Rime varie (Alfieri, 1912)/XXIII. È geloso, e perché

XXIII. È geloso, e perché

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XXIII. È geloso, e perché
XXII. L'annoia lo sdottorare de' forestieri che càpitano in Italia XXIV. Altri tempi, altri uomini

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XXIII [xli].1

È geloso, e perché.

Se al fuoco immenso ond’io tutt’ardo, il gelo
Vedi or frammisto di gelosa tema,
Donna, che ’l fa? solo il sentir la estrema
4Possa che in duo negri occhi accolto ha il cielo;2
E il veder vano di modestia il velo
Contra l’ardente forza lor suprema.
Dunque, non è, ch’entro il tuo core io tema
8Che Amor penétri con novello telo.3
Ah! se in me pur sorgesse il rio sospetto,
Basterebbe un tuo candido sorriso4
11A far che mai non mi tornasse in petto:
Ben mi dolgo del troppo amabil viso,
Che in forti lacci ognun che il mira ha stretto.
14Martír sí dolce,5 io nol vorría diviso.


Note

  1. Questo sonetto fu composto il 19 giugno 1779.
  2. 1-4. Non sono geloso perché io tema che tu mi sia infedele, ma perché veggo qual terribile forza tu eserciti sopra tutti; verissimo: a Roma l’Albany era chiamata la regina dei cuori.
  3. 8. Telo, dardo.
  4. 10. Un sorriso, indice del tuo candore.
  5. 14. Martir sí dolce, antitesi forse ispirata da quella di Dante (Purg. XXIII, 85 segg.):
    Sí tosto m’ha condotto
    A ber lo dolce assenzio de’ martíri
    La Nella mia col suo pianger dirotto.