Rosmunda (Alfieri, 1946)/Atto quinto
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ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Rosmunda, Almachilde, Soldati.
Almac. Ma torneronne...
Rosm. Ed io
te quí dal campo vincitore aspetto:
quí tua preda ti serbo.
Almac. Or non è tempo,
ch’io a te risponda. Ad Ildovaldo pria
mostrarmi voglio.
Rosm. Va, corri, combatti:
le sue catene io stessa infransi. — Or dianzi
con lui venirne a singolar tenzone
volevi tu: ma, s’ei di ceppi carche
avea le man, come pugnava? — Sciolto
ei giá ti attende; a trionfarne corri.
Almac. L’arti tue vili, e il ribellato campo,
e il mio rival, tutto egualmente io sprezzo.
Al fin pur dato una fíata mi hai
cagion palese, onde a buon dritto io possa
nemico esserti aperto: or da’ tuoi lacci
sciolto appieno m’hai tu.
Rosm. Va, vinci, riedi;
e poi minaccia.
Almac. Io vincerò; mi affida
il ciel: s’io caggio, a te punir chi resta?
SCENA SECONDA
Rosmunda.
d’Ildovaldo guerriero. — Empio, a svenarti,
duolmi che man troppo onorata io scelsi. —
Ma che? compiuta è la vendetta forse?...
Dubbie ognora son l’armi: ancor che ai prodi
caro Ildovaldo sia, malvagj manca,
che avversi a lui, per lor private mire
terran dal re?... Molti ha dintorno in armi
l’iniquo; e forza, e ardire in lui si accresce
dall’infame suo amore... Oh ciel! se mai
gli arridesse fortuna, ai rei pur sempre
propizia?... Ah! non s’indugj... Or nuocer troppo
mi potria la fidanza. — Olá; si tragga
tosto Romilda a me. — Né sol d’un passo
fia ch’ella omai da me si scosti. Oh pegno
raro di pace! oh di discordia in vero
strana cagion, costei! Regal mercede
al vincitor costei? — S’ella è mercede
regal, quí venga; il darla, a me si aspetta.
SCENA TERZA
Rosmunda, Romilda.
vieni; al mio fianco ti starai secura,
fin che per te nel campo si combatte.
Vieni, t’accosta... Tremi?
Romil. Oh ciel!... Che fia?
D’orride grida la cittade intorno
risuonar s’ode, e ver la reggia trarre...
Ma, oimè! di qual novella ira ti veggo
Nulla sperar di lieto omai mi lice...
Sol, che sciolto Ildovaldo... Ah! pur ch’ei viva!...
Deh! prego, trammi or di tal dubbio.
Rosm. Trarti
di dubbio, or mentre in feral dubbio io vivo?
Cosí pur tutta viver tu potessi
misera, afflitta, orribil la tua vita,
come a me fai tragger quest’ore! All’armi
per te si corre: impareggiabil merto!
Novella Elena tu! rivi di sangue
scorrer oggi farai: per te spergiuri
fansi i mariti; per te prodi i vili,
e superbi i dimessi. — O tu, de’ forti
donna, quí vieni; a me dappresso or siedi
regina tu; vieni; or si pugna in campo
per darti regno,... o morte.
Romil. E che? derisa
anco mi vuoi? di farmi oltraggi tanti
sazia non sei?
Rosm. Che parli? Io quí derisa,
io sola il son: del mio furor, del giusto
odio, ch’io nutro incontro a te, dell’alta
rabbia gelosa mia, tu il dolce frutto
presso a coglierne stai: te appien felice
io stessa fo; te fra le braccia io pongo
di lungamente sospirato amante. —
Vedi or quanto sien lieve inutil sfogo,
in tal tempesta del mio core, i detti.
Me, me deridi, che tu n’hai ben donde. —
Rotti ho giá i ceppi d’Ildovaldo: armata
giá gli ho del brando la invincibil destra:
or compie ei giá le mie vendette; e a un tempo...
le tue, pur troppo!
Romil. Or, deh, quel braccio invitto
trionfi almeno! Del primier tuo fallo
potevi omai. Di speme or sí che un raggio
a me balena, or che Ildovaldo sciolto
sta in armi in campo. Ah! men turbata vita
t’accordi il cielo...
Rosm. A orribil vita io resto,
qual sia l’evento. Del dolor mio godi;
giá mi allegrai del tuo: godi, finch’io
non tel vieto... Ma forse... Al ciel quai voti
porgo?... Nol so... So, che finor son tutti
di sangue i voti miei; né sangue io veggo,
che ad appagarmi basti... Altri fia lieto,
dov’io misera sono? — Or or vedrassi...
Ma, chi s’appressa?
Romil. Un lieve stuolo in armi...
Ildovaldo gli è duce. Oh gioja...
SCENA QUARTA
Romilda, Ildovaldo, Rosmunda, Seguaci d’Ildovaldo.
di’; vincesti? son tua?
Rosm. Ciò ch’io t’imposi,
compiuto hai tu? quel traditore hai spento?
Ildov. Io? non è cosa ei dal mio brando. Invano
pugna in campo Almachilde: altri miei fidi
han di vincerlo incarco; e a ciò fien troppi.
Non a guerriera spada, a infame scure
è dovuto il suo capo. — A te, Romilda,
io sol pensai; sacro a te prima ho il brando.
Vieni; di queste abbominate soglie
ch’io pria ti tragga. Aprir sapremti strada
miei forti, ed io. Vien meco, or sei ben mia.
Rosm. T’arresta: ancor ben tua non è: t’arresta:
dartela debbo, io, di mia man. — Romilda,
non muoverai tu passo. — E tu, codardo,
quand’io ti sciolgo da’ tuoi lacci, e darti
io pur prometto quanto al mondo brami,
tu, vil, servire al mio furor tu nieghi?
Non che svenare il tuo rival, lo sfuggi?
Quí per mercé non meritata vieni,
lui vivo, tu?
Romil. Deh! di sue mani or trammi
tosto, Ildovaldo.
Ildov. Andiam. Cessa, o Rosmunda;
lasciala; è vano: al suo partire inciampo
tu bastante non sei: lasciala. Assai
ha nemici Almachilde; altri lordarsi
non niegherá nel vil suo sangue, e tosto.
Non ti smarrir, Rosmunda.
Rosm. E che? tu pensi
schernirmi? tu?
Romil. Lasciami...
Ildov. Cessa, o ch’io...
Rosm. Io lasciarti? no, mai. — Ma giá risorte
odo le grida,... e piú feroci, e presso;...
oh gioja! oh, fosse il tuo sperar deluso!
Romil. Ahi lassa me!...
Ildov. Chi viene in armi?
Rosm. Oh gioja!
ecco Almachilde; e vincitor lo scorgo:
e puniratti, spero.
SCENA QUINTA
Almachilde, Ildovaldo, Rosmunda, Romilda,
Soldati, e seguaci d’Ildovaldo.
di me tu forse? eccomi...
Almac. A freno i brandi,
Dal piú ferir si resti.
Ildov. Ancor ti avanza
da uccider me: ma pria...
Rosm. Svenalo.
Almac. M’odi,
forte Ildovaldo, pria; Romilda, m’odi. —
Voi, soldati, arretratevi; l’impongo.
A un tempo quí, quant’io cercava, incontro. —
Ildovaldo, tu il vedi, invan difesa
or contra me faresti: a ognun de’ tuoi
oppor de’ miei poss’io ben cento. Hai salva
oggi tu a me la vita; oggi la vita
io dono a te: nulla piú omai ti deggio. —
Del tuo destin, Romilda, arbitra voglio
te stessa; e di noi donna, e di costei.
S’io ingannarti pensassi, omai tu il vedi.
Rosm. Donna di me costei? di me? Nel petto
io questo stil giá giá le immergo...
Ildov. Ah! ferma...
Almac. T’arresta, deh!...
Rosm. Nullo appressarsi ardisca,
o il ferro io vibro.
Romil. E vibralo: morrommi
cosí almen d’Ildovaldo...
Rosm. Or, qual di noi
è donna quí?
Almac. Tu il sei... Deh!... cessa...
Ildov. Oh rabbia
Romilda... Oh cielo! e non ti posso io trarre?...
Rosm. Re sol di nome tu, depon quel brando. —
Almac. Eccomi inerme...
Rosm. Or tuoi soldati tutti
fuor della reggia manda.
Almac. Ite, sgombrate,
affrettatevi, tutti...
con un delitto d’acquistar l’amata,
freddo amator, tosto il tuo stuol disperdi.
Ildov. Ecco, spariro...
Rosm. Or ben cosí. — Ragauso
tosto or quí rieda, e le mie guardie in armi...
Almac. Venga, deh! tosto...
Rosm. Ecco Ragauso. — Io sono,
io son quí dunque ancor regina?
Almac. Il sei
tu sola. Deh!...
Ildov. Di qual di noi vuoi pria
vendetta prendi... Ma Romilda... oh cielo!...
Vuoi tu ch’io pera? ecco al mio petto il ferro
rivolgo io giá...
Rosm. Del sangue vostro omai
l’ira mia non s’appaga. Allor dovevi
ferir tu, quando a te l’imposi: e noto
t’era qual sangue io ti chiedessi. In tempo
mi pento ancor, d’aver vendetta tanta
fidata in te, codardo; — e in te, spergiuro,
d’aver creduto io mai. — Ma, intera tengo
fra mie man la vendetta: or sí, che intera
nomarla ardisco. — O tu, che in te raguni
gli odj miei tutti, or chi sbramarli a un tratto
meglio di te può tutti? Al furor mio
tu basti, quasi. Ahi stolta! e darti io stessa
volli all’amante ríamato? a vita
te riserbar, che dai morti a me mille?
Ildov. Deh! per pietá!...
Rosm. Trema.
Romil. Ildovaldo!...
Almac. Morte
spiran suoi sguardi!... A me quel ferro...
Rosm. A lei
pria il ferro, in lei. Muori.
Rosm. Guardie, entrambi si accerchino.
Romil. Ildovaldo...
moro... almen... tua...
Ildov. Seguirti...
Almac. Vendicarti...
Ildov. Sopravviver non posso2. O tu, che resti,...
fanne vendetta...
Almac. Io vendicarla giuro.
Rosm. Ho il ferro ancor; trema: or principia appena
la vendetta, che compiere in te giuro.