Saggio di racconti/XI/VIII
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ossia l’Adolescenza d’un Artista nel secolo XVI
Una prova di coraggio
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Francesco aveva visto da lontano la fiera zuffa; e benchè giovinetto, arditamente si doleva che i cittadini avessero tentato invano di ricuperare la libertà. Quando poi scorse come una di quelle pietre gettate giù dal palazzo avesse rotto l’omero e troncato di netto il braccio del David scolpito dal Buonarroti, unì al dolore di popolano quello d’artista, e si sarebbe scagliato subito tra gli assalitori per ricuperare i pezzi, se da sè solo avesse potuto raccoglierli tutti. Dopo essere stato alquanto in fra due, vinto dall’impazienza, corse a ritrovare il Vasari al Ponte vecchio, e con animo risoluto gli disse: «Tu vedi come ci perseguita la disgrazia! Siamo condannati a viver tuttora in schiavitù, e vediamo anche perir senza pro i monumenti dell’arte. Se per tenere il palazzo dovessimo perderli tutti, pazienza! La repubblica saprebbe alzarne dei nuovi e più belli. Ma ecco qui; il David del Buonarroti ha perduto un braccio, e il palazzo è tornato a’ Medici; almeno salviamo il David dagli oltraggi di quei mascalzoni; che non si vantino di averci sfregiati così. Ah! io vorrei recuperar que’ pezzi, fare alla patria e al Buonarroti questo servizio; ma solo non posso! chi mi aiuta?» — «Io» rispose francamente il Vasari. «Ma come faremo? la piazza è piena di soldati e d’artiglierie. Non vedi come si sono appostati per tutto? Ora nessuno ardisce andar fuori; anche i Palleschi1 sono in sospetto. Chi entra fra quella selva di spadoni, d’archibusi e di picche?» — «Eh! c’entrerei ben io, diceva Francesco incrociando i pugni sul petto, se potessi prendere da me solo in una volta que’ pezzi. No, non avrei paura. Po’ poi sono un ragazzo; non vorranno costringermi a dir: Viva le palle! E purchè mi lasciassero ricuperare il braccio del David, saprei morire come quel generoso del Ciacchi con le parole di popolo e libertà sulle labbra2» — «Ebbene son teco, disse infiammato dall’esempio il Vasari; in due potremo prendere tutti i pezzi.» — «Giorgio! dici tu il vero?» abbracciandolo con trasporto. — «Avanti subito!» rispose Giorgio con più ardire che mai. — «Avanti!» ripete Francesco; e corsero verso piazza. Firenze pareva diventata un campo di guerra. Alla coscia dei ponti, alle porte dei palazzi, agli sbocchi delle vie e delle piazze erano genti armate, feroci, impazienti di spogliare i cittadini sotto colore di vendetta, e «con le picche dall’un canto all’altro, a guisa di sbarre attraversate,» non lasciavano accostarsi nessuno; i cittadini chiusi nelle case, sbarrati usci e botteghe, sospeso ogni affare, ogni lavorìo; silenzio e sbigottimento per tutto. Non si persero d’animo i giovinetti; passarono rattamente di mezzo ai soldati che guardavano in cagnesco; e non badando alle torve occhiate nè allo strepito delle armi nè alle minacce, in due salti furono sotto il palazzo tra la macìa dei sassi, e si chinarono a cercare, a raccogliere i pezzi del braccio. Quell’atto svegliò il sospetto delle sentinelle più vicine che si mossero per cacciarli o per arrestarli; ma Francesco, interpostosi fra le picche e Giorgio che raccoglieva i pezzi più piccoli, gridò con intrepidezza: «In nome della signoria lasciateci fare.» I soldati rimasero stupiti a tanto ardire; e visto che quei ragazzi non volevano fare altro che prendere i pezzi di marmo, e che già molti popolani s’erano affollati sul canto di Vacchereccia, temerono qualche tumulto, non gli toccarono, e gli lasciarono andare. Allora Francesco e Giorgio a lenti passi, col capo alto, quasi in trionfo ripassarono di mezzo agli armati, e tra l’applauso della gente maravigliata del loro ardimento, recarono le salvate reliquie nel chiasso di messer Bivigliano in casa di Michelangiolo padre di Francesco3.
Così all’amore dell’arte e al coraggio di un giovinetto di 17 anni e di un fanciullo di 13 dobbiamo l’integrità di uno dei più belli ornamenti della piazza della Signoria.
Note
- ↑ I partigiani dei Medici.
- ↑ «Così v’ebbero di quelli che stettero a’ patti di piuttosto volersi lasciare ammazzare e tagliare a pezzi, che di mai altro che popolo gridare, come a Bernardo di Tommaso Ciacchi intervenne, il quale avendo dal canto degli Antellesi una buona piccata toccato, e tornandosene di suo passo col becchetto del cappuccio avvolto al capo verso casa, riscontro innanzi alla Chiesa di s. Pulinari alcuni soldati, i quali mai dal suo proponimento rimuovere nol potettero, anzi quante ferite gli davano essi dicendo, grida palle, tante egli con meravigliosa costanza e ostinazione gridava, popolo, e così gridando cadde morto.» Varchi Lib. II.
- ↑ «Donde avutili poi il duca Cosimo, gli fece col tempo rimettere al loro luogo con perni di rame.» Vasari Vita di Cecchin Salviati.