Scritti vari (Ardigò)/Versi/Uno scherzo in un'ora allegra

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Versi Versi - Intecta fronde quies
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Poesia?
Magia di parole,
Musica di versi,
Incanto di immagini,
Fremito di affetti.


Uno scherzo in un’ora allegra.


Salutando col patrio dialetto1 i concittadini Mantovani residenti a Padova, sulla fine del banchetto, al quale convennero la sera del 19 gennaio 1895, nell’albergo della Speranza, e alludendo ai seguenti versi di Virgilio (Eneid. X, 198-212):

«Ille etiam agmen ciet Ocnus ab oris
Fatidicae Mantus et Tusci filius amnis,
Qui muros matrisque dedit tibi, Mantua, nomen.

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(Mantua dives avis; sed non genus omnibus unum:
Gens illi triplex, populi sub gente quaterni,
Ipsa caput populis, Tusco de sanguine vires).
Hinc quoque quingentos in se Mezentius armat,
Quos patre Benaco velatus harundine glauca
Mincius infesta ducebat in aequora pinu.
It gravis Aulestes centenaque arbore fluctum
Verberat adsurgens, spumant vada marmore verso.
Hunc vehit immanis Triton et caerula concha
Exterrens freta, cui laterum tenus hispida nanti
Frons hominem praefert, in pristim desinit alvos:
Spumea semifero sub pectore murmurat unda »


    Anca senza essër poeta
Dop disnar a-s’ fa di vers;
E s’ pol dir ’na paroleta
4Tant pr-a-l drit che për travers.
    Figurar-s! A-m’ vegn in ment
(Mi-n’ so minga com’ la sia)
’Na storiela dël sincsent,
8Scrita tuta in poesia.
    Ma com’è-la, che la zuca
Di Mantvan l’è minga sbusa,
Gnent’ afàt? E che la gnuca
12Dë ch’j-Inglès l’è csi curiosa?
    Ch-la fus vera la storiela?
E che ’l caso dël giudizi
Sia l’efet d-la parëntela
16Di Mantvan con chi tai Tizi?
    G-ho paura. I-dis, che prima
I Mantvan j-è gnu d-l’ Etruria,
E che dop gh-è piombà in sima
20I Francès con la so furia.
    Basta minga. Anch’i Romani
J-ha volù far compagnia
A chi vec, poveri cani,
24Ch’j-avrà dit: E così sia!

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    L’è sta mei. La misturanza
L’ha prodot un gran efet:
Com’a-s’ vedi in d-na pietanza
28Ch-la g-ha ’l gust dë quel ch-s’ a-g met.
    Suponem, che la farina
Sia j-Etruschi, e che ’l so pevër
G-des i Gali, e la sal fina
32Ch’j-altër là ch’j-è gnu dal Tevër.
    Ma la storia ë-la finida?
No. Virgili a-l s’ ferma li.
Ma dop lu vegn la borida
36Di Todesc da sti part chi.
    Ah, va ben! In dël pastis
A-g voleva ’l so formai.
J-è sta i Grebën, ch’a-g l’ha mis;
40Sacranon! Taratatai!
    Car’o-altër, përdonem
Sti me strolëgh senza sugh.
Dop disnar andem, andem,
44Strambalem com’ i balugh.
    Ma l’è vera! Cal misios
A-l gh-è sta. Sì; për sta strada
S’ podrìa dar, che ’l ciaciaros
48A-l sia minga föra d’vada.
    Ma sta gran storia dël du,
Dë sti Gali e sti Romani,
Di Todesc, di Torlulù,
52Cosa cont-la adès in stj-ani?
    In-tr’i lac, in-trà la cöra
S’è purgà tut’la materia;
E l’impast ch’a-n’è gnu föra
56L’è talian d-la sort pu seria,
    L’è ’l Talian dë l’Anconeta,
Facia franca e testa fina,
Galantom, për la Maceta!
60Sempër sghib sera e matina.

[p. 280 modifica]Traduzione letterale con qualche schiarimento.

    Anche senza essere poeta
Dopo desinare si fanno dei versi;
E si può dire una paroletta
4Tanto pel dritto che per traverso.
    Figurarsi! Mi viene in mente
(Io non so mica come la sia)
Una storiella del cinquecento 2
8Scritta tutta in poesia.
    Ma come è che la zucca
Dei Mantovani non è bucata 3
Niente affatto? E che la gnucca
12Di quegli Inglesi 4 è così curiosa?
    Che fosse vera la storiella?
E che il caso del giudizio
Sia l’effetto della parentela
16Dei Mantovani con quei tali Tizi?
    Ho paura. Dicono, che prima
I Mantovani sono venuti dall’ Etruria,
E che dopo piombarono loro in cima 5
20I Francesi colla loro furia.

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    Non basta. Anche i Romani
Hanno voluto fare compagnia
A quei vecchi, poveri cani,
24Che avranno detto: E così sia!
    È stato meglio. La mescolanza
Ha prodotto un grande effetto:
Come si vede in una pietanza,
28Che ha il gusto di quello che ci si mette.
    Supponiamo, che la farina
Siano gli Etruschi, e che il suo pepe
Ci dessero i Galli, e il sale fino
32Quegli altri là che sono venuti dal Tevere.
    Ma la storia è essa finita?
No. Virgilio si ferma lì.
Ma dopo lui viene la scorreria
36Dei Tedeschi da queste parti qui.
    Ah, va bene! Nel pasticcio
Ci voleva il suo formaggio.
Sono stati i Grebeni 6 che ce l’hanno messo,
40Sacranon! Taratatai! 7
    Cari voi, perdonatemi
Traballiamo 8 come i balordi.
Dopo desinare andiamo, andiamo,
44Questo mio almanacchio 9 senza sugo.
    Ma è vero. Quella miscela
C’è stata. Sí; per questa strada
Si potrebbe dare, che il chiacchiericcio
48Non sia mica fuori di proposito.

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    Ma questa grande storia del due 10,
Di questi Galli e di questi Romani,
Dei Tedeschi e dei Torlulù 11
52Che cosa conta adesso in questi anni? 12
    Tra i laghi, tra il pantano
S’è purgata tutta la materia;
E l’impasto che n’è venuto fuori
56È italiano della sorte più seria.
    È l’Italiano dell’Anconetta 13
Faccia franca e testa fina,
Galantuomo, per la Maceta, 14
60Sempre sghibbo 15 sera e mattina.


Note

  1. Per esprimerlo in qualche modo colla scrittura si sono adottati i seguenti segni convenzionali:
    e —  stretto      o — stretto      u — lombardo
    ė —  largo      ȯ —  largo      u̇ — toscano
    ë — quasi a      ö — eu francese      c — aspro
              ō — quasi u      ċ — dolce
  2. Tempo rimoto in genere.
  3. Vuota di senno.
  4. Ironicamente si dice dai Mantovani dei conterranei vicini e precisamente per indicare che non sono stranieri, e sono invece roba affatto comune e ordinaria. Chi è colui? — Domanda per esempio uno. E l’altro risponde — È un inglese di Pietole — (Luogo che dista poco da Mantova).
  5. Addosso.
  6. Parola per indicare gente rozza venuta di fuori. E quindi anche i barbari invasori.
  7. Esclamazione, come ad imitare uno che parla un linguaggio straniero.
  8. Nel dialetto mantovano l’espressione corrispondente si usa solo al plurale.
  9. O meglio: diciamo, o facciamo strampalerie.
  10. Di un’epoca antichissima.
  11. Uno qualunque o gente straniera, dispregiativamente.
  12. Al presente.
  13. Angolo sud-est della città di Mantova, oltre il porto delle barche, abitato e frequentato da popolani.
  14. Esclamazione popolare frequente, come a dire: Per Giove! Ed io poi non so che razza di personaggio o di divinità sia questa Maceta.
  15. Uno che non tiene nemmeno un soldo in tasca.