Scritti editi e postumi/Manoscritto di un prigioniero/Mia Madre
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MIA MADRE
Indovinate chi amo più di tutti sulla terra? Io amo mia Madre; – io l’amo più della Patria, cui dono il mio sangue se lo vuole, – più della mia T.***, ch’io amo pur tanto. – Povera mia Madre! Se voi la conosceste, forse non ci capireste nulla. No, non è una donna elegante, – non sa di musica, – non sa il Francese, – non ha cerimonie; – è una donna quieta come un ciel sereno, una donna alla buona che crede in Dio, che va ogni giorno alla Messa, a pregare prima per me e poi per sè; è una donna alla buona, che crede in tutto; – crede, che l’olio versato porti sciagura; – crede, che il vino versato porti fortuna. È una povera donna, che ama il suo figliuolo come voi amate voi stessi. – Io mi confesso come davanti a Dio. Non amo tanto mio padre; – è un buon uomo, – ma la mia povera Madre è bene altra cosa. – Io non amo mia madre per il latte che mi ha dato, perchè del latte non me ne rammento; – ma quando mio padre talvolta mi sgridava, ella mi consolava, – mi asciugava le lacrime, – mi baciava – mi dava un trastullo, – mi riconduceva alla gioia. Quand’io andava a scuola, e mi era innamorato dei libri, mia Madre mi dava il danaro, onde comprarmeli. – Mia Madre mi ama come il suo cuore, – io sono il suo cuore. Mi guarda con una compiacenza, – s’inorgoglisce di me, come la giovane sposa della sua corona di rose nel dì delle nozze. – Ed io l’amo ugualmente. Io ho un sembiante duro, – e quando sento dentro non sono punto espansivo; – ma gli occhi mi parlano, – e mia Madre guidata dall’istinto mi guarda sempre negli occhi, e ne riman consolata. Povera mia Madre! ora tu non puoi più guardarmi, e chi sa per quanto! – Io aveva il vizio di addormentarmi col lume acceso, e mia Madre si levava di notte a levarlo, perchè temeva un pericolo. E alla mattina entrava nella mia stanza a vedermi, in punta di piedi, e rattenendo il respiro, per non rompermi il sonno. – E quando parlava di me alle vecchie sue conoscenti, diceva che io era un angiolo, – e io risapendolo rideva di cuore, pensando che il mondo mi chiamava un diavolo. – Povera mia Madre! Dio ti renda quella mercede, che merita il tuo tanto amore!
Una sera io fui ferito di tre stilettate1; – tutti credevano ch’io morissi, – anch’io lo credeva. Fui portato a casa agonizzante; – caddi in deliquio, e vi stetti più ore. Al risensarmi, chi trovai presso al letto? – Era mia Madre, e così vicina a me, che di certo intendeva col suo fiato caldo d’amore di vincere il gelo della morte. Mi parve l’Angiol custode. Mi ravvivai, – cominciai con lei un colloquio lungo, veloce, passionato, sublime; – mia Madre mi rispondeva interrottamente; – io nell’esaltazione non me ne accôrsi: mia Madre era convulsa; – ella non può piangere. Se io me ne fossi avveduto, forse sarei morto. Mia Madre dacchè mi hanno strappato al suo seno è stata vicina a morte2. O povera mia Madre! perdonami il tuo dolore! potessi avere almeno contato i tuoi palpiti per rammentarmene!
Qui finisce il Manoscritto di un Prigioniero; nella pagina interna della coperta si leggono questi due versi:
LA PRIGIONE È UNA LIMA SÌ SOTTILE
CHE AGUZZANDO IL PENSIER NE FA UNO STILE.
Note
- ↑ [p. 116 modifica]La domenica 2 Decembre 1827, trovandosi egli in compagnia d’amici e di altri in un sobborgo della nostra città, ed insorta una rissa fra questi ed alcuni uomini della plebe, ei fu gravemente ferito senza sua colpa o provocazione. Dopo lunga e penosa cura, uscì di pericolo; se non che forse quel fatto diede occasione allo sviluppo del male, che fin d’allora cominciò a minare segretamente la sua esistenza.
- ↑ [p. 116 modifica]Vedi in fine di questa Prima Parte le Lettere al Padre. Si rileva da quelle, come disgraziatamente avessero séguito questi primi sintomi d’una malattia, la quale travagliò poi per sedici mesi continui la povera donna. Violante Milanesi, Madre del Bini, morì il 2 di Gennaio del 1835.