Storie allegre/Chi non ha coraggio non vada alla guerra/II

Chi non ha coraggio non vada alla guerra - II

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Chi non ha coraggio non vada alla guerra - I Chi non ha coraggio non vada alla guerra - III
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II.


Tutte le mattine che Dio mandava in terra, i sei ragazzi, dopo aver preso con sè il pane e il companatico per fare il rancio, si mettevano in marcia armati di tutto punto, avviandosi a combattere qualche gran battaglia nel vicino bosco, distante forse un chilometro dalla villa.

Arrivati a mezza strada, facevano alto in mezzo a un prato, e lì, sdraiati sull’erba, mangiavano, o, per dir meglio, divoravano il rancio, mentre uno di loro, s’intende bene, rimaneva a far da sentinella avanzata in fondo al prato, per dare il grido d’allarme nel caso che i nemici fossero sbucati fuori all’improvviso.

Ma l’uso della sentinella avanzata durò poco, e vi dirò il perchè. Una mattina toccò a far da sentinella al [p. 128 modifica]trombettiere Arnolfo, un ragazzino che non aveva ancora sett’anni finiti. Arnolfo, ubbidiente ai regolamenti e alla disciplina militare, si rassegnò a fare una mezz’ora di sentinella: ma appena smontato, corse subito in mezzo ai compagni, per farsi dare la sua parte di rancio. E lascio pensare a voi come restò, quando si accorse che i suoi compagni avevano mangiato tutto, diluviato tutto, spolverato tutto: fino i minuzzoli di pane, fin le cortecce del cacio, fin le bucce del salame! Il povero figliuolo, che aveva una fame che la vedeva proprio cogli occhi, trovandosi così barbaramente burlato, cominciò a piangere e a strillare: e il suo strillare fu così acuto e ostinato, che in tutta la storia militare, dalla presa di Gerico fino a noi, non c’è l’esempio d’un altro trombettiere che abbia strillato tanto, quanto lui.

Da quel giorno in poi, in quel corpo d’armata composto di sei ragazzi, non si trovò più un soldato che volesse fare da sentinella avanzata durante l’ora del rancio. Di fronte a un atto così grave d’insubordinazione, la disciplina militare ci scapitò assai; ma lo stomaco dei soldati ci guadagnò dimolto.... e tutti pari.

— E le battaglie combattute da questi piccoli eroi contro chi erano?

— Ve lo dico subito. Appena finito il rancio, l’esercito col suo comandante alla testa si rimetteva in marcia, inoltrandosi a passo di carica dentro il bosco. Giunti dinanzi a una grossa quercia, che aveva più di cent’anni, il generale Leoncino schierava le sue truppe in riga di battaglia, e dopo aver caracollato dinanzi a loro, figurando di essere a cavallo, dopo avere colle parole e coi gesti incoraggiati i soldati alla pugna, dava l’ordine di cominciare [p. 129 modifica]

. . . . .armati di grossi bastoni, principiavano a bastonare furiosamente il tronco della quercia.
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[p. 131 modifica]il fuoco. Allora, tutti i soldati, compreso il trombettiere, armati di grossi bastoni, principiavano a bastonare furiosamente il tronco della quercia; e nel bollor della mischia si sentiva sempre la voce del generale, che gridava: — Avanti! Coraggio, marmotte!... Serrate le file!... Alla baionetta!

Quando i soldati, stanchi trafelati, non ne potevano proprio più, allora buttavano via i bastoni e la battaglia era finita.

E la quercia?... La povera quercia si lasciava tutti i giorni bastonare, senza mai rivoltarsi, senza mai mandar fuori una mezza parola di lamento: solo di tanto intanto scoteva malinconicamente i suoi rami coperti di foglie, quasi volesse dire:

— Poveri ragazzi! lasciamoli fare! Hanno così poco giudizio!... —