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Le Ancelle della carità al Civico Spedale ../ ../I programmi e l’ordine dell’insegnamento IncludiIntestazione 26 aprile 2011 100% Filosofia

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1.
Le Ancelle della carità al Civico Spedale.


I


Dietro ulteriori informazioni assunte in proposito, ci risultò che il cenno relativo alle ancelle della carità nell’ospedale civico, stampato nel num. 2 di questo giornale, contiene alcune inesattezze, che ci sentiamo in debito di rettificare.

L’iniziativa, per applicarle anche alla Infermeria degli uomini, parte, non dal vescovo Berengo, come credevamo, ma dalla stessa Direzione dell’ospedale; e il Vescovo ci entrò solamente, in quanto, dietro il desiderio mostratone dalla Direzione, si volse ad ottenere il permesso che occorreva dal Papa; il quale senza esitazione lo concedette.

Per ciò i nostri apprezzamenti devono propriamente concernere l’operato della suddetta Direzione e i criteri da essa seguiti, per questo lato, nell’amministrazione dell’ospedale.

Se il fatto in discorso, astrattamente considerato, si può collocare nella sfera di ciò che si chiama CLERICALISMO — e su ciò non cade dubbio — dobbiamo dire per questo che la Direzione, che ne è responsabile, sia veramente clericale, e che essa non abbia proprio a sua giustificazione delle ragioni plausibili e forti?

Siamo giusti. Le ragioni, e plausibili e forti, che [p. 202 modifica]militano a favore dell’operato della Direzione, esistono realmente. E riconosciamo che quest’ultima non possa chiamarsi in nessun modo clericale: quantunque non possiamo approvare quello che ha fatto. Imperocchè i criteri superiori che, secondo noi, si devono avere di mira nella amministrazione dell’ospedale, non furono dalla sua Direzione nel caso presente considerati, e valutati nella assoluta importanza che hanno in sè, e quindi anche in confronto ai vantaggi apprezzabili sotto punti di vista di valore secondario.

Siamo giusti. Il servizio delle ancelle della carità all’ospedale civico nessuno può negare che non sia buono. Primo: esse agiscono, e subordinatamente alle esigenze e alle prescrizioni interne dell’ospedale stesso, o subordinatamente a una loro propria gerarchia in modo che i servizi sono debitamente distribuiti, puntualmente eseguiti, e senza attriti disgustosi e dannosi fra le diverse persone che vi cooperano, e con tale ordine, che assicura il disimpegno esatto delle diverse mansioni sia per la facilità e rapidità onde si fa sentire in tutte le persone dipendenti, sia per la prontezza d’animo onde sono accettati gli incarichi demandati a ciascuna di esse. Secondo: affidati alle ancelle della carità, gli effetti dell’ospedale non vanno perduti con tanta facilità. Terzo: le ancelle della carità assistono agli infermi affidati alle loro cure con abnegazione ammirabile, e colla pazienza dettata dall’amore; il che riesce di conforto morale agli infermi stessi. Quello che è vero, è vero. E noi tanto più lo affermiamo francamente quanto meno siamo sospetti nel farlo. Chi può, avendo un cuor nobile, qualunque sia il suo modo di pensare, non sentirsi tocco dall’entusiasmo alla vista di queste povere donne che consumano la loro gioventù in mezzo al tanfo degli ospedali, in mezzo ai lamenti di quelli che sono tormentati dai dolori, in mezzo allo spettacolo attristante degli uomini annientati dalla febbre, in mezzo a quelli che rendono l’ultimo sospiro; e sostenendo fatiche continue e [p. 203 modifica]interrompendo continuamente anche le ore del sonno; e colla prospettiva della etisia e della morte prematura, che la statistica delle ancelle della carità dimostra essere l’esito più probabile della loro camera di sacrificio?

Noi positivisti ci confortiamo in questo esempio, perchè vi ravvisiamo un lato sublime della idealità che può svolgersi e imperare sovrana nell’animo dell’uomo. La direzione dell’Ospedale non sappiamo se prenda la cosa da questo punto di vista filosofico, ma certo ha tutta la ragione di credere che provvede bene allo scopo della sua amministrazione affidando il più estesamente possibile la cura degli ammalati alle ancelle della carità. Sappiamo anzi di medici del radicalismo più assoluto e conosciuto in fatto di religione che hanno dichiarato, che qualora fossero incaricati della direzione dell’Ospedale considererebbero siccome difficilissimo a sciogliersi il problema di togliere a dirittura e ad un tratto le ancelle della carità dalla cura degli ammalati.

Tuttavia egli è appunto questo, di disporre le cose allo scopo di eliminare dagli ospedali gli elementi non puramente civili, e soprattutto gli ordini religiosi, un intento supremamente reclamato dalla ragione e dall’indirizzo attuale della società. Intento al quale si arriverà col progredire della civiltà. E per la forza delle cose: e quindi infallibilmente, poichè la forza delle cose è onnipotente.

Un intento, poi, che è possibile di ottenere senza pregiudicare il bene dei malati degli ospedali, e che non fu, come conveniva, in vista della Direzione dell’Ospedale. Il che è appunto il lato non approvabile della condotta della Direzione stessa sul fatto di cui discorriamo. E di ciò diremo in un altro articolo sul medesimo argomento.

II

Seguitiamo, secondo la promessa, il discorso incominciato sotto questo titolo (Le ancelle della Carità al Civico Spedale) nel nostro numero di Domenica. [p. 204 modifica]Dicono. Solo nei credenti, e quindi soprattutto nelle persone che fanno parte di un ordine religioso, si può verificare la disposizione a sostenere con trasporto d’amore il sacrificio spaventevole di consacrarsi alla cura degli ammalati negli ospedali. E ciò perchè solo essi, essendo animati dalla speranza del paradiso in una vita oltremondana, in ciò possono trovare un impulso sufficiente a condannarsi ad una vita di abnegazione assoluta.

E noi allora domandiamo. Quelli che compongono la Direzione dell’ospedale credono al paradiso in un’altra vita, sì o no?

Se si risponde, che credono a questo paradiso, osserveremo che in questo caso essi non sono più gli interpreti del sentimento civile del quale, secondo lo spirito delle nostre istituzioni elettive, devono essere i rappresentanti. Diciamo che non sono gli interpreti di questo sentimento civile, malgrado che non si possa non riconoscere che la gran maggioranza dei cittadini nutre ancora più o meno vagamente la fede del paradiso in un’altra vita. Per la ragione che questa maggioranza è composta delle persone nelle quali si continua per sola forza di inerzia la educazione del passato; e che la minoranza che non può più avere la detta fede è quella che possiede insieme con la aspirazione dell’avvenire della civiltà la forza che a poco a poco deve realizzarlo. Sicchè il suo sentimento può essere chiamato il solo sentimento veramente vivo del presente, e che, almeno virtualmente, ha in sè la totalità dei cittadini, in quanto presto o tardi, ma infallibilmente, finiranno col parteciparlo.

Se poi si rispondesse, che quelli che compongono la Direzione dell’ospedale si fanno interpreti del sentimento civile, che non crede al paradiso, dovremmo fare questo ragionamento. Voi dunque sapete che le povere ancelle della carità, facendo il vostro interesse col sacrificarsi all’ospedale in vista che ne riceveranno la ricompensa in paradiso, fanno i conti sbagliati; e che alla fine non avranno nessun compenso pel molto che avranno fatto. E voi [p. 205 modifica]approffittate a loro danno della loro illusione, e di una illusione dannosa, che conoscete per tale. Ma questo è egli onesto? E può una società di uomini onesti permettere che i suoi rappresentanti commettano questo atto, che si potrebbe con tutta giustizia qualificare come un atto di TRUFFA? Nessuno, crediamo, ardirebbe ammetterlo, senza professare che il giusto e l’ingiusto sono vuoti nomi privi di senso.

Ma, vista questa conclusione rigorosamente logica, potrebbero altri dire: Che paradiso d’Egitto! Le ancelle della carità fanno con volonteroso eroismo il bene degli infermi, perchè sono animate da un senso squisito e sublime di compassione per la umanità sofferente; e in quello che operano per essa non fanno altro che soddisfare all’impulso irresistibile che provano di soccorrerla. E così la Direzione dell’ospedale approfittandone viene a fare la cosa più naturale e irreprensibilmente lodevole, poichè viene a dire loro: — avete proprio questa sublime passione? Niente di meglio: venite pure, e soddisfatela, poichè così farete nello stesso tempo e il bene vostro e quello dei malati che mi premono soprattutto, e quindi della società, che benedirà voi che li curate e noi che vi abbiamo chiamate a curarli.

Se non che neanche a questo modo la cosa va così liscia per la nostra Direzione come parrebbe alla bella prima. E lo vedremo in un altro articolo.

III

Si ammette per le ancelle della carità che la lodevolissima opera loro dipenda dall’essersi l’umanità del loro cuore informata alla eroica e sublime idealità della cura amorosa per gli infermi?

E allora ne discendono queste conseguenze. Primo, ciò che può una idealità, come la menzionata, nella umanità del cuore delle Ancelle della carità, lo può del pari, assolutamente parlando, in quella del cuore anche delle persone che non appartengono, come loro, ad una [p. 206 modifica]istituzione religiosa. E la questione rimane tutta della educazione appropriata a disporre e ad indurre il modo di vedete e di sentire e l’abitudine di fare in conformità all’idealità stessa. Secondo, astrattamente parlando, dovendosi scegliere per un personale di servizio dell’ospedale che abbia le buone disposizioni in discorso fra persone appartenenti a una corporazione religiosa da una parte, e fra persone non aventi che un carattere civile, non c’è dubbio che queste seconde sono da preferirsi. Terzo, quindi la NORMA DA SEGUIRSI dalla Direzione dell’ospedale è questa: che se adesso non ha ancora a disposizione le persone adatte (come è certo che non le ha) lasci pure per qualche tempo ancora le Ancelle dove le ha trovate, ma non allarghi di più la sfera della loro influenza: e nello stesso tempo divisi con tutta l’attenzione i mezzi occorrenti a creare un personale nuovo che, per qualità morali opportune, sia atto a surrogarle dove sono attualmente. Ed è questo il punto al quale mirano i nostri articoli, e secondo il quale crediamo CENSURABILE LA CONDOTTA della Direzione dell’ospedale nel fatto che diede loro occasione.

E perchè la nostra censura non soffra eccezioni dobbiamo togliere ogni pregiudizio relativo alla seconda e alla prima delle conclusioni esposte, sulle quali la terza, delle censure, si appoggia.

Quanto alla seconda pochi sono che non veggano gli INCONVENIENTI che accompagnano il bene dovuto all’opera delle Ancelle, e che noi non abbiamo dissimulato esistere ed essere notevolissimo. Di questi inconvenienti ne indicheremo due soli: il primo, che le Ancelle, invece di un ministero solo nell’ospedale ne esercitano due: la cura degli ammalati uno e un altro la propaganda religiosa, con tutto ciò di biasimevole che necessariamente le va dietro, che è di più forme e che ci limitiamo ad accennare, non permettendo la ristrettezza dell’articolo di spiegarlo dettagliatamente, molto più che il pubblico già può saperne qualche cosa. Il secondo, che la Chiesa, dell’essere adoperata all’ospedale una corporazione da lei dipendente, [p. 207 modifica]e che è un suo strumento, si vantaggia nelle sue mire generali, sia direttamente in quanto opera potentemente sopra le persone curate negli ospedali, sia indirettamente in quanto IL CORRISPETTIVO PECUNIARIO NON INDIFFERENTE ritratto colla prestazione delle Ancelle, e da queste individualmente goduto solo in piccola parte, avanza nella parte maggiore al conseguimento delle mire generali medesime. Ne risulta quindi questo fatto al tutto anormale e riprovevole che in fine una rappresentanza civile come quella della Direzione dell’ospedale, adoperando le Ancelle della carità, viene a prestare la mano all’opera religiosa sia delle Ancelle stesse sia della Chiesa: ad una opera cioè alla quale per l’indole sua DEVE ASSOLUTAMENTE RIMANERE ESTRANEA.

Quanto poi alla prima conclusione, come vedemmo sopra, essa deve essere ammessa dalla Direzione dell’Ospedale in quanto altrimenti incorrerebbe nella taccia di quella TRUFFA, che dicemmo nel secondo articolo. Ma non c’è dubbio che non sia vera assolutamente parlando. Ma di ciò in un quarto ed ultimo articolo.

IV

Che sia necessaria la religione perchè nasca e predomini nell’uomo una idealità generosa, fu dottrina in passato universale. Venuta la scienza a dimostrarne la erroneità, rimane però ancora da per tutto nel volgo colto l’ECO della voce già spenta dei saggi che la espressero precedentemente, come comportava l’ambiente scientifico di un tempo. Ma anche l’ECO svanirà da sè e senza che occorra preoccuparsi della serietà molto, ma molto ingenua, colla quale alcuni ne assumono il ministero.

L’erroneità del principio che l’idealità umana si fondi in un ragionamento costruito coll’arte logica sulla credenza religiosa, fu dimostrata in libri che presentarono la questione sotto tutti i suoi aspetti, e condussero a conclusioni affatto irrepugnabili. E quindi a quelli ci rimettiamo per [p. 208 modifica]la dimostrazione stessa. E qui ci basterà riflettere ad alcuni fatti in ordine alla conclusioni che abbiamo di mira.

Se nelle Ancelle della carità si riscontrano le disposizioni lodevolissime sopra riconosciute, ciò dipende soprattutto da quell’insieme di circostanze onde vi sono apparecchiate. A prova di questo si noti per esempio anche il fatto che fra le persone religiose sono soprattutto le donne che riescono migliori assistenti dei malati. Anche nel nostro ospedale si è trovato opportuno di conservare le religiose, e non i religiosi che pure vi si esperimentarorno. Il che vuol dire che la donna è una costituzione che si presta meglio ad essere ridotta ai sentimenti per gli occorrenti uffici pietosi che non l’uomo. Se l’effetto fosse dovuto al valore per sè del motivo religioso, siccome questo è il medesimo per l’uomo e per la donna, dovrebbe riuscire lo stesso nell’uno e nell’altra; il che non si verifica. Inoltre chi non sa di donne e anche di uomini, scevri radicalmente da pregiudizi, e che pure in modo eroico, luminosissimo, si sacrificarono e si sacrificano pel bene dell’umanità sofferente? Certi medici, per esempio, curano con trasporto ed abnegazione sublime gli ammalati ed anche gli appestati, senza badare menomamente al pericolo imminente e grandissimo di perdere la vita, ed essendo notoriamente liberi da ogni credenza e pregiudizio religioso di qualunque maniera. Infierendo ultimamente il colera in alcune parti d’Italia, abbiamo assistito allo spettacolo dall’eroismo dei soldati del nostro esercito, che non è punto una istituzione religiosa; ma è anzi una istituzione scomunicata. Se attualmente le persone pronte ed adatte alla cura degli infermi si trovano soprattutto fra le religiose, ciò dipende unicamente dalle circostanze che l’educazione per ciò non si è estesa che pochissimo al di fuori delle comunità religiose. Onde a questo riguardo siamo in un caso analogo a quello pel quale un tempo i professori delle scienze si prendevano dai conventi. Un tempo solo nei conventi si studiavano le scienze, e quindi solo in essi se ne trovavano i [p. 209 modifica]rappresentanti. Oggi le scienze si coltivano soprattutto fuori dei conventi, e quindi è avvenuto che oggi i professori si pigliano non fra i religiosi, ma fra i borghesi; questi anzi fanno assai migliori prove che quelli. Tutto sta adunque che si applichi il metodo educativo opportuno a persone non religiose anche per avere dei buoni infermieri, e il risultato analogo anche per queste è infallibilmente certo.

Ed ecco quale dovrebbe essere il compito della Direzione dell’Ospedale. Creare una scuola, un educatorio, un semenzaio di infermieri e di infermiere. La cosa non è al tutto facile: questo è certo. Richiede genio in chi ha da crearla, e tempo per riuscirvi: ma SI PUÒ E SI DEVE farla. E noi poi crediamo che alla fine la si capirà e la si farà.

Noi qui non possiamo entrare nei particolari relativi ad un argomento di tanta importanza. Non solo un articolo non basterebbe, ma neanche un libro. Ci limiteremo solo ad accennare che la Direzione dell’Ospedale potrebbe all’uopo approfittare degli esposti più inclinati, che ha a sua disposizione, e degli orfani educati sotto la direzione delle opere pie.

Abbiamo detto che l’educazione speciale per gli infermieri degli ospedali è una cosa che si può e si deve fare, e che la si FARÀ indubbiamente. Qui tocchiamo un argomento del più alto interesse sociale, e che ci duole dover qui solo accennare senza potere sviluppare come conviene.

La società che va rifacendosi pei principi del POSITIVISMO, che è la vita umano-sociale dell’avvenire, (e lo diciamo con tranquillissima sicurezza malgrado il sorriso di sdegnoso disprezzo onde si accoglie quella eretica parola in certe sfere che si ritengono la testa della società e non ne sono che la coda) soprattutto vuol rifarsi SECONDO LA IDEALITÀ MORALE. E quindi tende con tutti gli sforzi per liberarsi da una immoralissima eredità del passato. L’eredità cioè dei pubblici servizi affidati a persone vili e che li eseguiscono per la servilità dello stipendio e senza sen[p. 210 modifica]timento di una missione nobile. L’esercito per difendere l’indipendenza e per conservare l’ordine pubblico già da tempo non è più l’accozzaglia della feccia più ribalda della società; ma si vuole che uno per appartenervi, oltre la robustezza, il coraggio, l’addestramento necessari, sia una persona colta, conscia dell’ufficio civile del soldato, penetrato della santità del dovere affidatogli. Così si è fatto colla creazione del corpo dei carabinieri, che non sono i birri truci e violenti di una volta. Così si tende a fare del personale alle dipendenze della questura e della direzione delle carceri. Così di tutti gli altri servizi pubblici. Così dunque anche per quelli degli ospedali. E senza che c’entri la religiosità, e senza che per questo l’intento non riesca, e non riesca assai meglio. Anzi l’avvenire della società, il suo ideale è precisamente questo: tutti gli uffici sociali affidati a persone probe, preparate opportunamente dagli elementi più adatti, informati del carattere civile della moralità positiva, in modo che la società sia un organismo morale, e non un organismo fondato sul congegno violento degli elementi più bruti e meno umani pescati nelle sfere più basse ed immonde.

(11 e 13 16, 23 gennaio 1880 del Giornale di Mantova, La voce di Belfiore).