Saggio di racconti/XI/III

Cecchin Salviati
ossia l’Adolescenza d’un Artista nel secolo XVI
Le feste

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Cecchin Salviati
ossia l’Adolescenza d’un Artista nel secolo XVI
Le feste
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LE FESTE

Verso la fine dell’anno 1523 il cardinale Giulio, figliuolo di Giuliano dei Medici, fu eletto Papa; e siccome era fiorentino, così il giorno dopo il colloquio di Francesco con la sorella, incominciarono in Firenze le feste per celebrare quell’elezione.

I Medici, per le grandi ricchezze acquistate col commercio, per le dignità avute in patria e fuori1, per l’appoggio degli stranieri, e per una sfrenata ambizione, avevano talmente soverchiato l’autorità del popolo, che ormai parevano piuttosto principi che cittadini. Tanto essi che i loro amici esercitavano le primarie magistrature, e trattavano arbitrariamente i più gravi negozi della repubblica. Fomentando poi le discordie, e prevalendosi del disordine e dei mali [p. 102 modifica]umori che da esse derivano, inducevano i più timidi a cedere alla loro autorità, e adescavano i malvagi con la partecipazione del potere e del guadagno. Ma i cittadini più onesti non potevano sopportare le usurpazioni, le parzialità e il sovvertimento del governo repubblicano; e la famiglia dei Medici era già stata cacciata due volte dalla sua patria. La prima volta fu cacciato Cosimo con parte della sua setta l’anno 1433, e stato un anno in esilio, fu richiamato, e ritornò l’anno 14342. La seconda fu cacciato Piero suo bisnipote coi fratelli e il figliuolo l’anno 1494; ma dopo 18 anni che stettero fuorusciti, furono nel 1512 rimessi in Firenze, meno per volere del popolo, che per appoggio degli stranieri; e si studiarono di governare con più ardimento che mai. Nelle quali tornate avevano per principali fautori i grandi e i popolani più traviati ne’ costumi, e tutti coloro che ambivano con le magistrature e coi denari del comune corrompere la giustizia e gli ordinamenti repubblicani, e riparare al disordine dei loro particolari interessi. Tuttavia, benchè il popolo fosse ingannato dai simulatori e minacciato dagli stranieri, non posava sempre, ed era piuttosto trattenuto che avvilito. Nè la potenza dei Medici stava sicura, quando in specie, morto Lorenzo (1519) ed estinta in Leone X (che morì nel 1521) la legittima successione di Cosimo, così detto padre della patria, erano rimasti a rappresentare la famiglia due [p. 103 modifica]illegittimi discendenti, Alessandro di 13 e Ippolito di 12 anni. Ma l’elezione del cardinale Giulio dei Medici alla dignità del papato era opportuna per rinfrescare le forze e l’audacia del loro partito, che appunto allora pericolava. Quindi le feste in onore del nuovo Pontefice furono piuttosto ordinate che spontanee per sincero giubbilo universale. I soli amici dei Medici vollero sfoggiare, appunto per dispetto degli avversari; e poichè Firenze è stata sempre doviziosa d’artefici eccellenti, e in quel tempo ve ne erano molti dei ragguardevoli, così fu facile trovarne alcuni che o per avidità di guadagno o per paura, o guardando solo alla celebrità della repubblica, ponessero mano a quelle feste, e le facessero riescire sontuose.

Così coi denari del comune furono addobbati i palazzi medicei e le chiese, alzati archi trionfali sulle piazze e sui trivii, scolpite e dipinte bellissime istorie nelle facciate dei principali edifizi, e fatte luminarie, processioni e solenni ringraziamenti. Il Duomo poi fu ornato più pomposamente e religiosamente che si poteva e di lumi e di festoni e di scudi, e d’una innumerabile e molto bene scompartita quantità di drappelloni. Alla porta principale fu fatto un bell’ornamento d’architettura, con parecchie storie di basso-rilievo, tutte coperte d’oro, significanti le gesta di Gesù e degli Apostoli, e sopra di esse, come in luogo più eminente e più degno, una grandissima arme dei Medici con le coppette egualmente dorate, con le chiavi papali e il triregno. Quest’arme poi faceva [p. 104 modifica]spicco sopra ogni canto di strada con strabocchevole profusione di fronzoli e di dorature da parere una frenesia. I grandi andandosene in volta imbacuccati nei mantelli di gala con cappe ed armi sotto di essi, e con dietro un codazzo di faziosi armati di tutto punto, si facevano tra loro le più smaccate congratulazioni del mondo. Poche voci di gente pagata gridavano tra il popolo, evviva i Medici! e si davano gran moto per eccitare la pubblica gioia. Ma il popolo girandolava con indifferenza, guardava qua e là con sospetto, e in nessun luogo era grande e smaniosa la calca.

Verso sera il cielo s’era rannuvolato, sicchè i lumi facevano più spicco, ed era bello tanto splendore di faci a contrasto colle tenebre della notte. Ma all’improvviso venne un turbine di vento sì impetuoso, che spense in un attimo tutti i lumi, scompigliò dovunque l’apparato, rovesciò archi e trofei, divelse viticci festoni armi e ghirlande, e facendo qua e là mulinello, portava per l’aria e slanciava lontano tutte quelle boriose appiccicature. La gente sbigottita fuggiva, senza saper dove, tanto era l’impeto dell’oragano, l’ostacolo delle tenebre, il rischio d’andarne a capo rotto per le calie che venivano giù a precipizio, o per quelle che facevano inciampo tra’ piedi; e urtando, stramazzando, imprecando alle feste, poveri e ricchi, d’un partito e d’un altro, gridavano scatenato l’inferno, e ne ricavavano cattivo augurio per l’avvenire. Poi cominciò la pioggia a dirotto, e lampi e tuoni da sbalordire. Le strade [p. 105 modifica]furono subitamente allagate, e i rigagnoli a guisa di torrenti portaron via nelle fogne tutto quanto il turbine aveva buttato giù dalle pareti e dagli archi; laonde, intasati i condotti, la città fu inondata, e l’acqua penetrando nelle cantine, nelle botteghe e nei terreni delle case, danneggiò masserizie, vettovaglie e mercatanzie. Chi aveva gente fuori stava in pensiero di più gravi disgrazie. Anche Michelangiolo, più per caso che per volontà, si trovò in mezzo al trambusto. Figuratevi la paura dei suoi figliuoli! E’ s’erano raccolti nella sua camera, e inginocchiati a un’immagine della Madonna, stavano lì come pecorelle smarrite col viso pallido, a raccomandarsi, a tremare. Tuttavia si studiavano di confortarsi a vicenda; ed ogni momento correvano alle scale per vedere se il padre arrivasse. Intanto si posero anche a preparare il bisognevole, perchè tornato avesse di che mutare le vesti, rasciugare e riscaldar la persona. Finalmente calmatasi la procella, tornò sano e salvo; ed allora tutti festosi gli saltarono al collo, gli si posero attorno per aiutarlo a spogliarsi; ed egli soddisfatto di quelle cure filiali, volle che andassero quetamente a dormire. Ma l’Anna si trattenne un po’ più per rimettere in ordine la biancheria.

Note

  1. Giovanni dei Medici, nato nel 1475 e fatto pontefice col nome di Leone X nel 1513, arricchì sommamente la famiglia.
  2. Varchi Lib. I.