoglio: «A gioir vieni
Di mia fralezza forse? Il corpo solo
Vedrai languir, cader vedrai lui solo.»
UN USCIERE E DETTI
- USCIERE
- Tommaso Moro.
- I GIUDICI
- Desso!
- CROMWELL
- Eccolo.
- ALFREDO
- (Vedendo da lontano venir Moro.)
- - Il passo
- Lentamente ei trascina. A quella vista
- Chi frenar può le lagrime? Eccol dunque
- Il cancellier del regno! il più possente
- Poc’anzi de’ ministri, ed il più amato
- Dal monarca e dal popolo!
- ALTRO GIUDICE
- (Sottovoce ad Alfedo.) Nascondi
- La tua commozïon: Cromwell t’osserva.
- ALFREDO
- Moro su me tien la pupilla. Ei freme
- Di veder tra’ suoi giudici un de’ tanti
- Ch’ egli beneficò! - Deh potess’ egli
- Leggermi in cor!..... Ma pe’ miei figli temo.
MORO E DETTI
- MORO
- (Appoggiato ad un bastone e pallidissimo
- s’avanza a lenti passi, ma con portamento
- altero.)
- Qui dunque...in queste mura augusto seggio...
- Un tempo di giustizia, ora a cotanti
- Innocenti la morte è pronunciata!
- E di Rochester qui al pastor, al mio
- Secondo padre, a tal che suoi dì tutti
- A virtù consecrò, qui pronunciata
- Dianzi pur fu la morte! - Emmi giocondo
- Ove tuoi sacri passi, o dolce amico,
- Testè ponevi tu, porre i miei passi.
- Vederti parmi qui la nobil fronte
- Alzare innanzi a’ giudici, e i lor vili
- Spirti confonder colla tua costanza.
- CROMWELL
- Qual tel figuri or tu, sì tracotante
- L’amico tuo già più non è. Disprezzo
- Ostentò alquanto, ma.....
- MORO
- Quel tuo sorriso
- Che significheria? Parla.
- CROMWELL
- Il canuto
- Ipocrita fe’ senno.
- MORO
- Oh Ciel! che intendi?
- CROMWELL
- Giunto presso al supplizio, a quell’aspetto
- Non resistè. Balbettò scuse, i detti
- Andò temperando, lagrimò, pentissi
- Di sua superbia, e confessò che santa
- Della Chiesa britannica ei dovea
- La riforma appellar. Raccomandossi
- Del re nostro signore alla clemenza,
- Ed a clemenza il re per lui si mosse.
- MORO
- Imprudente menzogna! Io veggo tutti
- L’uno all’altro nel volto stupefatti
- I giudici guardarsi.
- CROMWELL
- Attestan tutti
- Il mio asserire.
- ALFREDO
- (Sottovoce.) E soffrirem?.....
- ALTRO GIUDICE
- (Id.) Non vedi
- Che volute da Arrigo arti son queste?
- ALFREDO
- Io.....
- IL SUDDETTO GIUDICE
- Reprimi il tuo sdegno, o sei perduto.
- MORO
- Possibile non è. L’amico mio
- Tu calunnii, Cromwello.
- CROMWELL
- Oblii qual loco
- Venerando sia questo.
- MORO
- Il labbro mai
- De’ giudicanti non mentiavi un giorno;
- E se mentito alcun v’avesso, a lui
- Punitrice tremenda era la legge.
- Ma più non son que’ tempi. Ognun qui veggio
- Dell’udita calunnia vergognarsi,
- E niuno alzar la voce osa a smentirla.
- E pure, in questo compro Parlamento
- Di cui Britannia arrossirà in futuro,
- Siede più d’un, che a’ giorni miei godea
- D’integerrimo fama. Ahi, la paura
- Cotanto dunque su mortali puote?
- CROMWELL
- Scampato dal patibolo, il pentito
- Vegliardo supplicò, ch’a te il suo esempio
- Recato fosse, onde te pure alfine
- Induca a obbedienza.
- MORO
- Obbedienza!
- Quale? Tradire Iddio? Negar la voce
- Ch’ei mi parla nel cor? No, da quel giusto
- Sì reo consiglio a me non dassi. E s’anco
- A’suoi lungh’anni di virtù inconcussa
- Contraddetto avess’ei, certo non conscio
- Egli era allor di sue parole; affanno
- Di morte il dissennava. Ah, ch’io lo vegga
- S’è ver ch’ei vive!
- CROMWELL
- Per distorlo quindi
- Dal pentimento suo? No; lo vedrai,
- Se pria l’esempio ch’ei ti diede imiti.
- Rispondi.
- MORO
- Già risposi.
- CROMWELL
- Empio! condanni
- De’ sudditi nel core obbedïenza?
- Qual maggior prova il Parlamento adunque
- Aver può di tue trame?
- MORO
- A’detti miei
- Malvagio senso dia chi vuol. Protesto
- Che trame non ordii.
- CROMWELL
- Comparve audace
- Per le valli di Kent una fanciulla
- A false arti profetiche educata,
- Tumulti predicando; e da te mossa
- Si confessò alla scellerata impresa.
- MORO
- Io la virgin di Kent reputai santa,
- Tal la reputo ancor; nè creder posso
- Autrice lei di sì esecranda accusa.
- Costanza nella fede e non tumulti
- Predicava la pia.
- CROMWELL
- Riconosciuto
- Fu il delitto e l’iniqua al rogo trasse.
- Tue invereconde lodi alla dannata
- Te manifestan complice. Abbondanti
- Testimonianze inoltre havvi di rei
- Venduti al Vaticano ed a straniere
- Cattoliche potenze, macchinanti
- D’Arrigo ottavo e d’Inghilterra il danno;
- I quai, scoverti e da tormenti astretti,
- Tutti deposer, Moro esser colui
- Ch’idolo s’eran fatto, e li affidava.
- MORO
- E s’anco ciò attestato infra i tormenti
- Taluno avesse, o molti, idolo farsi
- Me non potean, malgrado mio? Sognarmi,
- Perchè non volli apostatar, ribelle?
- Protesto ch’io nol fui giammai! protesto
- Che senza ribellar, reputo dritto
- Il dissentir da scandali! sa scismi!
- Da persecuzïoni abbominande!
- CROMWELL
- Il divorzio del re, suo novo imene
- Scandalo nomi?
- MORO
- In dubbio star potrei
- Sovra questi atti; e non è colpa un dubbio.
- CROMWELL
- Supremazìa nella britanna Chiesa
- Tu neghi al re?
- MORO
- Dell’ardua questione
- Giudice farsi ad altri spetta. Ignoro
- Qual senso a tal supremazia dai mille
- Nuovi dottori discordanti è dato.
- Se innocente, l’accolgo, e se contrario
- All’antica credenza, io lo rigetto.
- CROMWELL
- Risposte ambigue porgi.
- MORO
- Apertamente
- Cattolico mi vanto ed inimico
- Di tirannia. Più oltre dichiararmi
- Qui dover non m’impon.
- CROMWELL
- Tirannia nomi
- La potestà del tuo signor.
- MORO
- La vera
- Sua potestà non mai.
- CROMWELL
- Degni d’ossequio
- Solo i papisti per te sono.
- MORO
- I giusti.
- CROMWELL
- Del Parlamento i membri ed il monarca
- Reprobi estimi.
- MORO
- Tolga il Ciel. Li estimo
- Tutti a virtude e tutti a Dio chiamati,
- Ma al par di me fallibili, ma iniqui
- Se a coscïenza mentono.
- CROMWELL
- I tuoi sensi
- Del re e del Parlamento a vitupero
- Meglio spiegasti in altro tempo.
- MORO
- Quando?
- CROMWELL
- Volgono pochi giorni, a te movea
- Riccardo Rich - or qui presente - e seco
- Questi altri testimonii. Essi l’incarco
- Avean del te, per tuo maggior castigo,
- Di ritorre al tuo carcere il conforto
- De’libri e delle carte. E con furore
- Proruppe allora il tuo imprecar. - Riccardo,
- Conferma tu il mio dir.
- UN TESTIMONIO
- Tommaso Moro
- Io compiangea; volev’indurlo a ossequio
- Verso il clemente nostro re. S’accese
- D’altissim’ira, ed empii il Parlamento
- E il re appellava; empii così, diss’egli,
- Che omai gridano a Dio: «Tu non sei Dio!»
- MORO
- Alterate da te son mie parole.
- Io sol dicea, che se gridare a Dio
- Osasser «Non sei Dio!» la lor sentenza
- Atta non fora a struggere l’eterno!
- IL SUDDETTO TESTIMONIO
- Giuro che il Parlamento ed il monarca
- Empii chiamò, com’io vi dissi.
- CROMWELL
- Gli altri
- Testimonii pur giurino.
- ALTRO TESTIMONIO
- Signore.....
- Attestare io vorrei..... ma giuramento
- Prestar non posso.....
- CROMWELL
- Come? E voi?....
- (Agli altri.)
- TERZO TESTIMONIO
- Le carte
- Ritiravamo al prigioniero e i libri,
- Nè quai ben fosser gli sdegnati accenti
- Dell’infelice ascoltavamo.
- QUARTO TESTIMONIO
- Io giuro
- Come Riccardo.
- ALFREDO
- (Oh scellerato!)
- MORO
- Io giuro
- Che se l’accusa di costoro è vera,
- Se alterate non fur dal vil Riccardo
- Le mie parole, io mai veder la faccia
- Non vo’d’Iddio! - Si orribil giuramento
- Potuto uscir saria delle mie labbra,
- Nè ad acquistar pur l’universo intero?
- CROMWELL
- I non ribelli intendimenti tuoi
- Or prova adunque. Provali, in Arrigo
- Riconoscendo.....
- MORO
- I suoi diritti tutti
- A fedeltà ed ossequio, ove non lesa
- Religïon da crude leggi venga.
- CROMWELL
- Il giuramento che ti chieggo, pensa
- Quanti altri già prestar. Bada: solenne
- A te, in nome del re, risposta estrema
- Or qui dimando. Il presterai?
- MORO
- Nol presto!
- CROMWELL
- (S’alza.) Giudici, allo scrutinio or si proceda.
- (Tutti i giudici s’alzano.)
- ALFREDO
- Ferma, Cromwello. Il fulmin si sospenda
- Sovra quel capo intemerato.
- CROMWELL
- Ardisci?
- ALFREDO
- Sì, dichiarare ardisco il sentir mio.
- Tommaso Moro alla credenza antica
- Troppo aderisce, ma il suo intento è puro.
- Incolpevoli fur tutti i suoi giorni.
- E s’egli è ver, ch’agl’innocenti errori
- Dell’intelletto, uom dar non può castigo,
- Mortal giammai degno non fu com’esso,
- Che di tanto la legge or si rammenti.
- MORO
- Tu che in sì tristi giorni a me pur serbi
- Una reliquia d’amistà (in tal loco
- Ove, per odio alcuni, altri per tema,
- Nemici mi son tutti) abbiti vive
- Grazie da me, o vegliardo. E nondimeno
- Sparmia inutile sforzo, e volgi a sforzo
- Più grande ancor tuoi non corrotti spirti.
- Dichiara che, se indotto eri a consenso
- Di furibonde leggi, adulatrici
- Verso un monarca travïat, e false
- In lor promessa di riforma, or gli occhi
- Sei costretto ad aprir. Non ti sgomenti
- La morte sovrastante a’generosi.
- CROMWELL
- Quai baldanzosi detti!
- ALFREDO
- Il suo linguaggio
- Nè mi rimove da’principii miei,
- Nè voi debbe irritar. Sincero ei parla.....
- CROMWELL
- Basta: con arti d’eloquenza il senno
- De’giudici svïar non è concesso.
- ALFREDO
- Deh!
- CROMWELL
- Basta: raccogliamci allo scrutinio.
- (Cromwell e gli altri giudici passano in altra
- Sala.)
MORO E L’USCIERE
- MORO
- (Tra se.) La sentenza di morte è indubitata:
- Aspettiamla con forza. -
- (All’Usciere.) Odi, ten prego.....
- Qui soli siamo..... È ver che il condannato
- Vescovo amico mio, vicino a morte,
- Siasi avvilito?.... Non temer: siam soli.
- USCIERE
- Signor..... Non mi tradite..... Il vostro amico
- Intrepido morì.
- MORO
- Dio ti rimerti
- Di questa nobil carità; più lieto
- Trarrò alla tomba. - E tu, sublime spirto,
- Che a me dal Ciel le care braccia stendi,
- Perdona se un istante alla calunnia
- Che ti colpìa credetti, e mi turbai.
- - Qual voce! - A questa volta una infelice
- Urlando corre.
- VOCE DI MARGHERITA
- Rivederlo io voglio!
- Riveder voglio il genitore!
E DETTI.
- MORO
- Oh figlia!
- Al sen del padre suo la derelitta
- Sia lasciata un momento.
- MARGHERITA
- Io m’inoltrai
- Non veduta negli atrii, e per secreta
- Scala salii. Felice me! Guidata
- M’ha il Cielo in queste sale: io ti ritrovo.
- MORO
- Dove in mal punto, dove mai ti tragge
- Il filïale amor? Questo funesto
- Loco non sai qual sia. Vanne.
- MARGHERITA
- La stanza
- È del giudizio, il so. Perchè seduti
- Qui i giudici non veggo? Io tai portava
- Qui disperate lagrime e tai preghi
- Da intenerir qual siasi petto.
- MORO
- Oh figlia!
- Me le lagrime tue miseramente
- Inteneriscon; sordo ogn’altro
- A’tuoi singhiozzi. Vanne.
- MARGHERITA
- Avvincolata
- Così vo stare al padre mio che niuno
- A me il possa involar. Se tu sapessi
- Quanto affannato ho per trovarti! Ingresso
- Nuovamente aver prima entro la reggia
- Cercai; m’intese la regina; a’piedi
- Della pietosa mi gettai. Si mosse
- Al dolor mio; ma più vedermi Arrigo
- Non consentì. Respinta io dalla reggia,
- Fuori di senno per le vie vagai,
- Ed a questo palagio i passi volsi,
- E le guardie delusi, e teco io sono!
- E se t’uccidon, morir voglio io teco!
- MORO
- Oh troppo amante figlia! Oh tu colei
- Che fra miei cari io più d’ogn’altro amava!
- Tu, discepola mia! tu, che a virili
- Alti sensi cresciuta, eri il mio orgoglio.
- Non farti oggi, ten prego, al padre tuo
- Cagion di debolezza. Amami e sia,
- Del tuo gentile amor prova gagliarda
- Il rassegnarti dignitosa a quanto
- Fia di me decretato; il conservarti
- Per gli altri figli miei; per l’infelice
- Madrigna tua.....
- MARGHERITA
- Chi vien?
- MORO
- Gran Dio! Son dessi
- I miei giudici!
- CROMWELL
- Come! in braccio al reo
- La figlia sua? Sien separati a forza!
- MARGHERITA
- (Vien separata dal padre.)
- Oh padre!
- MORO
- Amata figlia! abbi costanza,
- Siccome averla insino al fine io spero.
- ALFREDO
- Oh spaventoso giorno!
- MORO
- A che mi guarda
- Mutolo, interrorito ognun di voi?
- ALFREDO
- Io..... questa carta..... no..... legger non posso!
- CROMWELL
- (Strappa di mano la carta ad Alfredo, e legge
- (con voce ferma.)
- «Tommaso Moro è condannato a morte!»
- MORO
- Siccome il divo Paolo, un dì, fu visto
- Con empia gioja assistere al supplizio
- Del primo martire, e son ambo in Cielo;
- Così possan miei giudici aver meco
- Parte una volta nel perdon d’Iddio!
- (S’avvia per partire.)
- UFFICIALE
- Il re.
- CROMWELL
- Signor.....
- ARRIGO
- Ebben?
- CROMWELL
- Dannato è a morte.
- ARRIGO
- Moro!..... A che pronto sei? Parla.
- MORO
- A morire!
- (Parte, ed altri l’accompagnano.)
- ARRIGO
- Orgoglioso!..... imperterrito!..... sublime!
- Io che l’uccido, fremo ed egli è in pace!
- Ah, null’uom tanto amo ed esecro!
- ANNA
- A’tuoi
- Sensi generosissimi abbandona
- L’imposto fren: malgrado suo quel grande
- Salva.
- ARRIGO
- Grande egli è troppo. Essermi amico
- Dovea: non volle. Ch’egli muoja è forza!
- (Parte.)
- ANNA
- (Seguendolo.)
- Ah no! Sposo!.....
- ALFREDO
- Mio re!..... Ferma..... Egli fugge.
ALFREDO.
- ALFREDO
- Oh che feci! - Oh rimorso! - All’assassinio
- Sì debolmente resistei? - Niun frutto,
- È ver, mia resistenza avuto avrebbe; -
- Eppur voce segreta a me rinfaccia
- Abbominevol codardia. Ammendarla
- Voglio. Ad Arrigo corrasi. Destiamo
- In lui rimorso tal, che il mio pareggi.