Rime varie (Alfieri, 1912)/CLXXI. Ad un improvvisatore
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Vittorio Alfieri - Rime varie (1776-1799)
CLXXI. Ad un improvvisatore
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CLXXI.1
Ad un improvvisatore.
«Quanto divina sia la lingua nostra»2
Ch’estemporanei metri e rime accozza3
Ben ampiamente ai barbari il dimostra
4 Piú d’una Etrusca improvvisante strozza.
Nasce appena il pensiero, e già s’innostra4
Di poetico stil: né mai vien mozza
La voce, o dubitevole si prostra,5
8 Né mai l’uscente rima ella ringozza.6
Note
- ↑ Qui, mi pare che l’A. esprima veramente tutto il suo pensiero intorno a quell’arte istrionica, oggi, per fortuna, estinta, o quasi, dell’improvvisare; il poeta estemporaneo, suscitatore dell’ira alfieriana, è, come si rileva dal ms., Francesco Gianni, nato a Roma verso il 1760, bustaio dapprima, poi, per aver letto l’Ariosto, invaghitosi della poesia e cantore delle gesta di Napoleone, che gli volle bene e lo chiamò a Parigi, dove morí nel 1822. Anche il Gianni fu, come Amarillide Etrusca, famosissimo ai suoi dí e oggi, direbbe Dante, appena sen pispiglia.
Questo sonetto fu composto il 5 gennaio 1795.
- ↑ 1. Alterazione del noto verso di Dante (Purg., VII, 17):
Mostrò ciò che potea la lingua nostra. - ↑ 2. Accozza, mette insieme alla meglio o alla peggio.
- ↑ 5. S’innostra, si veste, si adorna; e già lo trovammo altrove.
- ↑ 7. La voce non esita mai, nel dubbio che la parola non risponda adeguatamente al pensiero.
- ↑ 8. Ringozza, rimangia, ricaccia nella gola.
- ↑ 10. Perigliosa, come quella di un funambulo, che può da un momento all’altro cadere.
- ↑ 11. Tempre, maniere.
- ↑ 13-14. Intendasi: è naturale che sentano invidia di quest’arte iridescente quei cervelli leggieri, incapaci di comprendere l’arte di chi scrive pensatamente e ponderatamente. — Noi, noi, veri poeti.
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