Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/58: differenze tra le versioni
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in cui posa e finisce il discorso; ed il pensiero stando tutto in quel |
in cui posa e finisce il discorso; ed il pensiero stando tutto in quel ''lascia'', l’esser collocato lí, porta che ci si badi assai piú. Non avrei usato quel modo in un sonetto certamente. Il verso ch’ella mi accenna per mutazione: |
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lascia :, Tesser collocato li, porta che ci si badi assai più. Non avrei |
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usato quel modo in un sonetto certamente. Il verso ch’ella mi ac¬ |
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cenna per mutazione: |
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io Tavea fatto, con altri simili; poi gli ho tolti, come non abba¬ |
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io l’avea fatto, con altri simili; poi gli ho tolti, come non abbastanza nobili e troppo cantabili. Osservi, che solamente l’aggiunger quell’''un'' a ''re'' toglie molto della fierezza e maestá del dire; e la tragedia dovendo spesso, anzi quasi sempre, dir cose che non sono né immagini, né descrizioni, ma cose piane, pensieri alle volte morali, od altri che nella vita quasi familiare occorrono tutto dí, non può sollevarsi a dignitá, se non pigliando un linguaggio e maniere tutte sue; e questa, di lasciare spesso gli articoli, ne è una, di cui però io anche forse ho abusato. Ma ella osservi, che una sillaba aggiunta quí, una lá, si viene a far molti piú versi, in cui non si è detto niente di piú: e dai molti versi, dove i pochi basterebbero, nasce lo stile vuoto e snervato. Ed in prova, tenti l’impresa chi vuole, di stringere un qualche mio squarcio in un numero eguale di versi, aggiungendo a’ miei tutto quello che, per proprietá di lingua, ho tolto loro, di qualunque passo, quando che sia, io ne accetto la disfida. |
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stanza nobili e troppo cantabili. Osservi, che solamente l’aggiunger |
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gedia dovendo spesso, anzi quasi sempre, dir cose che non sono |
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né immagini, né descrizioni, ma cose piane, pensieri alle volte |
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morali, od altri che nella vita quasi familiare occorrono tutto di, |
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non può sollevarsi a dignità, se non pigliando un linguaggio e |
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maniere tutte sue; e questa, di lasciare spesso gli articoli, ne è una, |
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di cui però io anche forse ho abusato. Ma ella osservi, che una |
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sillaba aggiunta qui, una là, si viene a far molti più versi, in cui |
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non si è detto niente di più: e dai molti versi, dove i pochi ba¬ |
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sterebbero, nasce lo stile vuoto e snervato. Ed in prova, tenti |
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l’impresa chi vuole, di stringere un qualche mio squarcio in un |
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proprietà di lingua, ho tolto loro, di qualunque passo, quando che |
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sia, io ne accetto la disfida. |
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Vengo al secondo passo citato. |
Vengo al secondo passo citato. |
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Confesso il vero che la mutazione sua che dice: |
Confesso il vero che la mutazione sua che dice: |
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è più chiara; ma occupa più luogo due sillabe, che ammesse, scon¬ |
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lata ad averci innestato un verso, ed anche due di più: cosi due |
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qui, uno là, tre in altro luogo, viene il quint’atto, e i mille quat¬ |
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trocento sono diventati due mila. A questo anche ci va pensato |
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è piú chiara; ma occupa piú luogo due sillabe, che ammesse, sconnettono tutto quel che segue, ed obbligheranno in fine della parlata ad averci innestato un verso, ed anche due di piú: cosí due |
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assai. Ma vediamo però se questa economia di parole non nuoce |
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quí, uno lá, tre in altro luogo, viene il quint’atto, e i mille quattrocento sono diventati due mila. A questo anche ci va pensato assai. Ma vediamo però se questa economia di parole non nuoce alla retta intelligenza. L’equivoco in questo passo potrebbe nascere dalla parola ''sospettar'' vicino a ''natura'', che non fosse creduto {{Pt|{{Alt|''na-''|natura}}|}} |
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alla retta intelligenza. L’equivoco in questo passo potrebbe nascere |
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dalla parola sospettar vicino a natura, che non fosse creduto na- |