Saggio di racconti/XI/IV
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ossia l’Adolescenza d’un Artista nel secolo XVI
La figliola
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Michelangiolo godeva a mirar l’Anna che s’affaccendava con tanto amore e con tanta destrezza; e scordate le cure del traffico e il diavoleto delle feste, era tutto contento d’esserle padre. Sorrideva di compiacenza a tenerle dietro con l’occhio mentr’ella andava e veniva per la camera; e faceva sul conto suo quelle riflessioni che senza un’occasione straordinaria come quella non avrebbe forse mai fatte. «Bene, esclamò finalmente, bene figliuola mia! Chi t’ha insegnato eh? tutte queste cose, chi te l’ha insegnate? Già lo so io! Sì, lo so io.... Vien qua, dammi un bacio!» L’Anna corse nelle sue braccia, gli pose il capo sul seno, ed egli sentì riaprirsi il cuore a tutta quella tenerezza che da lungo tempo era in lui soverchiata dal dolore d’aver perduto la moglie. Sin da quel punto aveva cercata una distrazione al pensiero di tanta perdita coll’ingolfarsi più che mai negli affari del traffico, quasichè avesse voluto sfuggire l’occasione di godere i piaceri domestici senza la compagnia di chi glieli rendeva più cari. Così pareva divenuto burbero e interessoso; ma l’Anna conoscendogli il cuore sapeva che in fondo era sempre un padre pieno d’affetto. Quindi s’era proposta di spiare il momento favorevole d’intercedere per Francesco; e stimò che il caso glielo avesse subito offerto. Laonde fattasi animo, guardandolo fisso con occhi pieni d’affetto, gli disse: «Babbo, siete dunque contento di me?» — «Figliuola mia, rispose egli con la voce alterata dalla commozione e stringendola al seno, ringrazio la Provvidenza d’avere una figliuola come te; sei la mia gioia, la mia sola consolazione.» — «O Francesco? aggiunse ella seguitando a fissarlo con tenerezza.» — «Anch’egli, povero figliuolo, anch’egli, rispose il padre. Oh! sì ne son contento. È vero che è troppo timido, che non è operoso quanto vorrei... non è come te, ma... Si farà, si farà a forza di esercizio; e col tuo esempio, vedi, col tuo esempio, so io che diverrà il miglior maestro di bottega che sia in Firenze. Ora è fanciullo, non ci bado. Ha ingegno ve’, oh! l’ingegno non gli manca... ma questo solo non basterebbe. Se tu sapessi cosa vuol dire aver sotto di sè tanta gente! dover vigilare, dirigere... Eh eh! ci vuol altro! Ma aspetta che cresca e vedrai...» L’Anna lo lasciò dire e dire, finchè preso un tono più dolce, e non potendo reprimere un sospiro, soggiunse: «Ma! non vedete com’è gracile, com’è andato a male in poco tempo?» — «Eh! sul punto di fare la complessione, tutti i ragazzi, un po’ più un po’ meno, se ne risentono. Ma non aver paura; la vita attiva gli metterà forza, e gli darà animo.» — «Ma se perdesse la salute prima di riescire?...» — «Anna! interruppe egli aggrottando un poco le ciglia, che paure son queste? sapresti tu qualche cosa? Non mi nasconder nulla.» L’Anna si scolorì un poco nel volto, e giugnendo le mani, e quasi genuflessa alle ginocchia del padre riprese: «Ma non vorrei affliggervi... non vorrei che Francesco ne rimanesse mortificato.» — «Mortificato! parla; cosa può essere?» — «Mi promettete di non affliggervi..... di perdonargli una colpa involontaria?» E lo carezzava con tanto amore, che il padre raddolcita la voce e le maniere — «Sì, sì... esclamò, dimmi tutto; non mi tener più in questa incertezza.» Allora l’Anna incominciò francamente: «Francesco da un pezzo in qua patisce molto, ma molto. Egli si logora dentro di sè, poverino, si dispera, perchè voi gli avete proibito di studiare il disegno. Vorrebbe obbedirvi, ma non può; si sente una vocazione invincibile alla pittura; non dorme la notte per disegnare, non mangia per la passione; e se continua in questo modo, finisce miseramente. E più di tutto lo tormenta la difficoltà d’obbedirvi. Ieri mi confidò ogni cosa. Oh! se l’aveste visto piangere, rimproverarsi...» Ma ella non poteva continuare per il singhiozzo, e stringendo al babbo le ginocchia, si studiava d’impietosirlo. Il suo volto esprimente ora il dolore, or la speranza, seguiva tutti i più piccoli moti di quello del padre; ed a lui pareva che ogni sguardo della figliuola gli penetrasse nel fondo del cuore. «Ah! sì, diss’egli dopo un momento di silenzio, io doveva prevedere qualche conseguenza dal mio divieto; ma non credeva che Francesco dovesse giungere a questo segno. Dunque avrà proseguito a dar retta al Diacceto; e si prevale della notte....» — «Ma è pentito, interruppe la sorella, e se non vi fosse stato indotto, chi sa?» — «Intanto, riprese il padre, ecco distrutte le mie speranze... — Ma se la vocazione è vera! — Chi me ne assicura? — Mirate, babbo mio, mirate com’è ridotto!» soggiunse ella piangendo. Si provò Michelangiolo, ma non gli riuscì, a mostrarsi renitente ed austero; e finchè restò un po’ incerto sul partito da prendere, gli convenne fuggire li sguardi di quella cara creatura... Ma alla fine aveva viscere di padre; la condotta di Francesco nel rimanente era stata sempre buona, e a così tenere esortazioni era cosa ardua il non piegarsi. Tuttavia era compatibile se esitava a rispondere. Ma quella titubanza cominciò oramai ad esser troppo penosa per lui e per l’Anna. Gli vennero sulle labbra alcune parole di rimprovero, gli ribollì l’aver disegnato di notte, il non aver saputo nulla per tanto tempo, la segreta corrispondenza col Diacceto... Ma queste idee troppo incalzate l’una dall’altra si distrussero tra di loro; tutto il rimprovero svanì in due o tre suoni senza significato, e alla fine respingendo con dolcezza le mani dell’Anna, e voltandosi indietro, le disse: «Ebbene! gli concederò di provarsi per qualche tempo; se la sua vocazione sarà vera, se i maestri conosceranno che vi sia fondamento, gli permetterò di fare il pittore.» L’Anna con un grido di gioia balzandogli al collo, e piegandosi sotto il suo volto per conoscerne i moti, «Grazie, babbo, esclamò, grazie! Già gli vorrete bene come prima, è egli vero?» Michelangiolo le lanciò un’occhiata di rimprovero per l’ingiusto sospetto; ma poi rasserenandosi tutto, dandole un bacio, «Come a te, rispose, come ai figliuoli di quell’angiolo di tua madre. Dio me la tolse, continuava con un trasporto di tenerezza; ma ci siete rimasti voi, con la stessa sua anima, a consolare la vecchiaia del povero vedovo!» Poi mettendo la destra sul capo dell’Anna, e accostandosela al petto con la sinistra: «Che Iddio ti benedica!...Va a riposarti; consola domani il tuo, il nostro Francesco; e digli pure, sì, digli che io gli concedo volentieri di far la sua volontà, e penserò a trovargli un maestro.» L’Anna non capiva più in sè dalla gioia; non aveva parole fatte; e baciata la mano al padre, tutta giubbilante esciva di camera. Ma quando fu sulla soglia si soffermò, e disse sommessamente: «Già Francesco.... poverino!... non dorme più in pace come prima... scommetto io che ancora e sveglio.... Babbo! se andassi subito a dirglielo?...» E il padre con amorevole compiacenza, «E tu va subito» disse. Allora tornando a lui e pigliandolo per la mano, e guardandolo di sotto in su con un dolce sorriso: «Se veniste anche voi! esclamò. Se veniste a dirglielo proprio da voi... Quanto sarebbe più grande la consolazione di Francesco!... Oh! come dormirebbe bene dopo tante notti vegliate coi rimorsi!» — «Eh! rispose Michelangiolo, che vuoi tu che ti dica? Stasera... è una gran serata stasera. Bisogna far tutto a modo suo, aggiunse tra sè; ebbene! Se non dorme... eccomi teco.» E andava, lasciandosi condurre per mano dalla figliuola. «Ma, disse poi rattenutosi un poco, e messo in sul serio «e se fosse al solito a disegnare?... E che io dovessi trovarlo lì?... Anna! Il tuo amore il tuo zelo per il fratello meritano molto, ed io, lo vedi, io voglio bene a Francesco; ma non converrebbe abusare, essere troppo indulgente. Po’ poi sarebbe sempre disobbedienza» — «Oh! non c’è pericolo, riprese l’Anna. Dacchè io gli ho promesso di manifestarvi il suo pentimento, il suo desiderio, non ha più toccato un disegno. Anzi io gli dissi: E se tu non potessi ottenere il permesso di disegnare, vorresti disperarti, continuare a disobbedire tuo padre? E quasi quasi lo indussi a fare la privazione per sempre. Ma caso mai (che non lo credo), caso mai non avesse potuto resistere... vedrò prima io; andrò innanzi... e se fosse levato a disegnare... già il perdono è dato e la licenza non si ritratta... ma allora.... aspetterà a domani a saperlo; e se non glielo vorrete dir prima voi, ci vorrà pazienza, lo saprà da me. Ecco fatto.» E preso il lume corse verso la cameretta di Francesco. Suo padre a lenti passi le andava dietro. Ella, arrivata sulla soglia fece capolino all’uscio, e vide il fratello già a letto. Tornata indietro con baldanza accennò al babbo che ogni dubbio era svanito. «Ma dormirà,» diss’egli sotto voce. «Ah!» scotendo il capo «vedrete che non dorme.» E finite le sue parole lo udirono sospirare. Allora il padre non pote resistere; fece cenno all’Anna di entrar subito a prevenirlo; ed era più impaziente di lei di dare quella consolazione al figliuolo. «Buone nuove, Francesco» esclamo l’Anna entrando nella camera, «buone nuove!» — «A me?» diss’egli maravigliato. — «Si, buone nuove, e meno sospiri. Cosa sono questi sospiri? — E tu me lo dimandi? — Non più, non più» seguitò ella con un sorriso. «Ecco il babbo che viene da sè a darti le buone nuove!...» Michelangiolo entrava a braccia aperte; Francesco s’alzò a sedere sul letto, e indovinata la cosa, non potè fare altro che abbracciare ora il padre, ora la sorella, piangendo dalla consolazione. «Sì, l’ho perdonato, diceva Michelangiolo; se hai disobbedito per questa ragione, ti ho perdonato... e ti darò licenza di studiare la pittura. Hai capito? non rispondi? Francesco!» Il fanciullo di temperamento molto sensibile, era quasi in deliquio, e pigliandogli il capo con ambe le mani, lo vide pallido oltre l’usato; si accorse che si sforzava a parlare, ma non poteva. L’Anna a vederlo in quel modo balzò subito con un grido all’altra parte del letto, e ambedue reggendolo a poco a poco lo riposero a giacere. Il sudore gl’inondava la fronte, e guardava con occhi smarriti. Ma fu un momento; appena steso nel letto, potè parlare, come se gli si fosse sciolto ad un tratto il nodo che gli serrava la gola; e rialzatosi da sè stesso, diceva: «Tanta consolazione era troppa... così subito, inaspettata... Oh babbo, quanta bontà! Ma è proprio vero? E tu, sorella mia... Ah! quanto vi ringrazio!» E ritornava agli amplessi, e a dare sfogo con le lacrime alla sua gioia. «Or bene, disse Michelangiolo, basta così... Goditi la libertà di studiare il disegno; che Dio benedica le tue speranze, e dormi in pace... Da qui innanzi, la notte... Sì... hai capito, via... Andiamo a riposare anche noi. Addio!» E con un altro bacio lo lasciò. L’Anna, strettagli forte forte la mano, riprese il lume, corse innanzi al padre, e ambedue uscirono dalla camera.
Chi è andato a letto con una buona nuova potrà dire se l’Anna e Francesco si addormentarono subito, o immaginare che cari sogni avranno fatto. Anche Michelangiolo prima di dormire dovè godersi alcuni momenti di consolazione. Egli s’era staccato dal cuore una spina, una spina che ancora non lo pungeva, ma era lì lì per intaccarlo. Benchè si fosse dato a credere che lo smagrimento di Francesco dipendesse dal mal di crescenza, nonostante quella continua malinconia cominciava a dargli pensiero, ed a costo di perdere ogni speranza pel traffico, era contento d’averlo esaudito.