Rime varie (Alfieri, 1912)/CLXVII. Vorrebbe cessar dallo scrivere e non può

CLXVII. Vorrebbe cessar dallo scrivere e non può

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CLXVII. Vorrebbe cessar dallo scrivere e non può
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CLXVII.1

Vorrebbe cessar dallo scrivere e non può.

Sagacemente, e con lepor,2 dicea
D’Aristarco3 il severo acuto senno:
«Carmi non fo, perch’io de’ sommi ho idea;4
4 «E quei ch’io far potrei, far non si denno».
Io, tutto dí, men verecondo impenno5
Rime, (non carmi) che importuna crea
Non so qual Possa6 in me, con fiero cenno
8 Costringendomi a far sua voglia rea.
Mio picciol senno, anch’ei, le sgrida: Taci,
Sfacciata. Scrivi; (ella m’impone in suono
11 Ben altro) scrivi, e a me primiera piaci.
D’ardenti affetti a te Ministra io sono,
Di furor sacro, e d’alti sensi audaci;
14 Senza cui la tua lima è steril dono.


Note

  1. Nel ms: «19 dicembre, sui colli da S. Fridiano. Sentenza di Aristarco:
    Carmi, quei ch’io potrei, non vo far io,
    Quei ch’i’ vorria non posso».
    Può darsi che, citando a memoria, l’A. attribuisse ad Aristarco un pensiero che non gli appartiene? Io non ne ho trovato vestigio in alcun luogo, né so immaginare onde l’A. possa aver ricavato l’arguto pensiero.
  2. 1. Sagacemente, con acutezza, con lepor, con grazia.
  3. 2. Aristarco nacque in Samotracia circa il 222 a. C., tenne lo scettro della critica e fondò una scuola che continuò a fiorire anche dopo la sua morte.
  4. 3. «Perché sento come dovrebber essere i perfetti...».
  5. 5. Men verecondo, di Aristarco. — Impenno, scrivo: alla lettera, munisco di penne; con analoga immagine, il Parini nell’Educazione:
    Scendete, o versi miei,
    Sopra l’ali sonore
    Del giovinetto al core.
  6. 7. Possa, forza segreta. Nel suo complesso questo sonetto può utilmente confrontarsi con l’altro:
    Tosto ch’io giunga in solitaria riva.