Rime (Guittone d'Arezzo)/Tanto sovente dett'aggio altra fiada

Tanto sovente dett'aggio altra fiada

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Guittone d'Arezzo - Rime (XIII secolo)
Tanto sovente dett'aggio altra fiada
O dolce terra aretina O bon Gesù, ov'è core


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XXXIV

Quali sono le cose gradite nel mondo.


     Tanto sovente dett’aggio altra fiada
de dispiacenza e de falso piacere,
che bel m’è forte ed agradivo or dire
ciò che de vero grado in cor m’agrada.
5Primamente nel mondo agrado pace,
unde m’agrada vedere
omo e robba giacere
in boschi, al certo, sí come in castelli;
e m’agrada li agnelli
10lungo i lupi veder pascere ad agio;
e m’agrada a misagio
rappador saver tutti e frodolenti;
e agradami veder fuggir carizia,
sorvenendo devizia
15e abondanza, che pasce e che reface
tutte affamate genti,
unde vanno gaudenti
giocundando e laudando esso che ’l face.
     Ben m’è saver de re che vizi scusa
20e casto e mansueto e pur se tegna,
nel cui regno ragion, non forza, regna,
e che l’altrui non cher, né ’l suo mal usa;
e bel m’è manto alt’omo umil savere;
e bel m’è forte segnore
25che rende salute e amore
a soi debel vicini; e bel me sae

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omo ricco, che strae
la mano sua d’onne larghezza vana,
e la stende e la piana
30a lemosina far d’allegro core.
Bello m’è giovan om semplice e retto
d’onne laidezza netto;
e bello vergognar veglio e dolere
di che fue peccatore
35contra Dio nostro segnore,
e bel se mendar sa a so podere.
     Piacemi cavalier che, Dio temendo,
porta lo nobel suo ordine bello;
e piacem dibonare e pro donzello,
40lo cui desìo è sol pugnar servendo;
e giudice, che ’n sé serva ben legge
e non torto defende;
e mercante, che vende
ad un ver motto e non sua robba lauda;
45e pover, che non frauda,
né s’abandona giá, né se contrista,
ma per affanno acquista
che lui è necessaro, e se contene
en el suo poco, tutto allegramente.
50E forte m’è piacente
omo, che ben ’n aversitá si regge;
e sorpiace chi bene
onne ingiuria sostene,
e chi ha ’n sé e chi ben predica elegge.
     55E deletto veder donna, che porta
a suo segnor fede amorosa e pura,
e che dá pace, e che piacer lui cura,
e saggiamente, se falla, il comporta;
e donna bella che bellezza obria;
60e onni donna e donzella,
che basso e rado favella,
e ch’ha temente e vergognoso aspetto.

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Veder forte deletto
donna, che sommette e castitate
65bellore e gioventate,
e via piú s’ha marito avoltro e brutto;
e donna, ch’è vedova sola, ed hae
briga e famiglia assae,
veder ch’acquisti, tegna, tolla e dia
70con ardimento tutto
pregio prendendo e frutto,
lungiando a sé peccato e villania.
     Sami bon papa, la cui vita è luce,
al cui sprendor ciascun mal far vergogna,
75ed al cui specchio s’orna ed a ben pugna,
unde guerra diparte e pace aduce;
e perlato, la cui operazione,
abito albo ed officio,
paga ben quel beneficio
80e quella degnitá, che data è lui;
e religioso che, poi
.    .    .    .    .    .    .    .    .    
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
parte del mondo, no nel mondo sede;
85e gentil giovane omo e dilicato,
che ben porta chercato
poi d’onne parte incontra ha gran campione;
e mastro in nostra fede,
la cui vita fa fede
90che solo in nostra legge è salvazione.
     Agrada e piace e sa bel forte e bono
pensar la benivel bontate
e l’entera e ver pietate
di quel giudice eterno, en cui potenza
95resta la mia sentenza;
e m’adolza lo cor sovente audire
la fermezza e l’ardire
de li antichi cristian bon cavaleri:

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ahi, che dolz’è membrar la pacienza
100e la grande astenenza
e l’ardor de lor gran caritate,
e come al martir gion costanti e feri,
non certo men volonteri
che pover giocolaro a grande dono
105e basso cherco a sua gran degnitate.