Rivista di Scienza - Vol. II/Grenzfragen der Mathematik und Philosophie
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Questo articolo dei «Beilage» è il riassunto di una discussione svoltasi in due sedute della Società Filosofica di Vienna su questioni che sono al limite fra matematica e filosofia. Il grande sviluppo del pensiero scientifico verificatosi negli ultimi tempi in tutti i rami del sapere ha portato a concezioni che non sono più in perfetta armonia colle idee, colle definizioni e cogli assiomi che stavano a base di ogni singola scienza; di qui il bisogno di sottoporre a nuova critica i concetti fondamentali, di analizzarne il contenuto e gli enunciati per correggerne le mancanze e le improprietà e renderli atti ad accompagnare il pensiero fino alle ultime conclusioni. Questa tendenza, comune attualmente a tutte le scienze, si manifesta per la matematica in una doppia corrente, che è diretta da un lato a stabilire la scienza matematica sopra più solide basi e spinge dall’altro ad un uso più frequente della intuizione, ad un più continuo contatto colla realtà. Molte delle questioni che sorgono da questo movimento sono d’interesse comune alla matematica, alle scienze naturali ed alla filosofia, per modo che molto opportunamente fu decisa dalla Società Filosofica di Vienna una discussione su alcuna delle dette questioni con invito a F. Klein di avviarla; e dell’interessante dibattito, riassunto nell’articolo dei «Beilage», offriamo qui una breve relazione.
La prima parte dell’articolo riporta il breve discorso con cui F. Klein ha iniziato la discussione, e le considerazioni svolte dopo da L. Boltzmann (seduta del 14 ottobre 1905). Richiamandosi a idee già sostenute molto tempo prima, Klein afferma che, come inesatte sono le immagini spaziali offerteci dai nostri sensi, per quanto armati dei migliori strumenti, così inesatte sono anche le idee astratte che noi abbiamo di spazio e che formano la base dell* edificio matematico. Tale inesattezza si è rivelata già da molto tempo nell’idea di curva, essendo impossibile l’intuizione spaziale del corso di curve rappresentate da funzioni continue senza derivata (per es. funzioni di Weierstrass); ma essa si manifesta anche in esempii più semplici della teoria delle funzioni e del calcolo infinitesimale, essendo inaccessibili ad una esatta intuizione spaziale anche le particolarità di curve rappresentate da funzioni intere (aggregati di punti della teoria degli insiemi). Non gli sembra attendibile l’opinione che lo spirito umano abbia la facoltà di rappresentarsi esattamente solo le curve analitiche, mentre le non analitiche trascendano a questa facoltà d’intuizione. Attribuisce invece la diversità all’inesattezza delle nostre idee di spazio, ritenendo che l’immagine in noi risvegliata dalla parola curve sia piuttosto quella di striscie (Streifen) di larghezza piccolissima ma non nulla, le quali hanno proprietà visibili, parallele in certo modo alle proprietà matematiche delle sole curve analitiche. Eitiene utile uno scambio d’idee su questo problema di capitale importanza per le applicazioni della matematica alle scienze naturali. Passando poi a rilevare l’influenza che la considerazione dell’inesattezza delle nostre idee di spazio può avere sul modo d’intendere e formulare gli assiomi e le definizioni in geometria, esamina l’assioma della geometria euclidea che, in base all’idea ordinaria di spazio, afferma la coincidenza delle due parallele per un punto ad una retta (le due posizioni limiti di una secante); e nota che, avendo riguardo all’inesattezza delle nostre percezioni spaziali, soddisferebbe ai nostri sensi anche l’ipotesi di un angolo piccolissimo fra le due parallele, ipotesi tanto meno confutabile pensando il punto alla distanza di Sirio della retta; così la geometria non euclidea, esente da contraddizioni logiche, non è in contrasto nemmeno colla nostra intuizione spaziale; e, solo perchè l’affermazione euclidea è la più semplice possibile, essa è preferita in pratica alla non euclidea, in base al principio detto da Mach economico. Esamina poi la definizione euclidea di superfìcie: Superficie è ciò che ha solo lunghezza e larghezza — superficie è limite di un corpo. Osserva che, ad una minuta analisi e dal punto di vista delle scienze naturali, niente appare in natura che risponda alla definizione teorica di superficie; qual’è la superficie di una spugna? come si può parlare di piano tangente e di curvatura di una tale superficie come si suol fare nelle applicazioni geometriche del calcolo? L’idea teorica di superficie sembra piuttosto dovuta al fatto che l’occhio non avverte discontinuità finissimime; sorgono in prima da osservazioni inesatte le idee che formano poi la base delle nostre speculazioni matematiche.
L. Boltzmann fa osservare, a sostegno delle idee espresse da Klein, che ad ogni passo s’incontrano anche in fisica concetti non accessibili all’intuizione immediata; cita, come esempio, una curva inderivabile da lui trovata come rappresentante dell’effettivo comportamento di un gaz e ritiene che anche la la funzione che dà il corso della temperatura in un punto sia della stessa specie. Contro la teoria di Kant, dice che non esiste dimostrazione basata sulla sola intuizione, come non esiste intuizione pura, cioè all’infuori o prima di ogni esperienza; le nostre immagini sono limilate ad una riproduzione di ciò che abbiamo veduto; se manca l’osservazione diretta, manca anche l’immagine o intuizione corrispondente; solo a poco a poco e dopo lunga riflessione possiamo allargare il campo della nostra intuizione, per modo che forse le generazioni future disporranno d’immagini migliori delle nostre.
La seconda parte dell’articolo contiene il seguito della discussione (seduta del 19 gennaio 1906) riassunto in nove tesi, illustrate da A. Höfler; esse sono ripartite iu due gruppi, dei quali il primo comprende le prime quattro tesi e porta il titolo Geometrische Nicht-Anschauung. Le prime due tesi affermano che non solo, per gli esempi addotti da Klein, Boltzmann ed altri, vi sono idee geometriche non intuibili, ma che nessuna dimostrazione geometrica può basarsi sull’intuizione, nessuna verità geometrica può rendersi evidente dall’esame della figura. Le altre due tesi affermano che dall’analisi dei concetti fondamentali della geometria si riscontra come elemento (psichico) costitutivo il concetto della negazione (des Nicht): il punto è un luogo non esteso; la retta è la non curva; eguale è il non diverso. Il secondo gruppo, comprendente le altre cinque tesi, porta il titolo Gestaltanschauung. Pur negando l’ipotesi (di Kant) di un’intuizione pura o di un intuizione come pretendente a evidenza, è certo che esiste l’intuizione geometrica, come una particolare facoltà psichica atta a percepire le qualità di forma; l’intuizione della forma, p. es. di un quadrato, è ciò che si aggiunge alla percezione dei singoli punti del suo contorno, come la melodia è qualche cosa che si aggiunge alla percezione dei singoli suoni. Il valore che noi attribuiamo all intuizione delle forme, dal punto di vista della didattica (per ogni insegnamento intuitivo) e della estetica (per ogni composizione artistica), si spiega colla dipendenza psicologica delle idee no intuitive da quelle intuitive; la mente dei geometri non avrebbe mai avuto occasione di formarsi i concetti elementari di distanza e direzione, se non avesse osservato distanze costanti nella forma del cerchio, variabili in quella dell’ellisse, direzioni costanti nelle linee rette, variabili nelle curve. Ma l’intuizione su cui si fonda il pensiero in geometria non è per niente più pura dell’intuizione che abbiamo in fisica p. es. di corpi perfettamente elastici o semielastici o anelastici. E come il passaggio dalla fisica sperimentale alla teoretica non è che un investigare (unterfahren) gli oggetti fisici dati con concetti e ipotesi appositamente creati, così possiamo risolvere l’antinomia fra geometria intuitiva e non intuitiva dicendo che dall’una si passa all’altra investigando le nostre intuizioni spaziali mediante i concetti di punto, distanza, direzione, eguaglianza, ecc., coi quali si compongono le definizioni geometriche.
Fra le questioni di particolare interesse pei matematici e gli psicologi, di cui Höfler dà solo un cenno, notiamo l’analisi degli elementi ultimi della forma e la riduzione, secondo Höfler, di tutti i concetti geometrici ai concetti di punto, distanza, direzione, a differenza della riduzione, secondo Hilbert, ai concetti ultimi di retta e piano.
- Napoli, 29 Agosto 1907.