Specchio di vera penitenza/Trattato dell'umiltà/Capitolo secondo

Trattato dell'umiltà - Capitolo secondo

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Trattato dell'umiltà - Capitolo secondo
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CAPITOLO SECONDO.


Dove si dimostra quanti sono i gradi della umiltà.


La seconda cosa che si dee dire dell’umiltà, si è quanti modi o vero quanti gradi ella ha. Dove è da sapere che, secondo che dice la Chiosa sopra quella parola del Vangelo che disse Cristo a san Giovanni Batista: Sic decet nos implere omnem iustitiam, idest omnem humilitatem; la perfetta umiltà ha tre gradi. Il primo si è sottomettersi al suo maggiore, e non soprapporsi al suo iguale: il secondo, sottomettersi al suo iguale, e non soprapporsi al suo minore: il terzo grado è sottomettersi al minore di sé.1 L’umilità del primo grado si chiama sofficiente, imperò che basta tale umiltà a salute; la seconda è umilità abondante, ch’è più che non è di necessità; la terza è detta soprabbondante, ch’è più che non è di necessità, e che non può essere maggiore: la quale ebbe Cristo quando si sottomise al battesimo di san Giovanni, che fu sottomettersi a minore di sé; ch’è umilità perfetta. Distinguesi ancora l’umilità in quattro gradi, i quali son questi: spernere mundum; spernere nullum; spernere sese; spernere se sperni. Il [p. 240 modifica]primo si è spregiare il mondo; il secondo si è non spregiare persona; il terzo si è spregiare sé medesimo; il quarto si è spregiare2 d’essere spregiato. San Benedetto pone nella Regola sua dodici gradi della umiltà, contrarii a’ dodici gradi di superbia, dei quali è detto di sopra nel trattato della superbia.3 Il primo grado d’umiltà si è: col quore e col corpo mostrare sempre umilità, tenendo gli occhi a terra; ed è contrario al primo grado della superbia, che si chiama curiosità, per la quale l’uomo disordinatamente va guatando in ogni luogo col capo levato. Il secondo grado è: poche parole dire, e quelle sieno ragionevoli, e non ad alta boce; ed è contrario al secondo grado della superbia, che si dice levità di mente, per la quale altri parla di soperchio con parole d’orgoglio. Il terzo grado d’umiltà si è: non essere pronto a ridere agevolmente; ed è contrario al terzo grado della superbia, che si chiama isconcia letizia. Il quarto grado d’umilità si è: tacere infino a tanto che l’uomo sia domandato; ed è contrario al quarto grado della superbia, che si dice iattancia,4 per la quale altri favella soperchievolmente,5 vantandosi. Lo quinto grado della umilità si è; tenere quello che la comune regola del monasterio tiene; ed è contrario al quinto grado della superbia, che si chiama singularità, per la quale altri vuole parere migliore che gli altri, faccendo alcuna cosa che non fanno gli altri. Il sesto grado d’umilità si è: credere e affermare6 d’essere più vile che tutti gli altri; ed è contrario al sesto grado della superbia, ch’è arroganza, per la quale altri si pone dinanzi e sopra a gli altri. Il settimo grado d’umilità si è: [p. 241 modifica]confessare e credere d’essere disutile a ogni cosa e indegno; ed è contrario al settimo grado della superbia, che si chiama prosunzione, per la quale altri si riputa sofficiente e degno a maggiori cose. L’ottavo grado della umilità si è: confessare i peccati; ed è contrario all’ottavo grado della superbia, ch’è difendere i peccati. Il nono grado della umiltà si è: nelle cose aspre e dure abbracciare la penitenzia;7 ed è contrario al nono grado della superbia, che è confessare il peccato non sinceramente e semplicemente, ma a malizia, per iscampare della pena debita per lo peccato, escusandosi quando è ripreso nella confessione. Il decimo grado d’umilità si è: obbedienzia; ed è contrario al decimo grado della superbia, ch’è ribellione, per la quale altri è contumace e disubidiente a’ suoi maggiori. L’undecimo grado della umilità si è: che la persona non si diletti a fare la propia volontade; ed è contrario all’undecimo grado della superbia, che si chiama libertade, per la quale l’uomo vuole potere fare tutto ciò che gli viene voglia.8 Il dodecimo grado della umilità si è: il timore di Dio; ed è contrario al dodecimo grado della superbia, che è l’usanza del peccare, per la quale altri spregia Iddio e’ suoi comandamenti. E come questi dodici gradi comprendono sofficientemente ogni umilità che dee essere nell’affetto e nello ’ntelletto dentro, e ancora negli atti e ne’ sembianti di fuori, san Tommaso sottilmente lo dimostra e pruova nella Somma sua, e in questo nostro Trattato fatto in latino istesamente si scrive; dove si pongono certe distinzioni de’ gradi dell’umiltà, dati9 da santo Anselmo e da Cassiano nelle Collazioni, le quali qui non si scrivono, e per dire brieve, e perché si riducono a’ predetti dodici gradi di san Benedetto, se sottilmente si considerano.

Note

  1. Così, e bene, anche per quanto segue dopo sei righe, gli Accademici. Le stampe del 95 e 85 ripetono: al suo minore, e il Manoscritto varia: a' minori.
  2. Ediz. 95: non si curare.
  3. Sembrano tra le parole aggiunte per altri quest'ultime: nel trattato dell superbia, che nella stampa del Salviati e del nostro Testo non si leggono.
  4. Nell'edizione del primo secolo: iactantia.
  5. Nella stessa: para superficialmente.
  6. Preferiamo come più semplice la lezione del Manoscritto, approvato ancora dal Salviati. L'ediz. del 25 ha: e dirlo colla bocca; e, rafforzando, quella del primo secolo: et dirlo col cuore et colla bocca.
  7. Ci basta avvertire che questa parola, troppo bene, secondo noi, rispondente a quelle che vengono appreso, si legge solo nel nostro Codice, avendo tutte le stampe: pazienza.
  8. Così nel Testo a penna; e negli impressi: 25 che gli viene di voglia; 85: di che gli vien voglia; 95: che gli viene di voglia.
  9. Ediz. 25: date.