Rime varie (Alfieri, 1912)/CLXVII. Vorrebbe cessar dallo scrivere e non può
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Vittorio Alfieri - Rime varie (1776-1799)
CLXVII. Vorrebbe cessar dallo scrivere e non può
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CLXVII.1
Vorrebbe cessar dallo scrivere e non può.
Sagacemente, e con lepor,2 dicea
D’Aristarco3 il severo acuto senno:
«Carmi non fo, perch’io de’ sommi ho idea;4
4 «E quei ch’io far potrei, far non si denno».
Io, tutto dí, men verecondo impenno5
Rime, (non carmi) che importuna crea
Non so qual Possa6 in me, con fiero cenno
8 Costringendomi a far sua voglia rea.
Mio picciol senno, anch’ei, le sgrida: Taci,
Sfacciata. Scrivi; (ella m’impone in suono
11 Ben altro) scrivi, e a me primiera piaci.
D’ardenti affetti a te Ministra io sono,
Di furor sacro, e d’alti sensi audaci;
14 Senza cui la tua lima è steril dono.
Note
- ↑ Nel ms: «19 dicembre, sui colli da S. Fridiano. Sentenza di Aristarco:
- Carmi, quei ch’io potrei, non vo far io,
- Quei ch’i’ vorria non posso».
- ↑ 1. Sagacemente, con acutezza, con lepor, con grazia.
- ↑ 2. Aristarco nacque in Samotracia circa il 222 a. C., tenne lo scettro della critica e fondò una scuola che continuò a fiorire anche dopo la sua morte.
- ↑ 3. «Perché sento come dovrebber essere i perfetti...».
- ↑ 5. Men verecondo, di Aristarco. — Impenno, scrivo: alla lettera, munisco di penne; con analoga immagine, il Parini nell’Educazione:
Scendete, o versi miei,
Sopra l’ali sonore
Del giovinetto al core. - ↑ 7. Possa, forza segreta. Nel suo complesso questo sonetto può utilmente confrontarsi con l’altro:
Tosto ch’io giunga in solitaria riva.