Saggio intorno ai sinonimi della lingua italiana/Perdere - Smarrire

Perdere - Smarrire

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PERDERE - SMARRIRE.


Perdere è rimaner privo della cosa posseduta, senza speranza di riaverla; smarrire è perdere una cosa, ma non senza speranza di ritrovarla: epperò si perde il tempo, perchè una volta gettato non torna; si perde la vita; sì perdono in un incendio o in un naufragio le robe; ma queste si possono smarrire in una foresta, come vi si può smarrir la strada; si perde l’amica o l’amante, perchè è natura dell’amore di non ritornar più nello stesso stato di prima; ma si smarriscono i sensi, perchè si può risensare, e si smarrisce il colore del volto, perchè ritorna; la speranza non si smarrisce mai, perchè o si ha o si perde; i peccatori sono pietosamente chiamati dalla Chiesa pecorelle smarrite, quasi a dir loro, che la porta del perdono d’Iddio è sempre ad essi aperta; ma l’Alighieri chiama gente perduta i condannati al fuoco eterno. In somma l’idea dello smarrire importa con se quella di ritrovare, [p. 97 modifica]quella di perdere la toglie: con quella voce si accennano le cose per a tempo, con questa per sempre. Chiuderò con un bellissimo esempio del giusto impiego di queste due voci tratto dalle storie fiorentine di Benedetto Varchi. Al tempo dell’assedio di Firenze, e degli ultimi aneliti della libertà italiana, agitavano que’ cittadini raccolti in parlamento l’alta quistione del fare o non fare accordo col Papa loro nemico: diverse erano le sentenze, e fra que’ cittadini che pendevano pel sì v’ebbe pure Zanobi di Francesco Carnesecchi, leale e diritto mercatante non che pratico e prudente popolano, il quale dopo lunga e posata orazione conchiuse con queste parole: » Accordando sì smarrisce e non si perde la libertà; dove non accordando ed essendo vinti, non si smarrisce a tempo, ma si perde per sempre.»

Chi può dimenticare in queste proprietà del discorso il Segretario fiorentino? leggasi la famosa lettera ch’egli scrive a Francesco Vettori1, la quale incomincia: »...... Mi pareva aver perduta no, ma smarrita la grazia vostra.»

Note

  1. Machiay. op. Firenze 1813 vol. 8 pag. 93.