Traduzioni e riduzioni/Dall'Odissea/Ciò che succede di notte nella spelonca: differenze tra le versioni

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Dall'Odissea - Ciò che succede di notte nella spelonca
Dall'Odissea Dall'Odissea
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ciò che succede di notte nella spelonca

Disse, e piegatosi indietro cascò, pancia all’aria, e lì, dove
cadde, si giacque con torta la grossa cervice: ed il sonno
che doma tutto, lo prese. Erompevano fiotti di vino
dalla sua gola, e con rutti la carne degli uomini a tocchi.
Sotto la molta cinigia il mio palo sospinsi in quel punto,
fin che non fosse ben caldo, e i compagni esortai con parole
tutti, chè alcuno non desse, in un subito palpito, indietro.
Quindi allorchè la calocchia d’olivo nel fuoco, sebbene
verde, già stava per ardere, e ne traspariva già rosso,
ecco che fuor la portavo dal fuoco, io più presso, i compagni
tutti all’intorno: era un dio che nel cuor ci alitava la forza.
Essi prendendo su il palo d’olivo, appuntito la cima,
glielo ficcaron nell’occhio ed io lì, puntellatomi sopra,
che lo giravo, come uno che trapana trave da nave
con la trivella, che gli altri più sotto, attaccati alla fune,

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tirano e girano via, ed il trapano cigola e gira.
Tale, nell’occhio di lui noi quel palo con punta di fuoco,
trivellavamo, ed il sangue sfriggevagli intorno bollendo.
Tutte le palpebre intorno e le ciglia abbrustiva la vampa
della pupilla che ardeva, ed ardean crepitando le barbe.
Come se un fabbro ferraio una scure massiccia od un’ascia
tuffa in fredd’acqua, a temprarla, che quella con grande stridore
sfrigola e sibila: tale è questa la forza del ferro:
ora così sibilava dattorno a quel palo quell’occhio.
Egli, un grand’urlo terribile fece, con eco dell’antro.