Storia di Torino (vol 1)/Dedica
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AL CONTE
FILIBERTO
AVOGADRO DI COLOBIANO
CAVALIERE D’ONORE E GRAN MASTRO DELLA CASA
DI S. M. LA REGINA MARIA CRISTINA,
GENTILUOMO DI CAMERA DI SUA MAESTA,
PRIMO SEGRETARIO IN SECONDO DEL G. MAGISTERO DE’ SS. MAURIZIO E LAZZARO,
CAVALIERE DI GRAN CORDONE DELLO STESSO ORDINE
E DI QUELLO DI S GREGORIO MAGNO,
CAV. DELL’ORDINE PONTIF. DI CRISTO COLLE INSEGNE IN DIAMANTI,
E DELL’ORDINE DI S. GENNARO, COMM. DELL’ORD. DELLA LEGION D’ONORE
E DELL’ORD. DI LEOPOLDO D’AUSTRIA, ECC.
È gran ventura all’incontro la confidenza d’un principe quando si posa su uomo che tutta comprende l’altezza di sua nobil missione; che solleva i proprii concetti alla dignità del principato, onde consigliare ed operare secondochè essa richieda; beato nelle beneficenze con cui terge le lagrime degli afflitti; ne’ premii con cui da vita ad egregie prove dell’arte; ne’ conforti che piove sulle lettere, sulle scienze, sull’industria, sul commercio; ne’ raggi di civiltà che diffonde; nel correggere antichi errori, nello impedirne de’ nuovi; nel promuovere i veri progressi sociali; nel gittar semi che preparino ai tardi nepoti materia di felicità per loro, di copiose benedizioni per la memoria degli avi.
Questi pensieri mi correvano spontanei alla mente, quando l’inclinazione e la gratitudine mi spingevano a chiedere all’E.V. il permesso d’intitolare all’illustre suo nome la Storia di Torino, e mi sorrideva ad un tempo l’imagine di tante opere insigni dovute alla sapiente liberalità dell’Augusta Regina, di cui l’E.V. e degno Ministro, e la gloria pura e santa che l’alto senno e la fedel divozione di V.E. fa riverberare sui nomi di Carlo Felice e di Maria Cristina.
Non è mio proposito d’offendere con molta lode la modestia di Lei, veneratissimo signor Conte. Basti l’aver ricordato il sentimento che mi guida e i pensieri che mi accompagnano in questa pubblica testimonianza d’ossequio. Rimane che l’E.V. faccia, come spero, buon viso alla Storia d’una Città, della quale, son più di tre secoli e mezzo un suo antenato era già scritto Cittadino e Decurione; e mi tenga sempre nel novero de’ suoi più divoti e più obbligati.
Luigi Cibrario.