Sull'erba fresca, e tra le verdi piante

Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Sull’erba fresca, e tra le verdi piante Intestazione 21 gennaio 2024 75% Da definire

Ario, Nestorio, a rimembrarsi orrore Nel teatro del Mondo
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni morali di Gabriello Chiabrera
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IV

PER GIOVANNI CALVINO.

Sull’erba fresca, e tra le verdi piante
     Dell’Eliconio monte
     Sgorga riposto un fonte
     Rumoreggiando di bollor spumante,
     5E tale a rimirar torbido e fosco,
     Che non acqua di Febo, anzi par tosco.
Quivi Euterpe m’addusse; ivi mi prese
     Non bassa meraviglia.
     Ella quinci le ciglia
     10A me prima rivolse indi cortese
     Così disciolse a favellar la voce,
     Che tra perle e rubin mosse veloce:
Quando al Coro Febéo spirto diretto
     Scelleratezze orrende
     15Sdegnoso a cantar prende,
     Allora ei di quest’onda inebbria il petto;
     Che se virtute celebrar si dee,
     Il puro argento d’Ippocrene ei bee.
A sì fatto ruscel fátti vicino,
     20Ed irrigane il seno;
     Poi di giusto veneno,
     Se pur altro non puoi, spruzza Calvino.
     Ella sì disse: io bevvi, e su quell’ora
     Forte la lingua mia venne canora.
25E ben facea mestier; chi dir bastante
     Era d’un sì perverso,
     Che qui per l’Universo
     Latrando vomitò rabbie cotante?
     E non trovò nel ciel loco tant’alto,
     30Che bestemmiando non gli desse assalto.
Negli Apostoli pria l’ira spietata
     Dell’atra lingua ei stese;
     Poscia a riprender prese
     L’intemerata Vergine sacrata;
     35Ed all’eccelso Redentor superno
     Osò dar colpa, ed assegnò l’inferno.
Quando tai note l’esecrabil scrisse,
     O de’ lumi celesti
     Fontana, o Sol, che festi?

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     40Non t’adombrasti di ben folto eclisse?
     Il corso indietro non volgeste, o fonti?
     E per orror non vi spezzaste, o monti?
Ah trabocchi nel centro, ah si disperga
     La terra, ove ci ci nacque;
     45Ah nel grembo dell’acque
     Ginevra s’inabissi, e si sommerga;
     E dove il traditor facea soggiorno,
     Adombri notte, e non mai splenda il giorno.
Qual dassi infamia d’Erimanto al chiostro?
     50Oro era il tempo antico:
     Il mostro, di che dico,
     Ben può colmar d’infamia il secol nostro;
     Sì funesto leon Nemea non scerse,
     Teste di tanto tosco Idra non erse.