Suoi figli, e la magion del suo riposo
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LXXXIV
IV
Strofe.
Suoi figli, e la magion del suo riposo
Brama in campo il guerriero;
E più forse il nocchiero
De’ suoi tranquilli alberghi è desioso,
5Allor, che stanco ei mirasi
In Ocean che adirasi.
Antistrofe.
Ma non men l’alma de’ Cantori egregi
Ama l’alma quiete,
Quando sottrarre a Lete,
10O contra invidia vuole armare i Regi,
Per la cui man s’indorano
Le cetre che gli onorano.
Epodo.
Io che riposo godo
Oltra l’usato modo,
15Alta d’Urban mercè,
Dritto è che per lui scriva
Bella canzone Argiva,
Tributo di mia fè.
Strofe.
Chi tacerne potria? poichè si vede
20Dal cielo al fin discesa
Astrea non vilipesa;
E Cerere di qui non muover piede;
E Bacco ad ognor piovere
Da viti mai non povere.
Antistrofe.
25Pastorella al mattin con sua famiglia
Guida tra selve armenti,
Nè delle faci ardenti
Di condannato amor temenza piglia;
Che solo i fochi splendono,
30Che ad Imeneo s’accendono.
Epodo.
L’usurier, come suole,
Con le Cerberee gole
Qui divorar non sa;
E l’arte degl’inganni,
35Di qui spiegando i vanni,
Al Tartaro sen va.
Strofe.
O gran monarca de’ Pastor divini,
Che gire al cielo inviti,
Son tuoi pregi infiniti;
40Ed io ne godo: i saltator delfini
In lago non si mirano,
Ma per lo mar si girano.
Antistrofe.
E se Atropo comparte al viver mio
Alquanto de’ suoi stami,
45Farò che indarno brami
Tue glorie il tempo ricoprir d’obblio:
Le Dive me n’affidano,
Che sul Parnaso guidano.
Epodo.
Or tu dall’alte cime,
50In che siedi sublime,
Volgi lo sguardo in giù;
E gradisci mie voci,
Che volano veloci
Serve di tua virtù.