Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/40: differenze tra le versioni

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Ora non è difficile il conoscere come e perché la ragione di stato il piú delle volte contravenga alle leggi. Conciosiacosaché nella piú parte de’ governi, come rei, mirandosi piú all’interesse di chi regge che al commodo de’sudditi, non può la ragione di stato se non malamente accordarsi con le leggi, le quali hanno per lor fine principalmente il bene de’ privati. Sia il governo o tirannico o di pochi potenti o di sfrenata moltitudine, le leggi, che sono poste da osservare ai popoli, quasi sempre risultano a commodo loro: altramente la compagnia civile si disertarebbe e niuno si sentirebbe volentieri porre il giogo sul collo. Però, quando uno s’intirannisce d’uno stato, non pure non isprezza le buone leggi del viver civile, ma le fa far a punto osservare e le migliora, se fa di mestiere. E per questo rispetto Hierone fu si caro ai siragusani ed Augusto al popolo di Roma, ch’ebbe a dire alla morte di lui: — ''Utinam aut non nasceretur aut non moreretur!'' — E chi è piú giudicioso in sapersi valere di questo artificio, meglio si stabilisce nella tirannide, e con piú agevolezza si assicura delle volontá de’ sudditi, come accortamente notò anco Aristotile nell’undecimo della ''Politica''. Ma perché finalmente il tiranno ha piú a cuore l’interesse proprio che ’l commodo de’ soggetti, osserva le leggi fin a un certo termine che a lui non tornino in pregiudicio. Quando poi avvenga caso dove l’osservanza delle leggi possa arrecarli detrimento, alterando o distruggendo la costituzione del suo governo, allora, gettando per terra le leggi e calpestando la giustizia, si lascia reggere affatto dalla ragione di stato. Ma perché i casi che cadono sotto le leggi sono infiniti e i capi della ragione di stato non sono molti, il tiranno fa il fatto suo, e nondimeno alla moltitudine male accorta pare buono e giusto. Cosí camina anco la ragione di stato nella oligarchia; ma nella licenza popolare le leggi e la ragione di stato riescono quasi lo stesso. E per questo rispetto pare che la licenza popolare sia il peggiore di tutti i governi, per esser ivi e la ragione di stato e le leggi e tutti gli istituti e le regole del viver civile piú rivolte all’interesse privato che ad alcun publico bene. Ma questa non è questione da questo luogo;
Ora non è difficile il conoscere come e perché la ragione
di stato i! piú delle volte contravenga alle leggi. Conciosiacosaché nella piú parte de’ governi, come rei, mirandosi piú all’interesse di chi regge che al commodo de’sudditi, non può
la ragione di stato se non malamente accordarsi con le leggi,
le quali hanno per lor fine principalmente il bene de’ privati.
Sia il governo o tirannico o di pochi potenti o di sfrenata moltitudine, le leggi, che sono poste da osservare ai popoli, quasi
sempre risultano a commodo loro: altramente la compagnia civile si disertarebbe e ninno si sentirebbe volentieri porre il
giogo sul collo. Però, quando uno s’intirannisce d’uno stato,
non pure non isprezza le buone leggi del viver civile, ma le
fa far a punto osservare e le migliora, se fa di mestiere. E per
questo rispetto Hierone fu si caro ai siragusani ed Augusto al
popolo di Roma, ch’ebbe a dire alla morte di lui: — Utinam
aut non nascere tur aut ?ion morerelur ! — E chi è piú giudicioso
in sapersi valere di questo artificio, meglio si stabilisce nella
tirannide, e con piú agevolezza si assicura delle volontá de’
sudditi, come accortamente notò anco Aristotile nell’undecimo
della Politica. Ma perché finalmente il tiranno ha piú a cuore
l’interesse proprio che ’l commodo de’ soggetti, osserva le leggi
fin a un certo termine che a lui non tornino in pregiudicio.
Quando poi avvenga caso dove l’osservanza delle leggi possa
arrecarli detrimento, alterando o distruggendo la costituzione
del suo governo, allora, gettando per terra le leggi e calpestando la giustizia, si lascia reggere affatto dalla ragione di
stato. Ma perché i casi che cadono sotto le leggi sono infiniti
e i capi della ragione di stato non sono molti, il tiranno fa il
fatto suo, e nondimeno alla moltitudine male accorta pare
buono e giusto. Cosi cantina anco la ragione di stato nella
oligarchia; ma nella licenza popolare le leggi e la ragione di
stato riescono quasi lo stesso. E per questo rispetto pare che
la licenza popolare sia il peggiore di tutti i governi, per esser
ivi e la ragione di stato e le leggi e tutti gli istituti e le regole del viver civile piú rivolte all’interesse privato che ad
alcun publico bene. Ma questa non è questione da questo luogo;