L - Bonaparte parla al Direttorio dello stato della Lombardia, degli affari di Modena, e di Parma, e della condotta del general Willot

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L - Bonaparte parla al Direttorio dello stato della Lombardia, degli affari di Modena, e di Parma, e della condotta del general Willot
XLIX LI



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Dal Quartier Generale di Milano li 11 vendemmiale anno 5

(2 Ottobre 1796)


L - Al Direttorio esecutivo.


Il popolo di Lombardia ogni giorno vie più si dichiara, ma evvi una classe molto considerabile, che desidererebbe, prima di spingere l’Imperatore alla guerra, di esservi invitata da un proclama del Governo, il quale fosse una specie di garanzìa dell’interesse che la Francia prenderà alla pace generale per questo paese.

Questa risoluzione del governo, ed il decreto che stabilirebbe un governo regolatore, e che riconoscerebbe fin d’oggi l’independenza della Lombardia, con alcune modificazioni per la durata della guerra, procurerebbe all’armata un soccorso di 3, o 4 mila uomini. Le ruberie che si commettono sono innumerabili; in mezzo alla guerra non mi è stato possibile di gettarvi uno sguardo severo; ma presentemente, nel mio soggiorno a Milano, che mi è permesso dalle circostanze, vi prometto di far loro una guerra viva; vi avviserò subito che il Consiglio ne avrà fatti giustiziare una dozzina. Da ora innanzi il popolo di Lombardia più felice, sentirà meno il peso dell’armata, e sarà meno soggetto alle vessazioni. Non si può dir così dell’infelice popolo mantovano. La natura freme pensando all’immensità dei malvagi, che devastano questo paese.

Io per alleggerire il male ho fatto alcuni preparativi. Bologna, e Ferrara non avendo truppe sono le più avventurose di tutte: vi sono stati stabiliti dei sorvegliatori; se essi fanno come gli antichi agenti militari della Lombardia, di cui la maggior parte si è posta in salvo colla cassa, essi porteranno la desolazione in questo bel [p. 87 modifica]paese. Io prenderò cura di farmene render conto. Reggio ha fatto la sua rivoluzione, ed ha scosso il giogo del Duca di Modena. È questo forse l’unico paese d’Italia che si sia dichiarato maggiormente per la libertà. Modena aveva tentato di far lo stesso; ma i mille 500 uomini che il Duca vi tiene per guarnigione, hanno fatto fuoco sul popolo, ed hanno dissipato il tumulto.

Io credo che la cosa più espediente sarebbe, dichiarare rotta la tregua, atteso che egli è ancora debitore di 5, in 600 mila lire, e di porre questa piazza nello stato di Bologna, e Reggio. Sarebbero tanti nemici che avremmo di meno, poiché la Reggenza non dissimula il timore che noi gli incutiamo, e l’allegrezza che essa prova dei successi dei nemici. Vi prego a volermi sopra di ciò dare i vostri ordini.

Credo che non bisogni lasciar questo Stato nella situazione d’incertezza in cui si trova, ma dichiare al plenipotenziario che avete a Parigi, rotte le negoziazioni. In luogo di avere un nuovo nemico avremo al contrario dei soccorsi, e degli alleati nei popoli riuniti di Modena, e di Reggio. Frattanto siccome l’aspetto degli affari cangia ogni 15 giorni in questo paese, poiché seguita le operazioni militari, e siccome sarebbe necessario che la vostra rottura con Modena non accadesse in un istante in cui non potessi disporre di mille 500 uomini, (lo che potrò dentro alcuni giorni) per stabilire un nuovo ordine di cose in questo paese, così voi potrete dichiarare all’Inviato di Modena, che mi avete fatto intendere le vostre intenzioni, e che m’incaricate della conclusione della pace col suo Principe. Egli verrebbe al Quartier Generale, avendo voi cura di significarli che vi si trovi prima di 12 giorni. Allora gli dichiarerei che tutti i trattati son rotti: nel medesimo istante le nostre truppe entreranno in Modena, faranno deporre le armi alla guarnigione, prenderanno per ostaggi i più accaniti aristocratici, e porranno negl’impieghi di Modena gli amici della libertà. Voi avrete allora Modena, Reggio, Bologna, e Ferrara, dove la massa del popolo s’imbeve ogni giorno più dei principj di libertà, dove la maggior parte ci riguarda come liberatori, e la nostra causa [p. 88 modifica]come la loro. Gli stati di Modena si estendono fina a Mantova; voi sentite quanto ci è interessante di averci, invece di un governo nemico, un governo simile a quello di Bologna, che ci sarebbe intieramente favorevole. Noi potremmo, nella pace generale, dare lo stato di Mantova al Duca di Parma; il che sarebbe una cosa politica sotto tutti i rapporti: ma sarebbe utile che voi ciò faceste conoscere all’Ambasciadore di Spagna, perchè questo torna a pro del Duca di Parma; cosa che lo impegnerebbe a renderci molti servigi. Poichè siamo alleati colla Spagna, non sarebbe poco che il Duca di Parma unisse alla nostra armata uno dei suoi reggimenti di 7, o 800 uomini: avrei allora disponibile un egual numero di nostre truppe, e tutti gli abitanti del Ducato di Parma riguarderebbero la nostra causa come la loro: il che è sempre molto.

Io impiegherei questo corpo contro Mantova, o per la scorta dei prigionieri, e dei convoj, cosa che la nostra gente fa malissimo: di quattro mila prigionieri se ne salvano ordinariamente mille, il che deriva dal piccolo numero di guardie, che posso mettervi. Ho procurato per le scorte 400 uomini milanesi, e ciò mi è perfettamente riuscito; bisognerebbe ancora che il Duca fosse obbligato a fornirci un battaglione di guastatori composto di 600 uomini con gli arnesi da campagna. Lontani come siamo dalla Francia, sarà per noi un buon soccorso l’alleanza di questo Principe, essendo i suoi stati situati sul teatro della guerra. I Barbetti infestano le nostre comunicazioni; non sono essi più assassini isolati, ma sono corpi organizzati di 4, o 500 uomini. Il generale Garnier alla testa di una colonna mobile, che io ho organizzato, occupa in questo momento Tenda; ne ha arrestati, e fatti fucilare una dozzina. L’amministrazione del dipartimento del Varo ha ricusato di somministrare 200 uomini, i quali ho requisiti per formare questa colonna mobile. Il Generale Willot non solo ha ricusato di obbedire ad un ordine, che ho dato per la partenza del decimo battaglione dell’Aine, ma ancora ha ritenuto l’undecima mezza Brigata che il Generale Chateau-neufrandon mandava all’armata, ed uno squadrone del diciottesimo [p. 89 modifica]reggimento dei Dragoni. Questo Generale ha frattanto 8,000 uomini nella sua divisione, truppe bastanti per conquistare il mezzogiorno della Francia, se si rivoltasse.

Tengo in freno, ed amministro la polizia in un paese nemico più esteso che tutta la sua divisione con 8, o 900 uomini. Questo Generale ha dell’idee troppo esagerate, ed abbraccia troppo le varie opinioni dei partiti, che dividono la Francia, per poter mantenere l’ordine nel mezzogiorno, senza un’armata potente. Il Generale Willot ha servito nel principio della rivoluzione nell’armata d’Italia; egli gode la riputazione d’uomo bravo, e di buon militare; ma di realista ostinato. Non conoscendolo, né avendo avuto tempo di esaminare le sue operazioni, sono ben lungi dal confermare questo giudizio, ma ciò che sembra ben certo è che agisce nel mezzogiorno, come nella Vandea, lo che è un buon mezzo per farne nascere un’altra.

Quando non si ha riguardo ad alcuna autorità costituita, quando si chiamano in massa tutti gli abitanti di più dipartimenti indegni del nome di cittadino, o si vuol formarsi un’armata considerabile, o far nascere la guerra civile: non vedo un partito di mezzo. Se lasciate il General Willot a Marsiglia bisogna darli un’armata di 20,000 uomini, o prepararsi alle scene più lagrimevoli. Quando una città è in stato di assedio, mi sembra che un capo militare divenga una specie di magistrato, e debba condursi con quella moderazione, e prudenza che le circostanze esigono, e non debba essere uno strumento di partito, un uffiziale di vanguardia.

Io vi pongo sotto gli occhi tutte queste riflessioni per la necessità specialmente che ho di avere delle truppe.

Vi prego ancora a togliere di sotto ai miei comandi l’ottava divisione, perché i principj e la condotta del General Willot non son quelli che deve avere nel suo grado, ed io mi credei disonorato vedendo in un luogo ove comando, formarsi un fermento di dissensione, e di soffrire che un generale sotto i miei ordini non sia che uno strumento di fazione. Per la sua disobbedienza, e per la sua insubordinazione, egli è causa degli orrori, che si commettono in questo tempo nel dipartimento [p. 90 modifica]dell’Alpi marittime. Il convojo dei quadri, e altri monumenti d’Italia, è stato obbligato a rientrare in Cuneo, altrimenti sarebbe stato preso dai Barbetti.

Se il Generale Willot non obbedisce nel momento all’ordine che gli ho dato di far partire la ottantesimaterza mezza brigata, il mio progetto è di sospenderlo dalle sue funzioni. Nizza stessa in questo momento non è sicura. I Barbetti prendono le loro forze dal reggimento provinciale di Nizza, che il Re di Sardegna ha congedato: forse sarebbe utile fare un corpo particolare di tutti gli abitanti dell’Alpi marittime, che erano arruolati nel reggimento provinciale, e nel corpo franco nel tempo della guerra. Si potrebbe in questo caso dichiarare, che essi non riacquisteranno i loro diritti di cittadino, che dopo aver servito due anni sotto le bandiere della Repubblica. Ho scritto al ministro degli affari esteri, ed allo stesso Re di Sardegna delle lettere molto risentite. Spero che ogni giorno il numero di quei briganti sarà meno formidabile.

Ho mandato a Turino il cittadino Poussielgue segretario di legazione a Genova, per scandagliare esattamente le disposizioni di questo gabinetto per un trattato di alleanza; esso ci abbisogna o con questo principe, o colla Repubblica di Genova. Aveva perfino desiderato una conferenza col ministro degli affari esteri del Re di Sardegna, ma non ha potuto combinarsi.