Saggio sulla rivoluzione/Prefazione

Napoleone Colajanni (1847)

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Avvertimento al lettore Capitolo I
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PREFAZIONE




Cari Amici,

Quando mi pervenne il vostro gradito invito di scrivere una prefazione pel Saggio sulla rivoluzione di Carlo Pisacane, mi proposi di fare uno studio sull’uomo e sul pensatore, non certamente degno dell’uno e dell’altro — chè a tanto le mie forze non sarebbero bastate, ma che avesse almeno potuto attestare della intenzione mia sincera di fare il meno male che per me si potesse.

Ho dovuto rinunziarvi perchè so che avete fretta di pubblicare il libro. Mi limito perciò ad applaudire alla scelta del Saggio di Pisacane, come primo volume della Biblioteca Socialista ed esporre brevemente le ragioni del mio giudizio, che certamente saranno state anche quelle che guidarono voi.

In Italia si conosce abbastanza Carlo Pisacane come patriota, come eroe, come martire; lo si conosce poco o nulla come pensatore e come socialista; nessuno, forse, tra gli appartenenti alla generazione [p. - modifica]sorta dopo il 1860, ha letto i suoi libri. Ora, in un momento in cui il patriotismo cade in discredito per le male opere dei patrioti, fu savio divisamento quello di fare apprezzare in Pisacane il pensatore socialista.

Fu savio l’intendimento, perchè nella miseria intellettuale del socialismo italiano non poteva lasciarsi nell’oblio questo Saggio sulla rivoluzione, ch’è il primo libro italiano moderno in cui ex professo si espongano le teorie socialistiche.

La ripubblicazione non è del resto un semplice atto di riconoscenza; poichè lo scritto di Carlo Pisacane, a quarant’anni di distanza, conserva un sapore di modernità e di vera contemporaneità, che sorprende e desta ammirazione.

Anzitutto si deve rilevare che nel nostro autore si sente l’influenza degli scrittori e delle rivoluzioni francesi nella genesi delle sue idee; ma egli ha saputo emanciparsi dalla venerazione cieca verso la Francia, che in una mente meno robusta avrebbe potuto suscitarsi. Si può, anzi, deplorare che troppo egli si lasci trasportare nell’antipatia contro la Francia; ciò che si può spiegare coi ricordi della spedizione di Roma del 1849.

Carlo Pisacane, come possono oggi farlo i più avanzati socialisti, combatte Giuseppe Mazzini; ma se egli si mostra severo contro la sua dottrina (specialmente nella parte che rispecchia il misticismo [p. - modifica]cristiano e la vana speranza di farne una leva per la rigenerazione sociale) e contro il suo metodo (e non sempre le sue accuse sono giuste), è sempre pieno di affetto e di rispetto per la persona.

La vera contemporaneità delle idee del caduto di Sapri risulta in modo veramente brillante da ben altri elementi.

Carlo Pisacane quando scrive della fatalità delle rivoluzioni, della minima influenza della propaganda delle idee e della massima pressione dei bisogni, pare che abbia voluto anticipare la risposta ai codardi e agli inetti, che nei moti di Sicilia non videro che l’azione dei sobillatori. Se scrive sul contrasto tra la crescente ricchezza dei pochi e la miseria dei molti, sulla impotenza dei progressi tecnici e industriali a lenire le sofferenze dei lavoratori, pare che le sue siano pagine stralciate da Henry George; nè nei libri di Marx e di Loria si trova recisamente affermata la preminenza della quistione economica e la subordinazione della politica, più che in questo Saggio sulla rivoluzione. Nel quale, infine, si rinviene nettamente delineata la teoria anarchica col considerare il governo come un’ulcera, nel ritenere che una società si livella da sè e che la libertà non si apprende dagli educatori; nel combattere le leggi perchè riescono sempre a benefizio dei privilegiati, che le fanno, nel giudicare che dev’essere spontanea la reciproca limitazione [p. - modifica]tra i diritti di tutti e legittima la soddisfazione di tutti i bisogni e delle inclinazioni di tutti; nel propugnare la formola libertà e associazione da sostituirsi a quella mazziniana Dio e popolo e all’altra francese libertà, uguaglianza e fratellanza, che ai tempi di Pisacane erano in onore tra i rivoluzionari italiani.

Però anche Pisacane ha pagato il suo contributo alla dea contraddizione. Così, mentre in lui si manifestano le preferenze per l’anarchia quando delinea il futuro patto sociale, quando poi accenna al modo di disciplinare l’azione futura si sente l’uomo che crede nella utilità dello Stato. Egli accenna alla tendenza verso l’unità mondiale, verso l’internazionalismo, ma non sa sottrarsi ad una specie di chauvinisme nei ripetuti paralleli tra l’Italia e la Francia, che irrompe più veemente quando esclama: sono umanitario, ma innanzi tutto italiano. Egli pensa e scrive come un intransigente socialista contemporaneo e disprezza la quistione politica e il principio della nazionalità; ma agisce diversamente e per la patria dà la vita!

Innanzi a quest’ultima e sublime contraddizione inchiniamoci riverenti; e inchinandoci rintracciamo nel suo stesso Saggio la ragione del contrasto.

Carlo Pisacane, come tanti sommi psicologi contemporanei, ripetutamente afferma che la coltura, i libri, le idee non sono i fattori determinanti delle [p. - modifica]azioni, ma che invece la molla vera alle medesime si deve cercare negli affetti, nei bisogni, nei sentimenti. Egli nato e vissuto in un momento in cui la patria e la nazionalità erano tutto, per la patria e per la nazionalità, anche quando la sua mente incamminavasi per un’altra via, eroicamente morì. E del resto, a suo giudizio, era utile, era necessario, che si sperimentasse la vanità della ricostituzione della nazione! E colla constatazione di questa scomparsa della illusione patriotica, prevista dal nostro autore, permettetemi che io vi ringrazi della occasione somministratami di unire il mio nome, in qualsiasi misura e modo, ad un’opera che credo utile e doverosa e vi stringo con affetto la mano.


Castrogiovanni, 12 Aprile 1894.

Vostro
N. COLAJANNI