Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/X. Le sfere omocentriche di Eudosso di Callippo e di Aristotele/Appendice I. - Estratto dal libro XII della Metafisica d'Aristotele - Capo VIII

Appendice I. - Estratto dal libro XII della Metafisica d'Aristotele - Capo VIII

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Appendice I. - Estratto dal libro XII della Metafisica d'Aristotele - Capo VIII
X. Le sfere omocentriche di Eudosso di Callippo e di Aristotele - VIII. - Ulteriori modificazioni fatte al sistema d'Eudosso X. Le sfere omocentriche di Eudosso di Callippo e di Aristotele - Appendice II. - Estratto dal Commentario di Simplicio al Libro II di Aristotele, De Cælo
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Estratto dal libro XII della Metafisica d’Aristotele

Capo VIII1.


Eudosso suppose che il Sole e la Luna fossero mossi ciascuno da tre sfere, delle quali la prima è quella (che si move al modo) delle stelle fisse, la seconda (si move) secondo il (circolo) che passa per lo mezzo dei segni zodiacali, la terza secondo un (circolo) collocato obliquamente nella larghezza della zona zodiacale. (Di questi circoli obliqui) quello secondo cui si muove la Luna è inclinato in maggior latitudine che quello secondo cui si muove il Sole. (E dice), i pianeti esser portati ciascuno da quattro sfere, delle quali la prima e la seconda sono le medesime che per il Sole e per la Luna; perchè quella delle stelle fisse appartiene a tutti, e quella che le succede e produce il movimento lungo lo zodiaco è comune a tutti. Ed i poli della terza esser per tutti collocati sul circolo mediano dei segni; della quarta poi il movimento farsi secondo un circolo obliquo rispetto al mezzo della precedente2. I poli della terza sfera essere diversi per alcuni pianeti, identici per Afrodite e per Ermes.

Callippo suppose la medesima disposizione di sfere che Eudosso, cioè la medesima successione delle distanze (delle varie sfere di un medesimo astro): e attribuì a Giove ed a Crono il medesimo numero (di sfere, che Eudosso); ma pel Sole e per la Luna opinò doversi aggiungere due sfere (a ciascuno) per rendere ragione delle apparenze: ai pianeti rimanenti, una per ciascuno.

Ma affinchè dalla simultanea combinazione di tutte (le sfere) si renda ragione delle apparenze, è necessario, per ciascuno dei pianeti, vi siano (oltre alle precedenti), altrettante sfere [p. 95 modifica]redigenti3 meno una, le quali restituiscano sempre alla medesima posizione la prima sfera dell’astro immediatamente inferiore; perchè così soltanto avviene che si producano i movimenti dei pianeti. Ora, essendo le sfere, in cui si muovono, da una parte otto, e d’altra parte venticinque4, di esse soltanto quelle non dovranno esser rigirate all’indietro, dalle quali dipende il movimento dell’infimo di tutti (gli astri)5. Pei due primi (astri) le (sfere) reagenti saranno dunque sei, e per i quattro che seguono, sedici; e il numero totale delle sfere motrici e reagenti sarà di cinquantacinque. Che se al Sole ed alla Luna non si aggiungano i movimenti che abbiamo detto, il numero totale delle sfere sarà di quarantasette6.

  1. Aristoteles, Grcæce ex recensione Immannuelis Bekkeri edidit Academia Regia Borussica. Tom. II, pp. 1073— 1074. Berolini 1831.
  2. Intende senza dubbio l’equatore della sfera precedente.
  3. ἀνελιττούσας, cioè rivolgenti in senso contrario. Lo stesso termine è dai posteriori, come Sosigene e Simplicio, preso in più ampio significato, e comprende tutte le sfere del sistema, sia deferenti, sia reagenti: nel qual caso abbiam tradotto lo stesso vocabolo con la parola revolventi.
  4. Cioè otto quelle di Giove e di Crono (aventi quattro sfere ciascuno secondo Callippo), e venticinque quelle degli altri cinque astri (aventi ciascuno cinque sfere secondo Callippo).
  5. Cioè della Luna.
  6. Questo numero già così stava negli antichi esemplari, per testimonianza di Sosigene, Temistio, Simplicio, Alessandro e Porfirio, nei loro commenti ad Aristotele. Vedi su questo numero l’Appendice II, § 12