Tommaso Moro (Pellico, 1834)/Atto Terzo
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Silvio Pellico - Tommaso Moro (1834)
Atto Terzo
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ATTO TERZO.
REGGIA
SCENA PRIMA.
- ARRIGO
- Rivederlo degg’io? - Questo colloquio
- Bramo e pavento. Duo diversi spirti
- Oggi invadermi sembrano: un, gridando
- Che ad ogni costo io l’amistà racquisti
- Di quel degno mortal; ch’io sovra tutti
- Gli emoli suoi maligni oggi il rïalzi:
- L’altro biasimando con ischerno questa
- Tentazïon, questa fiacchezza, e rabbia
- In me destando contro Moro, e contro
- Me, che vilmente l’amo ancora, e sento
- Che a sua virtù superba o farmi deggio
- Misero schiavo..... o estinguerlo! - E potrei
- Al partito d’estinguerlo appigliarmi?
- Macchia non fora eterna al regno mio?
- Pure..... o domarlo, o estinguerlo! ho deciso.
CROMWELL E DETTO
- CROMWELL
- Signor....
- ARRIGO
- Cromwell, qual frettolosa cura
- Te sì agitato a me sospinge?
- CROMWELL
- A vostra
- Maestà favellar, Crànmer e il duca
- Di Norfolk bramerian.
- ARRIGO
- Onde?
- CROMWELL
- Signore,
- Udirli, deh, vi piaccia.... Alme non havvi,
- Che più di vero zelo ardan per voi.
- ARRIGO
- So il loro intento. Già da me poc’anzi
- Li congedai. Son grato al loro zelo,
- Ma il lor perenne insistere m’è grave,
- Perch’io Moro non veggia. Il temon tanto?
- CROMWELL
- L’intera corte, o sir, teme l’audacia
- Del campion de’ Cattolici. Ei, già tempo,
- Sul vostro regio core ebbe gran possa.
- E perchè appunto conosciam l’augusta
- Indol vostra benigna, e la scaltrezza
- Di quel fautor di frodi e di rivolte,
- Forz’è che inorriditi immaginiamo
- Non impossibil la maggior di quante
- Abbia Inghilterra a paventar sciagure:
- Che al grande Arrigo il fascino s’appigli
- Del troppo amato seduttor; che al grande
- Arrigo indi la gloria oggi s’oscuri;
- Che al grande Arrigo s’apra oggi un abisso
- Impreveduto, ove la sua grandezza
- Precipiti e si perda, e stupefatti
- La cerchino i futuri, e dubitando
- Dicano: «Ei forse non fu grande mai!»
- ARRIGO
- Temerario!
- CROMWELL
- Di sudditi fedeli
- Debit’è, d’un monarca affrontar l’ira,
- Per impedire il danno suo. Gagliarda
- Nella Chiesa britannica operaste
- Riforma salutar, ma funestata
- Da orrendo sangue. Se con ferma destra
- La mantenete, se compirla osate,
- Le stragi che costò s’oblïeranno,
- E lode avrete d’assennato e pio.
- Se nell’impresa vacillasse Arrigo,
- Se, dando retta a perfidi consigli,
- L’opera sua infiacchisse od annullasse,
- Inclito frutto alcun di questo regno
- Non resterebbe, e resterebbe fama
- Obbrobrïosa degli eccidii suoi.
- ARRIGO
- Resterà fama che vigor bastante
- Arrigo avea, da non voler la mente
- Altrui seguir, ma sì la propria. Intendi?
- Esci.
- CROMWELL
- Deh, sir, pensate.....
no match
modifica- ARRIGO
- Esci!
ANNA E DETTI
- ANNA
- L’ingresso
- Perchè a Tommaso Moro anco s’indugia?
- Consenti, o sir, ch’addotto alfin qui venga.
- ARRIGO
- Cromwell, qui Moro traggi.
- CROMWELL
- (Ah son perduto!)
- (Parte.)
ANNA ED ARRIGO
- ARRIGO
- Anna, d’amore e d’indulgenza io prova
- Alta ti do. Ma forza è ch’io t’imponga
- Di serbar meglio d’or innanzi il tuo
- Di regina decor.
- ANNA
- Crucciato parli?
- ARRIGO
- Forz’è che ad Anna, bench’io l’ami, or dica,
- Ch’ella non mai presuma esser motrice
- Al regnar mio. Se veder Moro assento,
- Non perciò lodo tue soverchie cure
- A favor del ribelle; e se ribelle
- Mostrerammisi ancor....
- ANNA
- Io.....
- ARRIGO
- Tu nol salvi!
- ANNA
- (L’amo, e terror sovente egli mi desta!)
- Ecco lo sventurato.
- ARRIGO
- Oh come un anno
- Di trista prigionìa sovra quel volto
- Lasciato ha impronte di dolor!
MORO, CROMWELL E DETTI
- MORO
- Signore.....
- ARRIGO
- Moro..... aspettai gran tempo io che parola
- Di scusa e pentimento a me mandassi.
- MORO
- Di scusa e pentimento avrei parola
- A voi mandata, o sir, se coscïenza
- Di fallo alcun mi rimordesse.
- ARRIGO
- Or cangia
- Finalmente linguaggio. Odi. Rammenta
- La reverenza che alla tua dottrina
- Piacquemi professar; gli onori, ond’io
- La segnalai; l’affetto che verace
- Per te nutrii. Rammenta i dì che insieme
- Della Chiesa britannica gli abusi
- Deploravam; che a migliorarla entrambi
- Volgevamo il pensier. Questa riforma
- Ardito assunsi, e tu m’abbandonasti.
- MORO
- Sire, io seguìto avriavi in tanta impresa,
- Se zelator fanatici e bugiardi
- Colà sospinta non l’avesser, dove
- Scisma divenne e spogliamento e strage.
- Riforma vera, innocua, e non contraria
- A’ cattolici dogmi io desïava!
- Riforma di costumi! onesta guerra
- A superstizïoni! insegnamento
- Di salda sapïenza! - A tal riforma,
- E non ad altra, ad aderir son pronto.
- ARRIGO
- D’uom veggente qual sei, d’uomo che lunga
- Esperïenza ammaestrò, non degna
- È la rampogna. I grandi scontimenti,
- Mossi uno stato a migliorar, non ponno
- Da parzïali danni ir mai disgiunti.
- Meravigliarne al volgo lascia; al volgo
- Impaurirne, e l’avvenir tu mira.
- D’Arrigo ottavo al tempestoso regno
- Succederà felice calma; ed opra
- Di tal regno sarà. Dal roman giogo
- Liberata Inghilterra, il suo robusto
- Alto intelletto spiegherà con nova
- Sorprendente possanza, e lume all’altre
- Nazïoni farassi, e glorïosi
- Secoli avrà di senno e di fortezza.
- Tal nobile successo io mi proposi.
- MORO
- E successo dovea nobil proporsi
- Arrigo ottavo. Ma fallito ha il modo.
- Tanto in questa feconda isola è spirto
- Di gagliardia e di libertà e di senno,
- Che di discordie scellerate ad onta,
- E di leggi tiranniche e d’eccidii,
- Rialzerà forse tra breve, io spero,
- L’alterissima testa. Ahi! ma con sua
- Prosperità misti verranno indegni
- Amari frutti del presente tempo.
- Vita lo scisma, e collo scisma avranno
- Civili odii, e calunnie, e smembramenti
- Infiniti di culto, e prolungata
- Disuguaglianza de’ più sacri dritti,
- E, chi sa, da tai germi, un dì, rovina!
- ARRIGO
- Pusillanimi accorre uomo di stato
- Non dee temenze.
- MORO
- Escludere non dee
- Rilevanti temenze e ragionate.
- Che s’elementi io veggo alla futura
- D’Inghilterra grandezza, e presagirla
- Possiamo fin d’or, non però veggo come
- Sien fra questi elementi ingiuste leggi,
- Rie persecuzïoni, e novo culto
- Predicato col ferro.
- ARRIGO
- Audace molto
- Sempre favelli.
- MORO
- Schietto ognor favella
- Al prence suo chi l’ama; e cangiar mai
- Per terrore di carcere o di morte
- Non potrei di linguaggio anzi ad Arrigo.
- Menzognere lusinghe e sventurate
- Passïoni v’acciecano. Riforma
- Non è questa che oprate; ell’è implacata
- Guerra a color che contraddirvi osaro,
- Quando a voi disgradò dell’infelice
- Caterina l’amor; quando l’amore
- D’Anna (ahi ben più infelice dell’espulsa!)
- Troppo del vostro core ebbe trionfo.
- ARRIGO
- Non proseguir. Così rimerti, ingrato,
- D’Anna gli uffici generosi?
- MORO
- Onore
- Alla pietà di questa donna! onore
- All’amistà che conservar degnossi
- A mia mesta famiglia! onore al suo
- Di concordia desìo! ma i pregi molti
- Di quell’alma gentil non mi trarranno
- Neppur seco ad infingere.
- ANNA
- Ahimè! vana
- Stata non sia mia intenzïon di pace
- Fra il re, mio sir, e un suddito che tante
- Virtù illustraro. Questa pace è il voto
- Di sì buon re, d’ogni Britanno e il mio.
- Deh, Moro, il voto tuo pur non sarebbe?
- MORO
- Sì, magnanima, sì. Mio voto ardente
- È servire il mio re, la patria mia;
- Ma tal servigio verità richiede,
- E verità parlò il mio labbro ognora,
- Ed or riparla verità. - Se dopo
- Questo imprecato regno, un dì Inghilterra
- Correggerà gl’iniqui impulsi, e sete
- Avrà di tolleranza e di giustizia,
- Vostra la lode non saranne, o Arrigo.
- Scritto con note orribili di sangue
- Fia dalla storia il nome di colui
- Che il novo culto sotto pene impose
- Di ferri e di patiboli.
- ARRIGO
- A me ardisci
- Vitupero vibrar?
- MORO
- No, ma nunciando
- Vitupero infallibil nella storia
- ad ogni re che sia crudel, e oltraggio
- Rechi alle coscïenze, io vi rammento
- Che per voi sta, la pagina abborrita
- Del biasmo eterno cancellar.....
- ARRIGO
- Curvando
- Forse mia regia fronte anzi superbo
- Anacoreta! intendo. Anzi impostore
- Che impoverire il popolo m’intimi
- Per espïar mie colpe!
- MORO
- Ad impostori
- Siccom’io non mi curvo, e son Cristiano,
- E Cattolico son, così a ministri
- Degni di Dio curvarvi sol dovreste.
- E, vostre colpe ad espiar, costoro
- Non v’imporrìan se non virtù. Lasciamo,
- Lasciamo, o re, l’ignobil consueto
- Travestimento delle cose ai soli
- Abbìetti ingegni proprio. Essi, giurando
- Oggi per Inghilterra odio e dileggio
- A’ perseveranti nel paterno culto,
- Doppiano, in lor malediche pitture,
- Gl’infamanti colori, e ciò ch’ è luce
- Negar osano affatto o copron d’ombra.
- Non noi così, non noi così, o signore!
- Da’ volgari giudizii independente
- Esser dee quel de’ forti e saggi spirti.
- ARRIGO
- La britannica Chiesa.....
- MORO
- Avea ministri
- Non degni assai; degnissimi n’avea.
- Turbe ell’avea d’ipocriti, ed avea
- Cultori sincerissimi d’Iddio.
- Questa Chiesa purgare, illuminarla,
- Non di sangue cospargerla si debbe.
- ARRIGO
- Agevol cosa a desïarsi, e scabra
- Ad eseguir. Del giovenil tuo libro
- Dell'Utopia ti mostrerai tu dunque
- Sempre l’autor? Grigia hai la chioma, e visto
- Hai dagli alti gradini del mio trono
- Dell’inquïeta umanità gl’insani
- Moti complicatissimi; e ancor sogni
- Poter que’ moti regolarsi ognora
- Dal voler di chi regna? Eh via, concedi
- Ch’ arduo socïal bene oprare in guisa
- Non vïolenta mal si può. L’oprai
- Questo ben periglioso; ed hammi cure
- Molte costato, e molti errori forse
- E molta ne’ miei sudditi maligna
- Ingratitudin. Ma l’oprai! Volgari
- Ragionamenti m’abbagliaron forse,
- Ma non volgare è il mio coraggio, e tema
- D’esser vil nella storia in me non cape.
- MORO
- Vil, no, non vi dirà, ma.....
- ARRIGO
- Ti consiglio
- Di far senno, e pensar, che qui mutarsi
- Non già il tuo re; tu il dèi. Volli rispetto
- Del tuo ingegno portare alla grandezza,
- A’ tuoi lunghi servigi, alla tua fama,
- Pace tra noi possibil desïando.
- Oggi a me stesso, al mio regal decoro
- Debitor son d’esigerla, o por fine
- Con esemplar castigo alla tua audacia.
- Vuoi tu?.....
- MORO
- Ingannarvi, o sir? Nol vorrei mai.
- Ingannar me medesimo, e innocenti
- Fingermi l’opra d’un regno di sangue?
- S’anco il volessi, non potrei.
- ARRIGO
- Tu pensi
- In tua arroganza, che il tuo merto basti
- Dalla scure a salvarti. Erri.
- ANNA
- Con ira
- Questo colloquio non si sciolga. Il Cielo,
- Da tal colloquio fa dipender oggi
- D’Inghilterra la sorte.
- ARRIGO
- I giuramenti
- Che presta ogni Britanno, e Moro presti.
- MORO
- Fede al mio re giurai; fede gli tenni.
- ARRIGO
- Obbedïenza del tuo re alle leggi!
- MORO
- Quando a giustizia, a Dio non son contrarie.
- ARRIGO
- A Dio contrarie leggi io non impongo.
- MORO
- La libertà del credere è vietata
- Con catene e supplizi: ella sia resa,
- E più contrarie a Dio non saran leggi.
arrigo.
- La libertà che invochi era a mio danno,
- A danno della patria astutamente
- De bugiardi cattolici adoprata.
moro.
- Adoprata da’ retti era a dar gloria
- Alla patria ed al ver: io la riclamo
- In nome d’ogni retto.
arrigo.
- O Moro ceda,
- E rïasceso a’ primi gradi il voglio
- Della mia corte, o tremi. Il suo rifiuto
- Di sancir mio divorzio e la riforma
- A lui non sol morte sarà, ma a tutti
- Suoi colpevoli amici.
moro.
- Il so, dannato
- Già di Rocester è il pastor! ripiene
- Ahi d’innocenti vittime son tutte
- Del regno le prigioni!..... Inorridisco,
- Ma quei capi carissimi non posso
- Dalla scure sottrarre, al patto infame
- D’apostasia.
arrigo.
- Morran!
moro.
- Dio salveralli
- Colà dove di forti odio non giunge.
- ARRIGO
- Più in là che a re non lice, io la mia grazia
- Ver te recai, superbo. Ora è tua colpa,
- Se il nodo, ch’ io scior non volea, è spezzato.
- ANNA
- Deh! ferma, sire!
- ARRIGO
- In carcer ricondotto
- Venga costui; si convochi il giudizio
- Per condannarlo, e lui preceda intanto
- Alla mannaja il vescovo suo amico. (Parte.)
MORO, ANNA, CROMWELL
- ANNA
- Commosso sei. T’arrendi; ancor è tempo.
- Il re ancor placherò.
- MORO
- Commosso io sono
- Di pietà per gli amici..... e pe’ miei figli.....
- E per la patria..... e per te stessa, a cui,
- Se il truce re non fuggi, orrenda fine
- Sovrastar veggo.....
- ANNA
- Arrenditi.
- MORO
- A niun prezzo
- Uomo ad infamia indur giammai non dessi.
no match
modifica- ANNA
- Non perirà sì nobil petto: udrammi
- Arrigo ancor. (Parte.)
MORO, CROMWELL
- CROMWELL
- Malgrado tuo, turbato
- Ti veggio, o Moro. Se pentito fossi.....
- Niun più di me d’Arrigo volge il core;
- Giovar ti posso. - Disprezzanti sguardi
- Sovra me scagli, e non rispondi? - Olà.
- (Vengono guardie, Cromwell accenna loro
- di ricondurre il prigioniero. Questi le segue e
- Cromwell parte da altro lato fremendo.)