Speranza (Prati)
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Questo testo fa parte della raccolta XIII. Da 'Psiche'
VI
SPERANZA
Dal di ch’io feci risonar di canto
l’aure mie sacre, è giá trigesim’anno,
le verginelle d’alcun fior, che il manto
ornò della mia musa, ornate vanno,
e i fanciulletti a me traggon da canto,
e quelle note risentir mi fanno:
ond’io le ciglia di soave pianto
sento velarmi, in quel celeste inganno.
Inganno al tempo, inganno alla fortuna,
forse inganno all’invidia; e, quando arrivi
per me, come che sia, l’ora piú bruna,
crederò che con me non fuggitivi
sieno i miei carmi, se chi scherza in cuna
li ripeta, crescendo, e li ravvivi.