Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
del chiabrera | 91 |
II
PER LO MEDESIMO.
Popol, che saggio e pio
A bella verità volgi il pensiero,
Che l’empio ed esecrabile Lutero
Unqua adorasse Dio
5Non creder tu giammai; finse adorarlo,
E trasse indi cagion di bestemmiarlo.
Dio, diremo, adorarsi
Ove è fango l’onor de’ Sacramenti?
Ove a terra ne van sacri Conventi?
10Ove gli Altar son arsi?
Ove son spenti i messaggier del Cielo?
Ove favola vien l’almo Evangelo?
Odo ben io, che dice
Lingua di vulgo: or s’egli al Ciel fe’ guerra
15Infra vizj cotanti, ond’è, che in terra
Visse vita felice?
Dorme il Signor, che l’Universo affrena?
O del peccar felicitate è pena?
Non dorme, no: rimira
20Con occhio invitto il Regnator superno.
E sopra i peccator col braccio eterno
Vibra fulmini d’ira.
Sciocca è la plebe: ove sembrò contento,
Carco Lutero fu d’aspro tormento.
25Se riputiam mal nato
Altri, che adombra, e che degli occhi è cieco,
Chi lume di ragion non ha più seco
Appellerem beato?
Uom, che per guisa tal bearsi brama,
30Solo per la sembianza Uomo si chiama.
Uomo Lutero? e quando
Di sì bel nome il traditor fu degno?
Allor che il Purgatorio ebbe a disdegno,
O pure allor che bando
35Diede alle Messe, e tra’ femminei vezzi
Tutta squarciò la bella Fede in pezzi?
III
PER LO MEDESIMO.
Ario, Nestorio, a rimembrarsi orrore,
Odio dell’Universo, alme esecrate,
Rivolti a ricercar la Deïtate,
Dal verace sentier corsero fuore;
5E fatti infermi e lassi
Caddero al fin tra malagevol passi.
Folle desío d’alto sapere in scuola
Errare il fece, ed oltraggiar la Chiesa:
Ma d’onor condannato empia contesa,
10Ma ria superbia, ma lussuria, e gola,
Tratto dal cammin vero
Fatto ha pur dianzi ereticar Lutero.
Ei su celesti carte alti segreti
Cercar non volle; volle empi diletti,
15Disfratato fuggir da’ sacri tetti
Sprezzar del Vatican saldi decreti,
Prender i voti a scherno,
E cosparger d’obblío Cielo, ed Inferno.
O bella un tempo, e di virtute al Mondo
20Chiara Germania, e come avvien che adori
Un che spinto da rabbie e da furori
È d’ogni vizio traboccato in fondo?
Negalo tu, se puoi;
Ma che si può negar de’ furor suoi?
25Ei già ti pose smaniando in guerra;
Mantice immenso a’ tuoi disdegni ardenti;
E quando trascorrean larghi torrenti
Di nobil sangue ad inondar la terra,
Allor su i campi ancisi
30Qual trïonfante sollevava i risi.
Piangean le Madri, e riponean le Spose
Lor cari amor sotto i funesti marmi,
Ed ei nefando eccitator dell’armi
Menava sotto coltre ore giojose
35Tra braccia femminili,
O di vin tracannava ampj barili.
A costui giurar fede? Accettar legge
Dal costui cenno? Egli il cammin ti scorge
Da gire al Ciel, Germania? Egli ti porge
40E conforti, e spaventi? Ei ti corregge?
A costui sei divota?
E quale impicchi, e chi vuoi porre in rota?
IV
PER GIOVANNI CALVINO.
Sull’erba fresca, e tra le verdi piante
Dell’Eliconio monte
Sgorga riposto un fonte
Rumoreggiando di bollor spumante,
5E tale a rimirar torbido e fosco,
Che non acqua di Febo, anzi par tosco.
Quivi Euterpe m’addusse; ivi mi prese
Non bassa meraviglia.
Ella quinci le ciglia
10A me prima rivolse indi cortese
Così disciolse a favellar la voce,
Che tra perle e rubin mosse veloce:
Quando al Coro Febéo spirto diretto
Scelleratezze orrende
15Sdegnoso a cantar prende,
Allora ei di quest’onda inebbria il petto;
Che se virtute celebrar si dee,
Il puro argento d’Ippocrene ei bee.
A sì fatto ruscel fátti vicino,
20Ed irrigane il seno;
Poi di giusto veneno,
Se pur altro non puoi, spruzza Calvino.
Ella sì disse: io bevvi, e su quell’ora
Forte la lingua mia venne canora.
25E ben facea mestier; chi dir bastante
Era d’un sì perverso,
Che qui per l’Universo
Latrando vomitò rabbie cotante?
E non trovò nel ciel loco tant’alto,
30Che bestemmiando non gli desse assalto.
Negli Apostoli pria l’ira spietata
Dell’atra lingua ei stese;
Poscia a riprender prese
L’intemerata Vergine sacrata;
35Ed all’eccelso Redentor superno
Osò dar colpa, ed assegnò l’inferno.
Quando tai note l’esecrabil scrisse,
O de’ lumi celesti
Fontana, o Sol, che festi?