Sopra sé stesso
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SOPRA SÉ STESSO
Contenuto: Viltà dice al poeta: eccoti (bel frutto del troppo studio!) quasi cieco (1-4). Ed egli risponde: se l’occhio corporale è spento, brilla piú l’occhio intellettivo e abbraccia in sé l’universo (5-8). Cosí governo, a mio senno, il mondo (5-11); e se considero il perdersi nel nulla di tutto il fasto mortale, guardo e sorrido (12-14). — Questo bel sonetto, che lo (p. 249) cfr. opportunamente con un luogo del Paradiso perduto (III, 39 e segg.), fu composto nel 1822 e pubblicato lo stesso anno nell’opuscolo Un sollievo nella malinconia (Milano, Soc. tip. de’ class. it.), dedicato alla marchesa Beatrice Trivulzio (cfr. la nota al v. 200 delle Nozze di Cad. ed Erm.). — In quanto al metro, cfr. la nota d’introd. a p. 36.
Vile un pensier mi dice: Ecco bel frutto
Del tuo cercar1 le dotte carte: ir privo
Sí della luce, che il valor visivo
Già piega l’ale2 alla sua sera addutto.
Se l’acume, io rispondo, è già distrutto
Della veduta corporal, piú vivo
Dentro mi brilla l’occhio intellettivo
8Che terra e cielo abbraccia e suo fa il tutto.
Cosí mi spazio dal furor sicuro
Delle umane follíe; cosí governo
Il mondo a senno mio, re del futuro.
Poi sull’abisso dell’obblío m’assido;
E al solversi che fa nel nulla eterno
14Tutto il fasto mortal, guardo e sorrido.
Note
- ↑ 2. cercar: studiare attentamente. Dante (Inf. I, 83) a Virgilio: «Vagliami il lungo studio e il grande amore, Che m’ha fatto cercar lo tuo volume».
- ↑ 4. piega l’ale ecc.: declina al termine. Il valor visivo è personificato. Cosí Dante (Purg. IX, 9), di uno de’ passi della Notte, pur esso personificato: «E il terzo già chinava in giuso l’ale».