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del chiabrera 59

Strofe.
In Erimanto
     Gli si diè vanto
     Di tranquillar le selve:
     40Spense in Nemea
     La belva rea,
     Terror dell’altre belve.
Antistrofe.
Che non si disse?
     Nesso trafisse
     45Con ammirabil arco:
     Nè venne manco
     Al moro stanco
     Sotto l’etereo carco.
Epodo.
Scese nell’Erebo,
     50E fuor di Tenaro
     Condusse a’ rai del Sole
     Con mano intrepida
     I gridi indomiti
     Delle Cerberee gole.
Strofe.
55Cotal ragiona
     Lungo Elicona
     Clio che fiorita splende;
     E co’ suoi carmi
     Di certo parmi
     60Ch’ella ciò dirne intende.
Antistrofe.
I mostri spegne
     Chi voglie indegne
     Dentro se stesso ancide;
     E s’altri giova
     65Con nobil prova,
     Ei può nomarsi Alcide.
Epodo.
Cotal si nomini
     Urban Pontefice:
     Ei pien d’alta virtute,
     70Ei mai non posasi:
     Ei sempre impiegasi
     Pur per altrui salute.

LXXXIV

IV

Strofe.
Suoi figli, e la magion del suo riposo
     Brama in campo il guerriero;
     E più forse il nocchiero
     De’ suoi tranquilli alberghi è desioso,
     5Allor, che stanco ei mirasi
     In Ocean che adirasi.
Antistrofe.
Ma non men l’alma de’ Cantori egregi
     Ama l’alma quiete,
     Quando sottrarre a Lete,
     10O contra invidia vuole armare i Regi,
     Per la cui man s’indorano
     Le cetre che gli onorano.
Epodo.
Io che riposo godo
     Oltra l’usato modo,
     15Alta d’Urban mercè,
     Dritto è che per lui scriva
     Bella canzone Argiva,
     Tributo di mia fè.
Strofe.
Chi tacerne potria? poichè si vede
     20Dal cielo al fin discesa
     Astrea non vilipesa;
     E Cerere di qui non muover piede;
     E Bacco ad ognor piovere
     Da viti mai non povere.
Antistrofe.
25Pastorella al mattin con sua famiglia
     Guida tra selve armenti,
     Nè delle faci ardenti
     Di condannato amor temenza piglia;
     Che solo i fochi splendono,
     30Che ad Imeneo s’accendono.
Epodo.
L’usurier, come suole,
     Con le Cerberee gole
     Qui divorar non sa;
     E l’arte degl’inganni,
     35Di qui spiegando i vanni,
     Al Tartaro sen va.
Strofe.
O gran monarca de’ Pastor divini,
     Che gire al cielo inviti,
     Son tuoi pregi infiniti;
     40Ed io ne godo: i saltator delfini
     In lago non si mirano,
     Ma per lo mar si girano.
Antistrofe.
E se Atropo comparte al viver mio
     Alquanto de’ suoi stami,
     45Farò che indarno brami
     Tue glorie il tempo ricoprir d’obblio:
     Le Dive me n’affidano,
     Che sul Parnaso guidano.
Epodo.
Or tu dall’alte cime,
     50In che siedi sublime,
     Volgi lo sguardo in giù;
     E gradisci mie voci,
     Che volano veloci
     Serve di tua virtù.

LXXXV

V

Strofe.
Per alcun non si creda,
     Che ’l mio cantar sopra l’Inachia cetra
     Dell’obblio vada in preda,
     O tra’ venti dispergasi,
     5O nell’onda del mare unqua sommergasi.
Antistrofe.
Vero è che d’Arno in riva
     Cigno frenava ed Aquiloni ed Austri,
     Allor ch’egli si udiva;
     Ma fur sue voci tenere
     10Scherzo d’Amore e di piacevol Venere.
Epodo.
Su Dirce, non d’amanti
     Sereni occhi e sembianti,
     Ma fur prese a lodar destre scettrate;