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vera mia Madre! ora tu non puoi più guardarmi, e chi sa per quanto! – Io aveva il vizio di addormentarmi col lume acceso, e mia Madre si levava di notte a levarlo, perchè temeva un pericolo. E alla mattina entrava nella mia stanza a vedermi, in punta di piedi, e rattenendo il respiro, per non rompermi il sonno. – E quando parlava di me alle vecchie sue conoscenti, diceva che io era un angiolo, – e io risapendolo rideva di cuore, pensando che il mondo mi chiamava un diavolo. – Povera mia Madre! Dio ti renda quella mercede, che merita il tuo tanto amore!
Una sera io fui ferito di tre stilettate3; – tutti credevano ch’io morissi, – anch’io lo credeva. Fui portato a casa agonizzante; – caddi in deliquio, e vi stetti più ore. Al risensarmi, chi trovai presso al letto? – Era mia Madre, e così vicina a me, che di certo intendeva col suo fiato caldo d’amore di vincere il gelo della morte. Mi parve l’Angiol custode. Mi ravvivai, – cominciai con lei un colloquio lungo, veloce, passionato, sublime; – mia Madre mi rispondeva interrottamente; – io nell’esaltazione non me ne accôrsi: mia Madre era convulsa; – ella non può piangere. Se io me ne fossi avveduto, forse sarei morto. Mia Madre dacchè mi hanno strappato al suo seno è stata vicina a morte4. O povera mia Madre! perdonami il tuo dolore! potessi avere almeno contato i tuoi palpiti per rammentarmene!
Qui finisce il Manoscritto di un Prigioniero; nella pagina interna della coperta si leggono questi due versi:
LA PRIGIONE È UNA LIMA SÌ SOTTILE
CHE AGUZZANDO IL PENSIER NE FA UNO STILE.