Rime varie (Alfieri, 1912)/CXVII. Ancóra mestizia

CXVII. Ancóra mestizia

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CXVII. Ancóra mestizia
CXVI. Mestizia per la lontananza della sua donna e per la propria malattia CXVIII. Nella imminenza della morte di Federico II di Prussia

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CXVII.1

Ancòra mestizia.

Gran pittrice è Natura. Oh amabil vaga
Armonia di color sí varj e vivi,
Che il cor, la vista, e lo intelletto appaga!
4 Qual fia pennel, che a tua bellezza arrivi?2
Qui il pratello, che pare opra di maga,
Ride fra due fuggenti argentei rivi:
Piú là, rosseggia l’odorosa fraga,3
8 Fra i bei lauri non mai di fronda privi:
Piú su, di querce si corona il monte;
E un bizzarro alternar di Sole e d’ombra,
11 Or fa negra, ora indora a lui la fronte.
Là, quanto trar può l’occhio, il piano ingombra4
Verde speme di messi a ingiallir pronte...5
14 Ma nulla il duol dall’alma mia disgombra.


Note

  1. Nel ms: «27-28 aprile nel monte sotto Tservein». Tutto il sonetto ricorda quello del Petrarca (Rime, CCCXII) Né per sereno ciel ir vaghe stelle.
  2. 4. Dante (Purg., XII, 64):
    Qual di pennel fu maestro o di stile
    Che ritraesse l’ombre e i tratti?..
  3. 7. Fraga, fragola.
  4. 12. Dante (Purg., X, 25):
    E quanto l’occhio mio potea trar l’ale...
  5. 13. Bella trasposizione di aggettivo dal concreto all’astratto, di cui forse ebbe memoria il Carducci nel celebre verso del sonetto Il bove:
    Il divino del pian silenzio verde.