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mente senza una terza; imperocchè necessità è che alcuno legame sia in mezzo di loro, il quale le congiunga. E il più bello de’ legami quello è, che faccia di sè e delle cose che lega, quanto esser può, uno. E la proporzione fa ciò in forma bellissima: imperocchè, quando di tre numeri o corpi o potenze quali si vogliano, il primo sia verso al medio, ciò che il medio è verso all’ultimo; e, novamente, ciò che l’ultimo è verso al medio, il medio sia verso al primo; allora divenendo il medio primo e ultimo, e l’ultimo e il primo divenendo medii, tutti divengon medesimi fra loro necessariamente; e medesimi divenuti fra loro, tutti sono uno.

Ora se il corpo del mondo avea a essere piano, senza profondità alcuna, un solo medio bastava per collegare i contrarii fra i quali fosse posto, e sè con quelli. Ma ei conveniva che fosse solido; e i solidi non si concordano insieme con un medio solo, ma sì con due ogni volta. E però Iddio, posto acqua e aria in mezzo a fuoco e terra, e proporzionatili fra loro quanto si poteva più, a un medesimo modo; sicchè quello che fuoco fosse verso ad aria, fosse aria verso ad acqua, e quello che aria fosse verso ad acqua, fosse acqua verso a terra; sì collegò e compose un corpo visibile e palpabile. Per queste ragioni, di questi corpi, quattro di numero, così fu generato il corpo del mondo, che esso per proporzioni consente seco medesimo, e s’aduna seco medesimo con tanto affetto, che sciogliere non lo può niuno, se non colui che l’ebbe legato.