Storia di una capinera/IV
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1.° ottobre.
Se sapessi, Marianna! se sapessi!... il peccataccio che ho fatto!... Mio Dio! come avrò il coraggio di dirtelo? Non mi sgridare!... a te, a te sola lo confesserò... ma all’orecchio, veh! e sommessamente.... Non mi guardare in viso!... Abbracciami e ascolta....
Ho ballato!... intendi? ho ballato!... ma senti... non mi sgridare!... non c’era nessuno... il babbo, Giuditta, Gigi, la mamma, Annetta, i signori Valentini... e il signor Nino.... Anzi ho ballato con lui.... Ascolta! mi giustificherò... vedrai che non sono stata io... che non fu mia colpa... che mi costrinsero.... L’altra sera i signori Valentini portarono il loro armonium, suonò Annetta; poi anche Giuditta; ballarono tutti, Annetta, mia sorella, e un poco anche Gigi. Si dovette disfare il letto di mia sorella per formare la sala da ballo. Dopo che Giuditta ebbe finito di ballare, il signor Nino venne ad invitarmi. Io mi sentivo ardere il viso e avrei voluto trovarmi cento piedi sotterra. Balbettavo, non sapevo che dire. Rifiutai, rifiutai venti volte, te lo giuro; tutti ridevano e battevano le mani; il babbo venne a prendermi per la mano, ridendo anche lui, mi accarezzò, mi disse che po’ poi non c’era il gran male a ballare anch’io. Tentai inutilmente far comprendere che non sapevo ballare affatto, che non mi avevano insegnato neanche cotesto; il signor Nino s’impegnò di dirigermi lui; non ci vedevo più, provavo le vertigini, sentivo un ronzìo alle orecchie, e le gambe mi tremavano; mi lasciai condurre, mi lasciai trascinare senza sapere io stessa quello che facessero di me. Quanto soffersi, Marianna!... Eppure... allorché egli mi prese per la mano... allorché mi passò il braccio attorno alla vita... mi sembrò che la sua mano ardesse, che mi bruciasse il sangue in tutte le vene, che mi facesse scorrere un’onda di gelo sino al cuore!... ma nello stesso tempo parvemi che mi confortasse. Il cuore mi si spezzava sentendo battere quell’altro cuore contro il mio! Tutti avranno riso di me! Ridi anche tu. Sì, anch’io adesso ne rido. Chi è delle fanciulle alla nostra età che non abbia ballato almeno venti volte? Chi sa se in principio provarono tutto quello che io provai?... Ma in seguito ti confesso che quella musica, quei volti allegri, le parole che egli susurrava all’orecchio per rincorarmi, la sua mano che stringeva la mia, fecero quasi svanire il mio turbamento, anche direi la vergogna.... Povera Marianna! Non mi rimproverare!... Quasi quasi mi parve d’esser felice....
Marianna mia! perdonami! non lo farò più! Del resto spero che mi lasceranno tranquilla; avranno riso abbastanza della mia tonaca e della mia goffaggine.... anche lui.... il signor Nino.... Ma no! son sicura che egli non volle farmi ballare per ridere di me.... ma la sua intenzione era di farmi piacere.... e difatti, è stato troppo buono per me, per una povera educanda che non sapeva muoversi, che inciampava ad ogni passo, che soffriva di capogiro.... egli che balla così bene! Se tu l’avessi visto ballare con Giuditta!... lei sì che sa ballare, lei!
Dopo si fece un po’ di musica. Annetta e Giuditta cantarono alcune belle ariette da teatro. Vollero in seguito che cantassi anch’io ad ogni costo!... Dimmi tu cosa avrei potuto cantare all’infuori del Salve Regina? Ebbene. Dissero che si contentavano anche del Salve Regina! Volevano prendersi spasso di me certamente, il mio babbo pel primo che mi costrinse a cantare! Nel coro, tu lo sai bene, cantavamo quasi al buio, dietro le gelosie, col velo sul viso, infine tra persone intime; ma cantare lì, allo scoperto, fra tanta gente!... c’era anche il signor Nino!... Pure dovetti cantare! non le parole, s’intende, ma la sola musica. La voce mi tremava, mi mancava il fiato, ebbero però la bontà di essere indulgentissimi, di non ridere, ed anzi di applaudirmi. Pare che la sia davvero una bella musica quella del Salve Regina!... Ho visto il signor Nino così commosso!... e guardarmi con certi occhi!... lui ch’è sempre allegro e motteggevole!
Ti ho scritto tutto quello che faccio, tutto quello che penso, tutti i miei divertimenti, tutti i miei peccatacci, a costo anche di buscarmi da te una ramanzina.... Io non avrei osato confessarmene con quel buon vecchio del nostro cappellano.... Ma se non ti narrassi tutto, sorella mia, se non mi sfogassi con te raccontandoti tutte queste cose, mi pare che esse mi opprimerebbero. Ho bisogno di parlartene a lungo, di rammentarne tutti i particolari, di pensarci sopra, e di parlarne a me stessa, di vederle scritte sopra la carta, di sognarle.... Ci son dei momenti in cui questa folla di pensieri fermenta, e mi riempie la testa di vertigini, mi inebbria, mi stordisce. Son folle, tutte queste nuove sensazioni saranno troppo violente per me, abituata alla pace ed al raccoglimento claustrale. Io son felice di poterne parlare almeno con te, di poter riversare nel tuo cuore quella parte del mio che trabocca.
Scrivimi, scrivimi subito. Non far passare tanto tempo prima di rispondermi. Confortami, discorri colla tua povera amica, ch’è inquieta, sconcertata da tutti codesti rumori, da tutte coteste novità, da tutte coteste nuove impressioni, e trema come un uccelletto, spaventato persino dai curiosi che stanno ad osservarlo, i quali non avranno certamente intenzione di fargli del male, ma gliene ne fanno col solo stargli d’attorno.
Vorrei piangere, vorrei ridere, vorrei cantare, vorrei stare allegra. Ho bisogno di una tua lettera. Ho bisogno di parlare con te, intendi? Abbracciami, Marianna mia... Se potessi piangere, e nasconderti il viso in seno!...