Timeo/Capitolo VII

Capitolo VII

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VII.

Ciò ch’è generato, dee essere corporale, e visibile, e palpabile. Ma niuna cosa mai sarebbe visibile senza fuoco; nè palpabile senz’alcuna solidezza; e nè anche poi solida, senza terra. Onde, messosi Iddio a comporre l’universal corpo, sì ebbelo fatto di terra e fuoco. Ma non può essere che siano due cose sole legate [p. 23 modifica]speciosamente senza una terza; imperocchè necessità è che alcuno legame sia in mezzo di loro, il quale le congiunga. E il più bello de’ legami quello è, che faccia di sè e delle cose che lega, quanto esser può, uno. E la proporzione fa ciò in forma bellissima: imperocchè, quando di tre numeri o corpi o potenze quali si vogliano, il primo sia verso al medio, ciò che il medio è verso all’ultimo; e, novamente, ciò che l’ultimo è verso al medio, il medio sia verso al primo; allora divenendo il medio primo e ultimo, e l’ultimo e il primo divenendo medii, tutti divengon medesimi fra loro necessariamente; e medesimi divenuti fra loro, tutti sono uno.

Ora se il corpo del mondo avea a essere piano, senza profondità alcuna, un solo medio bastava per collegare i contrarii fra i quali fosse posto, e sè con quelli. Ma ei conveniva che fosse solido; e i solidi non si concordano insieme con un medio solo, ma sì con due ogni volta. E però Iddio, posto acqua e aria in mezzo a fuoco e terra, e proporzionatili fra loro quanto si poteva più, a un medesimo modo; sicchè quello che fuoco fosse verso ad aria, fosse aria verso ad acqua, e quello che aria fosse verso ad acqua, fosse acqua verso a terra; sì collegò e compose un corpo visibile e palpabile. Per queste ragioni, di questi corpi, quattro di numero, così fu generato il corpo del mondo, che esso per proporzione consente seco medesimo, e s’aduna seco medesimo con tanto affetto, che sciogliere non lo può niuno, se non colui che l’ebbe legato. [p. 24 modifica]

La mondana fabbrica ricevette in sè tutto quanto ciascuno dei quattro corpi sopradetti; imperocchè Iddio compose il mondo di tutto il fuoco e acqua e aria e terra, non lasciando fuori niuna parte o valore di niuno di quelli. In prima, perchè il mondo fosse, quanto poteva, animale perfetto, e di perfette parti; e, oltre a ciò, perchè fosse uno, non essendo lasciata materia donde generare si potesse un altro simigliante: e poi ancora perchè egli fosse senza morte e vecchiezza; avvisando bene Iddio, che il caldo, il freddo e tutte l’altre cose che hanno forte possanza, stando di fuori ai corpi e quelli fuori di tempo assalendo, li sciolgono, e, inducendo morte e vecchiezza, sì li fanno venire a corruzione. Per tal cagione e ragione Iddio lo fe’ uno e tutto, compiuto e di compiute parti, e perpetuamente sano e giovine; e diedegli figura alla natura di lui assai convenevole. E da poi che all’animale deputato a raccogliere dentro sè tutti gli altri animali quella figura si conveniva, la quale dentro sè raccoglie tutte le figure; per questo lo torniò in forma di sfera, il mezzo da ogni parte rimoto dagli estremi egualmente, dandogli di tutte le figure quella più perfetta e simigliante più a sè medesima, giudicando più bello infinite volte ciò che simile è, che ciò che è dissimile. E liscio lo fe’ studiosamente di fuori tutto intorno, per molte ragioni: perocchè niente avea bisogno di occhi, chè non era rimasta fuori niuna cosa a vedere; nè di orecchi, chè nè anco rimasta era fuori cosa niuna a udire; e non era nè anche aria d’attorno, sì che bisogno avesse di respirare; [p. 25 modifica]e similmente non avea bisogno di alcuno organo a fine di ricevere nutrimento, e, patito che lo avesse, mandarne via il soperchio, perchè, se nulla ci era, egli non perdeva nulla, e nulla non se gli aggiungeva di dove che sia; e fu generato così per magisterio di arte, che egli trae suo nutrimento della corruzione sua medesima, e di tutto in sè e di per sè fa e patisce: perchè il Componitore pensò che meglio era il mondo bastando a sè medesimo, che se avesse mai avuto bisogno di altre cose. E mani, le quali non gli bisognavano niente per cagion di pigliare o respingere alcuna cosa, non credette bene Iddio appiccargliene vanamente; nè piedi o altro per lo ministerio dell’andare, avendogli assegnato movimento convenevole al corpo suo, cioè, dei sette, quello che più fa all’intelligenza e alla mente. Ond’egli menando lui intorno, in una medesima forma, in un medesimo spazio, in lui medesimo, sì il fe’ volgere in giro, privandolo di tutte l’altre specie di moti e dei lor vagamenti. E da poi ch’egli non avea bisogno di piedi per questo suo rigirare, Iddio il generò senza gambe e piedi.

Note