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112 racconto undecimo

sorriso. «Ecco il babbo che viene da sè a darti le buone nuove!...» Michelangiolo entrava a braccia aperte; Francesco s’alzò a sedere sul letto, e indovinata la cosa, non potè fare altro che abbracciare ora il padre, ora la sorella, piangendo dalla consolazione. «Sì, l’ho perdonato, diceva Michelangiolo; se hai disobbedito per questa ragione, ti ho perdonato... e ti darò licenza di studiare la pittura. Hai capito? non rispondi? Francesco!» Il fanciullo di temperamento molto sensibile, era quasi in deliquio, e pigliandogli il capo con ambe le mani, lo vide pallido oltre l’usato; si accorse che si sforzava a parlare, ma non poteva. L’Anna a vederlo in quel modo balzò subito con un grido all’altra parte del letto, e ambedue reggendolo a poco a poco lo riposero a giacere. Il sudore gl’inondava la fronte, e guardava con occhi smarriti. Ma fu un momento; appena steso nel letto, potè parlare, come se gli si fosse sciolto ad un tratto il nodo che gli serrava la gola; e rialzatosi da sè stesso, diceva: «Tanta consolazione era troppa... così subito, inaspettata... Oh babbo, quanta bontà! Ma è proprio vero? E tu, sorella mia... Ah! quanto vi ringrazio!» E ritornava agli amplessi, e a dare sfogo con le lacrime alla sua gioia. «Or bene, disse Michelangiolo, basta così... Goditi la libertà di studiare il disegno; che Dio benedica le tue speranze, e dormi in pace... Da qui innanzi, la notte... Sì... hai capito, via... Andiamo a riposare anche noi. Addio!» E con un altro bacio lo lasciò. L’Anna, strettagli forte forte la mano, ri-