Sentenza Tribunale penale di Perugia - Vicenda Federconsorzi/22

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- Ma per quanto la tesi dell’occultamento di cospicui crediti possa dirsi suggestiva, sembra al Collegio che altri elementi convincano della riconducibilità delle cambiali sequestrate nell’aprile 1996 a quegli stessi crediti, trasferiti a SGR, che già risultavano dai bilanci.

Di qui la conclusione che si trattasse in sostanza di cambiali non formalmente in garanzia, ma comunque accessorie a quei crediti.

Cospicuo materiale è stato prodotto dalla difesa dell’imputato Capaldo a supporto di tale tesi.

Fra l’altro è stata depositata una memoria nella quale si illustra ampiamente il tema. .

Ed invero deve osservarsi che, sebbene le cambiali rinvenute non fossero denunciate tal quali nei bilanci, questi ultimi contenevano sufficienti indicazioni per rendere edotto il lettore della loro esistenza. Fino al 1989 vi era stata l’indicazione di cambiali allo sconto e all’incasso tra i conti d’ordine.

Dal 1990 fu invece adottata una nuova classificazione, ricomprendendo i crediti cambiari tra i crediti finanziari.

Nella nota esplicativa allo stato patrimoniale del bilancio 1991 si faceva inoltre cenno del fatto che sotto la voce “crediti” erano stati raggruppati sia i crediti di origine finanziaria, sia quelli di natura commerciale, ed ancora l’ammontare degli effetti in portafoglio e di quelli ritornati insoluti, oltre che, separatamente, quelli inviati alle banche all’incasso o allo sconto. Va in effetti osservato che, come emerso anche da varie testimonianze , i crediti di Federconsorzi avevano diversa natura, essendo originati da vere e proprie operazioni commerciali ovvero da finanziamenti.

Il rapporto di debito-credito con i consorzi agrari, afferente essenzialmente a rapporti commerciali, veniva definito da un unico conto di gestione, in gergo “scaduto”, che veniva aggiornato ogni quindici giorni e nel quale venivano accreditati i titoli emessi dai consorzi, salvo nuovo addebito qualora gli effetti fossero rimasti impagati.

Ma i consorzi erano debitori di Fedit anche per finanziamenti dodecennali, derivanti dal riscadenzamento di crediti di origine commerciale e regolati con rateizzazione cambializzata. A ciò dovevano aggiungersi cambiali emesse a fronte di finanziamenti speciali, in genere di breve periodo. Ora, le enunciazioni contenute nella nota integrativa summenzionata erano idonee a far comprendere la diversa natura delle voci di credito e la concomitante natura cambiaria di alcune di esse. Inoltre in quella stessa nota si dava conto del fatto che i crediti commerciali includevano anche il riaddebito di effetti insoluti, con cui si era ripristinato il valore di forniture commerciali non pagate.

Peraltro si era sempre evitato di inserire nello stato patrimoniale, onde scongiurare il rischio della duplicazione di partite, una voce concernente i soli crediti cambiari e si era preferito aver riguardo invece alla natura del credito sottostante.

All’inizio il problema era stato risolto mediante l’espressa menzione nei conti d’ordine, mentre quando poi si reputò opportuno dare conto dei crediti condizionali, vennero iscritte anche partite di debito di entità corrispondente.

Sta di fatto che l’eliminazione dei conti d’ordine e l’espresso riferimento all’addebito di effetti insoluti, avrebbe dovuto di per sé fornire al lettore del bilancio un’idea del progressivo formarsi di un coacervo di titoli a supporto dei crediti indicati nello stato patrimoniale.

Ora, in base a quanto si è potuto accertare attraverso le deposizioni raccolte, fino al 1991 vi era l’abitudine di restituire i titoli a seguito del riaddebito sullo “scaduto”, ma successivamente i vertici di Federconsorzi dettero disposizioni perché ai consorzi venisse comunicato che i titoli sarebbero stati trattenuti a garanzia.

Di fatto non si trattava di garanzia in senso proprio, stante la mancanza di una girata avente quella funzione, ma semplicemente di un rafforzamento del credito per il tramite di un accessorio cartolare destinato a dare contezza dell’operazione.

Ma già su tali basi viene meno il fondamento di molte delle osservazioni critiche alla tesi della funzione di garanzia, formulate dal consulente tecnico del P.M., chiamato a pronunciarsi sulla natura delle cambiali sottoposte al secondo sequestro . Si era infatti fra l’altro rilevato che con riguardo ad alcuni consorzi l’importo delle cambiali rinvenute nel mese di aprile era superiore, anche di molto, a quello dei crediti iscritti in contabilità alla data del 31-11-1991 . Sarebbe dovuto dunque escludersi che le cambiali potessero costituire una mera garanzia o comunque un semplice accessorio cartolare di un credito inferiore. Ma in realtà il progressivo formarsi del “monte effetti” consente di dare una giustificazione più che convincente alla diversità degli importi, potendosi ad es. rilevare che proprio nel caso di Trapani, all’uopo segnalato dal consulente, risulta che in prosieguo di tempo furono addebitate sul conto corrente cambiali insolute per 5 miliardi e 600 milioni di valore, il che conduce ad un risultato in linea con la tesi esposta dalla difesa.

Volendo peraltro distinguere le due categorie di cambiali, non possono non richiamarsi le considerazioni espresse nella memoria difensiva cui si è fatto cenno.

Quanto ai prestiti dodecennali, come tali risultanti in bilancio, la funzione accessoria delle cambiali, anche alla stregua della cospicua documentazione allegata alla relazione del consulente del P.M. o acquisita su istanza della difesa, pare indubbia. Seguendo il ragionamento difensivo, supportato da una serie di tabelle a suo tempo prodotte , è d’uopo osservare che, salva la necessità di alcuni aggiustamenti, vi è sostanziale corrispondenza tra il totale delle cambiali sequestrate e l’entità di quei crediti, ciò che si evince in particolare dalla corrispondenza per ciascun CAP tra numero e importo delle cambiali e numero delle rate di ammortamento ancora insolute.

D’altro canto l’importo del credito ceduto a tale titolo a SGR è pari a quello portato dalle cambiali, se si escludono gli effetti riferibili al CAP di Perugia, relativamente al quale il credito di Fedit, come è pacificamente emerso in corso di causa, non è stato trasferito ed è rimasto invece nella disponibilità della Liquidazione .

Quanto alle altre cambiali, la soluzione è meno sicura, ma può dirsi sostenuta da convergenti elementi, che la fanno apparire ben più attendibile, anche perché non è dato sapere la natura e l’origine degli ulteriori crediti ai quali le cambiali si dovrebbero riferire. In ogni caso, deve premettersi che nel bilancio la voce crediti commerciali non comprendeva esclusivamente il saldo del conto di gestione, ma era riferibile ad una pluralità di voci, che del resto risultano dalla tabella D) che è inserita nella relazione del C.T. del P.M. dopo pag. 47.

Considerando l’entità delle singole voci alla data del 30-11-1991, si perveniva ad un totale di crediti commerciali pari a 1142 miliardi e 518 milioni di lire, previo computo di una svalutazione operata soprattutto su crediti verso CAP in liquidazione coatta. Ma, come si è visto, nel complessivo importo erano destinati a confluire anche effetti richiamati, finanziamenti speciali e effetti a mano a mano riaddebitati sul conto di gestione, cioè crediti sicuramente portati da cambiali.

Ora, conteggiando solo tali ultime voci, come venutesi a modificare in prosieguo di tempo, con riflessi anche sulle altre voci di crediti cambializzati (in portafoglio o presso banche), si ottiene un importo sostanzialmente corrispondente a quello portato dalle cambiali sottoposte al secondo sequestro, il che vale a dar conto della riferibilità dei titoli a crediti diversi da quelli di cui al primo sequestro, ma tuttavia considerati in bilancio e già oggetto di trasferimento a SGR .

Non è un caso che lo stesso consulente del P.M. abbia concluso il suo lavoro esprimendo il convincimento che in buona sostanza le cambiali corrispondessero a crediti iscritti in bilancio, anche se in questo non vi era una chiara e del tutto trasparente enunciazione dell’esistenza di quelle specifiche cambiali.

In tale prospettiva deve reputarsi congrua anche la statuizione contenuta nella transazione del 31-7-1998, nella quale si dà conto della natura accessoria delle cambiali e si conviene sulla necessità di un loro immediato trasferimento a SGR a margine della cessione dei crediti.

Correlativamente a ciò, si reputa opportuno provvedere separatamente alla restituzione delle cambiali all’avente diritto, da individuarsi nella Liquidazione, quanto alle cambiali verso il CAP di Perugia, e in SGR, quanto a tutte le altre.

Restano l’atteggiamento ambiguo di quanti avrebbero voluto tenere il commissario governativo all’oscuro dell’esistenza degli effetti, e il mistero legato all’incredibile andirivieni dei titoli. Probabilmente la spiegazione di tutto va ricercata nell’esigenza di stabilire un rapporto preferenziale con i consorzi agrari, così come in precedenza era stato tenuto nei confronti di questi un atteggiamento assai morbido: non è un caso che i consorzi abbiano spesso opposto viva quanto ingiustificata resistenza ad alcune iniziative cautelativamente assunte dall’Avv. Lettera, ed abbiano per contro palesato piena accondiscendenza verso le scelte di SGR. Ma non è questo il solo e neppure il maggiore dei motivi di perplessità sollevati dalla vicenda che qui ci occupa.